In esclusiva per Kolot, la ricostruzione commentata degli avvenimenti che hanno portato la Comunità ebraica di Milano allo scioglimento del Consiglio.
Davide Romano
E così si va elezioni anticipate. Così termina il film della presidenza Meghnagi, con un finale di quelli così complicati che non tutti ne hanno capito le vere ragioni. Riavvolgiamo il nastro dunque, e andiamo a capire dove nasce la crisi.
Nel giugno 2012 le elezioni vengono stravinte da Walker Meghnagi (900 preferenze contro le 648 del primo degli eletti della lista Ken, Simone Mortara). La sua lista (Welcommunity) però, a causa di un sistema elettorale assurdo, ottiene solo 10 dei 19 eletti. Gli altri 9 vanno alla lista Ken.
Meghnagi decide di fare una Giunta che coinvolge anche gli avversari. Nel corso del 2014 un paio di consiglieri della lista Welcommunity si dimettono per ragioni personali, e il sistema elettorale mostra tutti i suoi limiti: non subentrano infatti i primi dei non eletti della lista guidata da Meghnagi, come accadrebbe in tutti gli organi elettivi del mondo. A entrare in Consiglio sono invece quelli delle liste avversarie.
Così succede che la Comunità si ritrova con un presidente di Welcommunity e una maggioranza di consiglieri della lista Ken. Una cosa che neanche il sistema elettorale di Calderoli (il cosiddetto Porcellum) era riuscito a concepire. Un fatto che minerà in maniera determinante i rapporti all’interno del Consiglio: con una maggioranza che d’improvviso si ritrova minoranza e si sente ingiustamente defraudata dal voto elettorale, da un lato. E quelli di Ken che – perse le elezioni – si ritrovano maggioranza senza averne la legittimazione popolare, dall’altro.
La stangata
Nell’aprile 2014 esplode il caso Lainati, il direttore amministrativo che ha svuotato le casse comunitarie. La cosa scuote l’intera comunità, dai semplici iscritti ai vertici. Nessun dirigente comunitario viene coinvolto dal punto di vista giudiziario, e neppure sospettato di essersi appropriato di alcunché. Ma dal punto di vista politico, chi ha avuto in passato fiducia nel truffatore vede in qualche misura minata la propria credibilità di controllore. Tanto più dopo le denunce del povero Luciano Campagnano che, come riportato dal Corriere della Sera, sarebbe “morto di crepacuore proprio dopo essersi scontrato più volte con il direttore amministrativo”. La questione Lainati contribuisce ad accrescere ulteriormente la diffidenza della lista Welcommunity nei confronti della lista Ken. Soprattutto in merito alla reale volontà di questi ultimi di fare totale chiarezza sull’accaduto, visto che tra gli eletti di Ken c’è un esponente della vecchia dirigenza. Secondo i consiglieri di Welcommunity, siamo insomma al più tipico caso di conflitto di interessi. Non a caso, nell’ultimo Consiglio del 22 dicembre, l’assessore al Bilancio Besso (Welcommunity) si toglie qualche sassolino dalla scarpa: proponendo che chiunque abbia avuto importanti ruoli di amministrazione nella Comunità ai tempi di Lainati non possa più ricandidarsi.
I soliti sospetti
Luglio 2014, nel pieno della guerra tra Israele e Hamas la comunità scende in piazza per Israele. Durante la manifestazione, sono vari i momenti di tensione. Il primo è causato dall’Hashomer Hatzair che si presenta a sorpresa con diversi cartelli recanti la scritta “né con Bibi né con Hamas”, mettendo dunque sullo stesso piano un leader democraticamente eletto e un’organizzazione terroristica. Organizzatori e partecipanti si sentono truffati e traditi da quei cartelli che non li rappresentano, e che vengono ostentatamente mostrati ai media. Tanto più che l’Hashomer aveva garantito si sarebbe attenuta allo spirito della manifestazione. Fatto sta che da allora a tutt’oggi le polemiche tra progressisti e moderati in merito a questo episodio, non sono ancora finite. Il secondo momento di tensione nasce invece già prima dell’evento: Welcommunity e il presidente Meghnagi decidono di scendere in piazza per Israele nonostante il voto contrario della lista Ken e della maggioranza degli enti ebraici.
