Conclusioni
Ho condotto le mie ricerche soprattutto al CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), che ha sede in Via Eupili al numero 8. Si tratta di una villetta a tre piani e accanto ad essa ne sorge un’altra uguale. Adesso al numero 6 stanno facendo dei lavori di ristrutturazione per ricavarne un pensionato. Queste due case molti anni fa sono state, però, sede della scuola ebraica della Comunità di Milano.
Come ho già avuto modo di scrivere, a vederle non sembra possibile che abbiano potuto ospitare anche cinquecento alunni, e che il loro ruolo d’istituto lo abbiano mantenuto degnamente per trent’anni, finché non è stato proprio necessario abbandonarle per trasferirsi in una luogo più grande.
Passandoci davanti rivedo il giardino dove si facevano le feste, il parcheggio dell’autobus e ragazzi di ogni età affrettarsi per entrare in classe. Anch’io mi sono affezionata a questo luogo, sede storica della scuola! Leggere della sua nascita mi ha emozionato e commosso: le leggi razziali impedivano agli ebrei di continuare a lavorare e studiare nelle scuole pubbliche, ma uomini decisi e che avevano a cuore le sorti dei giovani della comunità, non si sono dati per vinti e nel giro di pochi mesi hanno realizzato un progetto e un sogno che dura ancora oggi. Questi uomini si chiamano Federico Jarach, allora presidente della Comunità, Yoseph Colombo, Eugenio Levi e molti altri.
Negli anni successivi si sono aggiunti altri nomi importanti, come Alda Perugia e il Preside David Schaumann. Devo ringraziare sua moglie Anita Schaumann, che mi ha aiutato molto e mi ha fatto “visitare” lo studio di suo marito, pieno di libri e di riconoscimenti.
Sono persone che ho conosciuto attraverso i libri, i loro stessi articoli e le testimonianza di chi li ha personalmente conosciuti. Ho capito che sono stati personaggi importantissimi per la scuola e per la Comunità, modelli cui gli alunni potevano ispirarsi.
Recentemente ho incontrato Paola Sereni, già vicepreside con Schaumann e preside fino al 1996. Una vita per la scuola e per l’insegnamento. Anche lei è un personaggio, una parte importante della scuola. Non è facile trovare un buon insegnante che sia anche sensibile e attento ai suoi alunni, che vada al di là del programma e del libro, per insegnare anche cos’è la vita, che abbia realmente a cuore il bene dei suoi studenti, che sia in grado di rapportarsi con loro. Da quello che ho potuto “sentire” parlando con lei e dai racconti dei suoi alunni, che la ricordano anche dopo anni dalla fine della scuola, la Professoressa Sereni è così.
Tutto questo mi ha portato a pensare che la scuola ebraica non sia una scuola normale, come tutte le altre, ma non certo perché è la scuola di una minoranza. La diversità è dovuta all’umanità che si respira, alla collaborazione di insegnanti che sono diventati dei veri e propri personaggi.
Ho imparato cosa significa la scuola per questa comunità e il perché dei tanti sforzi, prima di tutto economici, per mantenerla, anche quando, come negli ultimi anni, il deficit è diventato sempre più gravoso e non è stato compensato da un adeguato numero di iscritti. La scuola ebraica assume significati e valori diversi da un’altra comune scuola pubblica o privata cattolica e non soltanto perché è l’incontro e il mescolamento di due culture, quella ebraica e quella italiana. In essa è riposta l’identità di ciascun ebreo e rappresenta fonte e speranza per il mantenimento della Comunità stessa. Il ruolo degli insegnanti è importantissimo perché più che in qualsiasi altra scuola, qui non si limitano a istruire, a dare i ragazzi una serie di informazioni, di conoscenze, ma anche a fornire loro un modello di comportamento e ad essere un esempio.
E’ proprio alla luce di quanto detto che appaiono ancora più gravi e necessari di una soluzione i problemi, di cui ho riferito nei capitoli precedenti, delle scuole ebraiche italiane. La scuola di Milano e in generale tutte le scuole italiane, infatti, devono affrontare in questi ultimi decenni un problema molto difficile, che ne mette a rischio l’esistenza e il mantenimento: la diminuzione degli iscritti.
