La parashà continua a raccontarci la vita di Giuseppe e la sua carriera in Egitto, da prigioniero nelle carceri del faraone a suo Primo Ministro.
Una carriera brillante e folgorante quella di un giovane ebreo, venduto come schiavo all’età di diciassette anni da un gruppo di mercanti, ad un signore egiziano che non apprezzandone le doti e dopo una calunnia posta dalla moglie, sbatté Giuseppe in galera.
È proprio il caso di dire “meafelà leorà – dalle tenebre alla luce”, come ci viene insegnato dagli scritti del Tanakh.
È però una luce parziale quella di cui Giuseppe brilla; ci sorge infatti un quesito : “come può un ebreo vivere lontano da un ambiente che gli permetta di mantenere le proprie tradizioni e soprattutto lontano dai genitori e dalla propria famiglia per così tanto tempo?
Non c’è ombra di dubbio che la golà incupisce la nostra personalità e non ci dà la possibilità di poter manifestare in pieno le nostre antiche tradizioni.
Anche se era viceré e quindi poteva fare tutto ciò che voleva, Giuseppe era costretto ad osservare in modo piuttosto riservato , quasi di nascosto, le proprie tradizioni.
Trascorrendo una buona parte della festa di chanuccà in Eretz Israel, ho potuto constatare con quanta gioia e quanta partecipazione di tutti i suoi abitanti viene vissuta questa festa.
Accensioni di chanucchiot in ogni angolo della strada, in ogni vetrina di negozi e, naturalmente davanti alle finestre delle abitazioni, brillavano i lumi di chanuccà.
Tutto ciò nelle nostre comunità della diaspora, per quanto grandi possano essere, non è possibile attuare.
Giuseppe osservava un ebraismo discreto, potremmo dire un ebraismo casalingo, senza mai poter esternare le sue tradizioni.
La storia di Giuseppe, è la storia dell’ebreo che per far carriera deve rinunciare, almeno parzialmente alla sua naturale inclinazione; nel far questo soffre, ma si trova nel vortice ed è costretto dal sistema a mantenere tale atteggiamento.
Soltanto l’incontro con i fratelli prima e con suo padre dopo, risveglieranno i suoi veri sentimenti e faranno sì che possa riprendere insieme a loro una vita all’insegna delle tradizioni di Abramo e di suo nonno Isacco, rendendosi degno di essere un figlio di Israel.
Shabbat shalom