Giuseppe Flavio
Per anni abbiamo pensato che nel Consiglio della nostra Comunità regnasse la più serena calma, che tutti andassero d’amore e d’accordo, che le decisioni venissero prese all’unanimità. Ci eravamo sbagliati. La crisi apertasi con l’annuncio di possibili “dimissioni” da parte di Rav Giuseppe Laras ha aperto una finestra e stanno venendo fuori cose interessanti. Sono sempre di più ad esempio i consiglieri che hanno mal di pancia per la gestione autoritaria dei lavori durante le sedute settimanali della Giunta e del Consiglio da parte del presidente Roberto Jarach, un approccio che definiscono “aziendalistico”, ma anche per la sua tendenza a ridurre gli spazi di autonomia per le diverse organizzazioni ebraiche.
Candidatosi con una lista centrista di soli 5 membri, tutti eletti a furor di popolo, Jarach si è sempre fatto forte di rappresentare la sintesi delle varie istanze delle differenti sensibilità della eterogenea comunità milanese. Non sembra più essere così. I suoi litigi con esponenti delle più diverse organizzazioni e associazioni oramai non si contano più.
Di questo martedì è l’ultimo segnale inviatogli dai consiglieri delle altre due liste, che hanno chiesto e approvato di istituire la figura del coordinatore dei lavori del Consiglio. Con ironia o per provocazione, per questo ruolo i promotori hanno scelto Claudio Segre, oggetto favorito delle urla del Presidente. Ma già tempo fa, raccontano, Jarach e le persone a lui più vicine si erano ritrovati in minoranza sul progetto Kesher e hanno dovuto chinare il capo. Allora non si votò e il progetto di fatto passò senza lacerazioni. Lo schema fu semplice. I rappresentanti delle due liste, i “religiosi” di Per Israele e i “laici” di Ha Kehillah, quelli che avrebbero dovuto spaccare la Comunità, trovarono invece un accordo per un programma con l’obiettivo di “riavvicinare le persone che si erano allontanate”. Questa inaspettata sintonia sembra riproporsi anche ora sul tema del Rabbinato.
La questione è scoppiata tra le mani di Jarach, che in un primo momento era stato tra quelli che avevano fatto pressioni perché il Rav ha Rashì individuasse un proprio successore. Pare che le prime esternazioni del Presidente di fronte all’annuncio delle dimissioni siano state estremamente tiepide e che Jarach, tutto concentrato sul prossimo rabbino da individuare, non abbia voluto chiedere al Rav di tornare sui propri passi. La dura polemica sui quotidiani, la minaccia di dimissioni di alcuni consiglieri, le diverse pressioni esterne e la convinzione di essere stato ancora una volta giocato dalle altre due liste hanno fatto si che il Presidente cambiasse radicalmente la propria posizione e si schierasse sulla completa difesa del Rabbino Capo.
L’altra sera pare, a sentire le nostre fonti, che la crisi abbia toccato il momento di maggior tensione. Il Consiglio avrebbe prima approvato all’unanimità un ulteriore documento per chiedere a Rav Laras di restare, ma poi anche votato a favore di una seconda mozione che prevede l’inizio di un percorso per istituire un vice rabbino capo con l’obiettivo di preparare, per quando Rav Laras lo riterrà opportuno, una successione non improvvisata. Tutti ricordiamo che questo indirizzo era quello per altro indicato nella lettera inviata da Jarach alla Comunità il 12 gennaio, là dove ribadiva che “in tutto il periodo della mia presidenza ho sempre espresso a Rav Laras la disponibilità ad appoggiare qualsiasi richiesta volta alla nomina di un nuovo Vice Rabbino”.
Ma nel frattempo, come detto, Jarach aveva cambiato idea. Il Presidente avrebbe tentato allora di non far passare quest’ultima proposta, ma – per una volta – si sarebbe risolto tutto con una votazione con Jarach sotto 11 a 6.