A questo proposito possiamo prendere in considerazione la vita e la crescita delle scuole ebraiche italiane dall’inizio del secolo ad oggi, grazie ad una serie di tabelle riportate nelle pagine seguenti.
La tabella uno mostra la situazione nel 1911: molte erano le comunità sedi di istituzioni scolastiche (circa una quarantina) e diciannove offrivano in tutto o in parte un insegnamento completo (ebraico e civile). Di queste solo due comprendevano tutto l’insegnamento elementare delle sei classi. La scuola secondaria era presente solo a Livorno e a Torino.1
A Milano c’era un asilo con sede in Via Disciplini e una scuola elementare formata solamente delle prime tre classi. In tutto erano una quarantina di bambini, tra i quattro e gli otto anni.
La Comunità di Roma appariva, nel 1911, sprovvista di scuole, mentre ha sviluppato nel corso degli ultimi cinquant’anni un sistema scolastico completo.
Il dato più importante ed immediatamente evidente riguarda le trasformazioni strutturali del sistema scolastico ebraico dal punto di vista della distribuzione geografica, che attualmente mostra un processo di concentrazione degli istituti e della popolazione scolastica in poche sedi comunitarie.
Così, non si può fare a meno di evidenziare il declino, non solo numerico, delle comunità di Livorno e di Firenze, centri un tempo fiorenti e culturalmente importanti e che oggi sono notevolmente impoverite nella loro dimensione scolastica e di trasmissione culturale.
Oggi le comunità sedi di istituti scolastici sono diventate quattro: Torino, Milano, Trieste e Roma.
Se consideriamo come termine di confronto l’anno scolastico 1963-64 (tabella 5), possiamo notare che ben undici comunità avevano scuole. Di queste, sette possedevano oltre all’asilo anche un istituto d’istruzione elementare e tre (Milano, Roma, Torino) la scuola media. Milano, inoltre, aveva anche i corsi superiori.
Nell’anno 1992-93, come detto, le Comunità fornite di scuole erano quattro. Milano e Roma avevano tutti i corsi, dall’asilo alle superiori; Torino aveva asilo, elementari e medie; Trieste, asilo e elementari; infine Firenze solo asilo.
Il periodo di massima espansione è stato intorno alla metà degli anni Settanta, grazie ai numerosi immigrati dal Medioriente. Come si può ben notare, la popolazione scolastica totale non è mai stata così numerosa (né nel decennio precedente, tantomeno nel periodo successivo), raggiungendo la cifra di 2812 iscritti.
Pur rimanendo molto alta la cifra dei bambini all’asilo e delle scuole elementari, vera continua risorsa delle comunità, la cosa più importante era l’aumento di ragazzi alle medie e alle superiori perché solo quattro comunità avevano nella propria scuola le medie e solo due (Milano e Roma) avevano i corsi superiori.
Si è quindi mantenuta costante la prima formazione (asili ed elementari) e si è verificato uno sviluppo in verticale (scuole secondarie superiori), cui hanno contribuito le due sedi maggiori in entrambe le quali vi era una presenza completa dei cicli scolastici, dall’asilo alle superiori.
La tipologia dei gradi scolastici e quindi l’offerta formativa sono così aumentate, rendendo possibile una formazione ebraica più articolata ed approfondita nel tempo, almeno nelle due comunità principali, ma si è ristretta la distribuzione geografica a scapito delle piccole e medie comunità.
Come si può vedere dal 1963-64 al 1973-74, infatti, alcune comunità hanno chiuso le loro scuole: Padova, Pisa, Venezia e Verona che avevano solo l’asilo frequentato da pochissimi bambini.
Nel decennio successivo altre due scuole hanno chiuso: Genova e Livorno.
Nel periodo 1982-1992 la popolazione scolastica è diminuita nelle due comunità di Roma e Milano e non solo a causa del calo demografico, ma anche della dispersione residenziale (a Milano la scuola sorge in periferia, con grandi difficoltà di raggiungerla per chi non vive lì vicino; manca un servizio autobus), della selezione per reddito (gli alti costi della scuola), della tipologia degli indirizzi scolastici post-obbligo (non ci sono tutti i corsi superiori e molti ragazzi sono costretti ad andare in una scuola pubblica statale) e non ultimo delle scelte formative, secondo alcuni troppo connotate in senso religioso, secondo altri troppo poco.