Gli esponenti della lista progressista cambiano poi idea all’ultimo momento e decidono di manifestare anche loro. Vengono per questo accusati di opportunismo dalla lista Welcommunity, in quanto si sarebbero allineati solo dopo avere capito che la manifestazione sarebbe stata un successo. Durante, e soprattutto subito dopo la manifestazione, ci saranno scambi di opinione assai vivaci tra esponenti delle due liste. La realtà è che la lista Ken è amica di Israele e di sinistra, ma nulla ha a che fare con le posizioni anti-israeliane di Moni Ovadia con cui viene talvolta confusa. Il punto è un altro: il grosso della lista Ken è più “timida” nel manifestare, perché si rifà alla consueta prudenza dell’ebraismo milanese a scendere in piazza. Una tradizione che trova conferma nell’andamento della riunione convocata a luglio dalla Comunità, per sentire il parere degli enti ebraici sul partecipare o meno alla manifestazione: a grande maggioranza prevalse il no.
A dimostrazione di come i non più giovani presidenti delle varie associazioni ebraiche milanesi incarnano perfettamente la storica linea meneghina del basso profilo. A ulteriore conferma di questa tesi, in quella riunione gli unici a votare a favore dello scendere in piazza furono leader giovani (e nati e cresciuti in Israele) come quelli del KKL e di Amici di Israele, oltre al Keren Hayesod.
Fight Club
Oltre ai temi politici, non bisogna nascondersi che esistono anche questioni legate alle personalità dei dirigenti comunitari. Avendo assistito sia all’assemblea degli iscritti del 18 dicembre sia all’ultimo Consiglio del 22 dicembre, è apparsa chiara e lampante una cosa: l’incoerenza di tanti consiglieri e assessori che parlano di unità e lanciano appelli alla coesione, salvo poi non rinunciare a animare continue polemiche tra le due liste. Due atteggiamenti in palese contrasto tra loro. Nell’ultima riunione di Consiglio è stato da applausi l’intervento di Afshin Kaboli che – unico, insieme per molti versi a Vanessa Alazraki – ha avuto l’umiltà di ammettere che degli errori sono stati fatti anche dalla propria parte. Il premio “Fight Club” 2014, dedicato alla personalità più permalosa e irascibile, va invece sicuramente all’assessore alla Cultura Daniele Cohen, che durante l’ultima riunione di Consiglio ha indubbiamente toccato livelli di decibel mai uditi dalle orecchie di chi scrive, se non – forse – tra gli ultras di San Siro.
A beautiful mind
Naturalmente un resoconto di quanto successo non sarebbe completo se non parlassimo anche delle cose positive fatte. Una menzione va fatta sicuramente a Claudio Gabbai per la gestione dei servizi sociali, che ha rappresentato un vero e proprio cambio di marcia sotto la sua guida. Grazie a un’ammirevole attenzione ai drammi sociali, in questi tempi di crisi che hanno colpito tante persone della nostra comunità. Un esempio tra tutti: l’idea tanto concreta quanto geniale dell’agenzia per il lavoro Job, che è riuscita a trovare un lavoro a tante persone, oltre che ridare loro la speranza. Fuori dalle ideologie, sono queste le cose che contano e fanno di un insieme di individui una comunità: l’aiuto reciproco.
