“Tutto ciò che il Signore ci dice, faremo e ascolteremo”.
Questa è l’affermazione che il popolo, riunito alle pendici del Sinai, pronuncia a Mosè che gli riporta dalla voce divina i Dieci Comandamenti.
Rabbenu Ionà (Gerona 1210 – 1263), nella sua opera Shaaré teshuvà (le porte del pentimento) insegna che è prevista una lunga lode per colui che ascolta gli ammonimenti, e un’importante ricompensa sarà riversata su di lui.
Egli dice: “Colui che ha ascoltato la morale dei Chakhamim e degli ammonitori e non ha sottratto alcuna parola dalle loro parole, ma si è posto nella condizione di ascoltare porgendo orecchio a ciò, è più propenso a pentirsi di ciò che ha fatto, accogliendo in cuor suo tutto ciò che gli è stato detto.
Ecco che costui, in un baleno, esce da una condizione tenebrosa verso una grande luce, diventando così come una nuova persona.”
Per questo motivo il popolo di Israele, che ha accettato la Torà ancor prima di conoscerne il contenuto è stato chiamato “am segullà – popolo tesoro”.
L’espressione ” ונשמע נעשה” faremo e ascolteremo” che il popolo ha pronunciato prima di ricevere materialmente la Torà, lo ha messo nella condizione di passare da un gruppo di gente a un popolo privilegiato rispetto agli altri popoli.
I Maestri della mishnà, nel trattato di Avot insegnano:” Coloro i quali, le loro azioni sono superiori alla loro saggezza, la loro saggezza sarà mantenuta (per questo)” in quanto è scritto “naasè ve nishmà – faremo e ascolteremo” dove l’azione prevale su qualsiasi altra cosa.
Affermando ciò, il popolo si assume una grande responsabilità, che è quella di essere il popolo che deve dare l’esempio di comportamento a tutti gli altri popoli della terra, pur mantenendo le proprie tradizioni.
L’osservanza delle regole della Torà, delle nostre tradizioni è alla base della vita del nostro popolo; essere ebrei non è, né può essere una cosa teorica, ma il modo di vivere che ci distingue all’interno di una società.
Shabbat shalom