Se esaminiamo i dati per grado di scuola, possiamo notare che gli asili spariscono o sono in situazione precaria in alcune comunità come Genova, Livorno, Padova e Pisa, Verona e Venezia. Se rispetto al 1963 e al 1973 gli asili sono in calo, bisogna ricordare che negli ultimi anni si assiste ad un certo aumento.
Nel decennio 1982-92, infatti, a livello percentuale i bambini sono aumentati del 6%2. Quest’aumento può essere interpretato come un risveglio della coscienza ebraica, ma anche come una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’educazione nei primi anni di vita.
Per quanto riguarda un’analisi della scuola primaria è chiaro l’effetto del calo demografico, che ha fortemente ridotto la popolazione iscritta. A Milano, per esempio, siamo passati dai 252 alunni del 1982-83 ai 202 del 1992-93, ai 199 del 1995-96.
E’ un dato preoccupante se si considera che la presenza almeno del corso elementare ha sempre rappresentato per la comunità una qualche garanzia di continuità, oltre che la possibilità di offerta di una base minima di alfabetizzazione culturale e religiosa e un’occasione di attrazione alla vita ebraica per le famiglie.
La diminuzione degli iscritti alle scuole medie inferiori, rispetto al 1973-74 è molto vistosa e supera il 50%. Scompare la scuola media di Firenze, che nel 1973-74 contava ventotto alunni e che è chiusa nel 1979; si riduce quella di Torino, da sessantasette a ventisette alunni e si dimezzano quelle di Milano e Roma, anche per lo stabilizzarsi delle ondate migratorie dall’estero che avevano determinato un notevole aumento di iscrizioni nel corso degli anni Settanta.
Nel caso di Milano si passa da 258 alunni del 1973-74 ai 124 del 1992-93, che sono diminuiti ancora nel 1996 (122).
Nell’arco di tempo degli ultimi vent’anni il calo demografico, che interessa la popolazione italiana nel suo insieme, e dunque anche le scuole medie statali, fa sentire i suoi effetti pure sulle scuole medie ebraiche, che in più soffrono della precarietà economica e dell’aumento dei costi.3
Anche nel passaggio dalle medie inferiori alle superiori gli abbandoni sono alti. A Milano le scuole superiori sono presenti dal 1938 e nel 1945 riaprirono dopo la chiusura forzata per la guerra nel 1943 ed ebbero subito sessantuno allievi (di cui 28 al liceo classico, 20 al liceo scientifico, 9 all’istituto tecnico, 2 alle magistrali e 2 al liceo artistico).
Gli iscritti aumentarono progressivamente nei decenni successivi e non solo nei corsi superiori, che furono comunque interessati da importanti cambiamenti. Nel 1965-66 fu aperto l’istituto tecnico perito aziendale, in cui confluirono l’istituto tecnico e la scuola aziendale.
Il totale degli iscritti superò i mille alunni nel 1970-71, fino a raggiungere la cifra record di 1038 nell’anno scolastico successivo, con 189 iscritti all’asilo, 410 alle elementari, 214 alle medie, 225 alle scuole superiori.
Il preside di allora era David Schaumann, che onorò e rese grande la scuola di Milano in tutta Europa. Tutte le persone da me intervistate hanno avuto una parola di stima e di affetto nel ricordarlo. Era un uomo di grandi capacità e di immensa umanità.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1975, inizia un lento declino della scuola per diversi motivi che ora analizzerò.
Qual è la situazione attuale delle scuole ebraiche?
Nel caso di Milano possiamo osservare che all’asilo e alle scuole elementari la quota totale di iscritti è rimasta pressoché stabile. Nell’asilo si è verificato un periodo di crisi nella metà degli anni Ottanta, che ha portato gli iscritti ad un minimo di ottanta nel 1986-87. Negli anni successivi, fortunatamente, i bambini hanno continuato a crescere fino al 1994-95, ma già l’anno successivo sono scesi drasticamente a settantacinque.
Ancora una volta il dato è preoccupante: la diminuzione di bambini all’asilo vuol dire mancanza di alunni anche nei corsi successivi.