Un’altra menzione va fatta nei confronti dell’assessore Raffaele Besso – anche lui, come Gabbai, stimato da entrambe le liste – che in un solo anno ha scoperto la truffa di Lainati e che oggi, nel pieno delle polemiche politiche, viene addirittura accusato da taluni di averci messo troppo tempo. Dopo che per 30 anni nessuno si è accorto di niente, l’accusa pare almeno ingenerosa. Da riconoscere poi che è stato l’unico dell’intero Consiglio del 22 dicembre a citare il nome di Luciano Campagnano, a cui ha dedicato il bilancio comunitario. Un piccolo gesto di grande valore simbolico per una persona che non c’è più e per la sua famiglia, che per troppo tempo sono stati dimenticati dalla Comunità. Una ferita che deve ancora essere suturata.
Il divo
Naturalmente parliamo di Walker Meghnagi, presidente della Comunità da un paio d’anni, tra i più burrascosi ma anche tra i più proficui. Eletto a grande maggioranza, ha cercato dal principio di tenere unita la Comunità aprendo la Giunta anche agli sconfitti della lista Ken. Ha retto bene anche all’esplosione del caso Lainati, giocando all’attacco. Adottando contemporaneamente una linea di chiarezza da un lato, ma senza polemiche nei confronti delle passate gestioni dall’altro, in nome dell’unità. Una scelta che non tutti hanno gradito, giudicandola troppo prudente. A luglio, in occasione della manifestazione pro-Israele, è stato il più convinto sostenitore dell’opportunità dell’evento. Inoltre, è riuscito a salvare l’edizione 2014 di Jewish and the City (una lodevole creazione dell’assessore alla Cultura Daniele Cohen), trovando in extremis i finanziamenti mancanti.
Negli ultimi mesi, per essere sopra le parti e uscire dalle polemiche tra i due schieramenti, non ha più partecipato alle riunioni della propria lista Welcommunity. Ha cercato così di governare senza troppi condizionamenti da parte delle liste che lo sostenevano, puntando sulle persone. Il suo sogno era governare con una Giunta legata alle persone del Consiglio, che avrebbero dovuto votare sulle singole questioni secondo coscienza, e non seguendo gli ordini dei gruppi di appartenenza.
Un piano fallito a partire dalla votazione avvenuta nell’ottobre 2014 del bilancio relativo al 2013, in cui la lista Ken si è rifiutata di votare a favore. Per lui – che sostiene peraltro di essere stato ricattato dalla lista Ken, che avrebbe chiesto un rimpasto di Giunta come condizione per votare il bilancio – è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Il suo ragionamento, in soldoni, è stato: se questi della lista Ken mi chiedono di cambiare gli assessori strumentalizzando perfino l’atto più importante e decisivo per una Comunità drammaticamente ferita dallo scandalo Lainati, cosa faranno su questioni minori? Va detto che la lista Ken nega di avere fatto tale ricatto.
Di certo c’è che Meghnagi è rimasto profondamente deluso dal fatto che perfino sul bilancio i consiglieri Ken non hanno votato secondo le proprie convinzioni, ma secondo le indicazioni di lista. Così facendo ha visto crollare la sua idea di una Giunta slegata da logiche di parte, e non ha ritenuto possibile andare avanti.
The End
Come tutti i film che si rispettano, restano i titoli di coda. Quelli con l’elenco dei protagonisti e dei ringraziamenti. Giova ricordare come l’impegno di tutti i consiglieri e assessori è su base volontaria. Questo andrebbe sempre ricordato, visto che parliamo di persone che volontariamente sacrificano il proprio tempo per il bene di tutti. A loro va il ringraziamento per l’impegno profuso nonché per i risultati raggiunti, più che apprezzabili. Mi scuso anticipatamente per le mancate citazioni degli altri assessori e consiglieri che tanto hanno dato in questi anni, che sono la grande maggioranza.
Personalmente credo che questa Giunta abbia lavorato bene, e avrebbe pure potuto andare avanti se gli esponenti più litigiosi avessero fatto un passo indietro. Il dramma è che costoro hanno cercato le soluzioni a un problema, senza capire che il problema erano loro stessi.
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