I dati più allarmanti provengono dalle scuole medie e dai corsi superiori: nel decennio 1981-82/ 1991-92 alle medie c’è stato un calo di sessanta iscritti (183 a 124) e alle superiori di 50 (264 a 214). Nel 1995-96 si è passati a 122 per le medie e 184 per le superiori.
Queste cifre sono gravi soprattutto se si considera il fatto che le altre due scuole ebraiche di Milano non hanno tutti i corsi. La scuola di Via dei Gracchi ha solo la prima media e la scuola dei lubavitch non ha i corsi superiori (crea solo alcune classi di liceo classico su richiesta delle famiglie). In questo modo, gli alunni di queste due scuole confluiscono inevitabilmente nella scuola della Comunità almeno per le superiori.
Quali le cause di questa crisi?
Secondo le statistiche, all’anno 1992-93 i bambini/ragazzi dai diciotto mesi (età di ingresso nel nido-scuola materna) ai diciannove anni, età di uscita dalla scuola superiore, erano 4300/4500, su una popolazione iscritta alla Comunità di circa 32000 persone. Nello stesso anno, gli alunni, sempre dall’asilo alla maturità superiore, risultavano essere 1920.4 Se si guarda al periodo delle leggi razziali (1938-43), su una popolazione ebraica complessiva di circa 45000 persone, gli allievi delle scuole ebraiche erano 5500-6000, che alla fine degli anni Settanta risultavano 2700 su un totale di circa 34000 persone. Risulta evidente il calo della popolazione scolarizzata. Certamente l’abrogazione delle leggi razziali e la fine della guerra consentirono un ritorno alla “normalità” che si manifestò come un riavvicinamento alle scuole statali.
A questo bisogna aggiungere fattori demografici quali l’invecchiamento della popolazione, l’aumento dei matrimoni misti, lo stabilizzarsi dei flussi migratori dall’estero, il declino o addirittura la scomparsa di medie e piccole comunità, la dispersione residenziale all’interno delle grandi comunità di Milano e Roma, che rende difficile la frequenza alle scuole ebraiche.
Altri motivi si aggiungono. Per esempio il costo elevato della scuola. Nel caso di Milano, le rette sono sul livello delle migliori scuole private cattoliche e non tutte le famiglie possono pagare.
C’è, inoltre, una parte della Comunità che volontariamente non iscrive i propri figli alle scuole ebraiche perché pensa che queste rappresentino per i propri figli una scelta ghettizzante e perciò penalizzante.
C’è però anche il problema contrario e cioè una parte della comunità ritiene l’offerta formativa troppo laica e poco osservante, come dimostra proprio il caso di Milano, in cui alcuni genitori preferiscono iscrivere i bambini alla scuola lubavitch, che garantisce un’attenzione e una quantità di tempo assai maggiori alle materie ebraiche, non paragonabili alle scuole comunitarie. Un’altra parte dei genitori può ritenere preferibile non iscrivere o non far proseguire i figli alla scuola della comunità, pensando di poter garantire in proprio, attraverso l’ambiente familiare, i campeggi e altre opportunità informali5, un’educazione ebraica.
E’ necessario fare un’ulteriore precisazione per quanto riguarda il caso di Milano. Negli ultimi anni la scuola sta cercando di darsi un orientamento più osservante rispetto agli anni successivi e questo per due motivi. Prima di tutto, è il risultato delle decisioni prese all’indomani del documento sulle conversioni dei minori del Rabbinato italiano nel 1997, ma è anche conseguenza delle sollecitazioni direttamente e indirettamente provenienti dai lubavitch, la cui scuola ha finito per porsi in concorrenza con quella comunitaria, assorbendo una quota consistente dei figli di famiglie persiane, mediorientali e nordafricane.
Negli ultimi anni si assiste, quindi, ad un allontanamento delle famiglie italiane dalla scuola della Comunità proprio a causa del suo orientamento più ebraico-osservante.
Dalle informazioni ottenute si ricava che nel 1992-93 il totale degli iscritti alla scuola della Comunità era 637 su una disponibilità di 1000-1200 bambini e ragazzi in età scolare.
Ciò significa che la metà dei bambini non frequentava la scuola, per tutti i motivi precedentemente esposti.
Per quanto riguarda i dati relativi agli ultimi dieci anni, devo ringraziare la Vicepreside Castegnaro, che me li ha forniti.
Nel numero totale si osserva un calo decisivo di circa cento iscrizioni, passando da 634 dell’anno scolastico 1991-92 ai 546 dell’anno 2000-2001.
Se guardiamo il numero di alunni per corso, notiamo che le diminuzioni più evidenti, nell’arco di un decennio, si sono verificate alle scuole medie inferiori e superiori. Se nel 1991-92 gli iscritti alle medie erano 125, nell’attuale anno scolastico, 2001-2002, sono diventati 109. Lo stesso si dica per le superiori; tenendo come punto di riferimento l’anno scolastico 1991-92, oggi gli alunni sono scesi a 154 rispetto a 217.
Vorrei prendere in considerazione le cifre relative all’anno scolastico 1998-99 (tabella 15). Dal settembre 1998 è, infatti, aperta la scuola di Via dei Gracchi, facente capo al gruppo libanese, che inizialmente aveva solo l’asilo e le elementari. Proprio quell’anno, la scuola della Comunità ha registrato un calo di presenze all’asilo (83 bambini rispetto ai 97 dell’anno precedente). Lo stesso si può notare per le elementari, passate da 193 a 186 iscritti. almeno per quanto riguarda i bambini presenti all’asilo e alle scuole elementari.
L’anno con il maggior calo d’iscritti è stato il 1999-2000.
Notiamo il numero di alunni in prima media: 32, il minimo storico. In prima superiore ancor di meno: 29.
Il problema delle superiori è legato al fatto che la scuola ha solo tre indirizzi: liceo scientifico, classico-linguistico e tecnico aziendale. Di conseguenza i ragazzi, che al termine della terza media scelgono altri studi, inevitabilmente lasciano la scuola ebraica.
Possiamo osservare il numero d’iscritti totale alle quinte superiori dei tre corsi sperimentali: classico-linguistico, scientifico, tecnico commerciale corrispondente in lingue estere.
Anche solo da qui si può notare il continuo calo di presenze di cui ho parlato abbondantemente fino adesso.
L’anno peggiore in questo senso è stato l’anno scolastico 1999/2000 con solo 27 alunni in totale nelle tre quinte superiori. L’anno con il maggior numero di allievi è stato il 1992/93, con 48 iscritti. L’anno scorso, 2000/2001, gli iscritti sono stati 31, questo vuol dire una media di dieci alunni per classe!
Si può, però, rilevare che proprio negli ultimi anni si è registrato un lieve aumento nel numero totale di alunni presenti a scuola. Nel 1999-2000 erano 539, l’anno successivo 546 e oggi, 2001-2002, sono 552. Questo aumento è soprattutto dovuto alle maggiori presenze alle scuole materne ed elementari. All’asilo ci sono 96 bambini rispetto agli 89 dell’anno precedente, mentre alle scuole elementari siamo arrivati a quota 193, rispetto a 185 dell’anno 2000-2001.
La scuola è in grado di fare una previsione per il prossimo anno scolastico, 2002-2003 (tabella 15). Se le cifre dovessero rimanere queste, dopo due anni di miglioramenti, si tornerebbe indietro, ad un calo totale di venti iscritti (da 552 dell’attuale anno scolastico, si prevede per l’anno prossimo 532 alunni).
Il campanello d’allarme questa volta verrebbe dall’asilo, un corso che invece è sempre stato il “fiore all’occhiello” della scuola. Si registrerebbe una diminuzione di venti bambini alla scuola materna (da 96 a 76). Questo calo non sarebbe compensato neanche dall’aumento di presenze alle medie, che passerebbero da 109 di oggi a 117 dell’anno prossimo.
La diminuzione di bambini all’asilo si legge soprattutto come il risultato del calo demografico ed è un fatto piuttosto grave, perché se non ci sono bambini all’asilo, vuol dire che non ci saranno o diminuiranno anche le presenze negli altri corsi, dalle elementari in poi.
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Videografia
“LA NOSTRA SCUOLA”, regia di Ruggero Gabbai, Milano 1994.
1 * Da questo momento il Bollettino della Comunità Ebraica di Milano sarà abbreviato con la sigla B.C.M