8 Luglio 2021
Verso la fine della parashà, la Torà parla a lungo delle città rifugio, aree riservate agli assassini non intenzionali Se una persona provoca incautamente la morte di un ebreo, si trova in grave pericolo di essere ucciso dai parenti della vittima e la Torà lo istruisce ad andare in una città rifugio dove è protetto dal pericolo e dove contemporaneamente fare teshuvà. Può liberarsi solo quando l’attuale Kohen Gadol (Sommo Sacerdote) muore. La Mishnà ci dice che dal momento che la sentenza dell’assassino dipende dalla morte del Kohen Gadol, è probabile che egli preghi affinché il Kohen Gadol muoia affinché possa liberarsi. Di conseguenza era consuetudine che la madre del Kohen Gadol facesse doni all’assassino con la speranza che non pregasse per la morte di suo figlio. Il Talmud chiede perché ci dovrebbe essere timore che le preghiere vengano accolte – il Kohen Gadol non ha commesso alcun peccato e quindi non merita di morire. Il Talmud risponde che in realtà era in colpa perché avrebbe dovuto pregare che nessun simile disastro potesse accadere al popolo ebraico. Poiché non lo ha fatto, è considerato colpevole e suscettibile alle preghiere per la sua morte. Il Ben Ish Chai chiede, se fosse colpevole, qual è il significato di queste preghiere? Sarà punito indipendentemente dal fatto che qualcuno stia pregando per la sua morte. In realtà sarebbe stato davvero punito con la sofferenza, ma le preghiere potevano farlo morire. Di primo acchito sembrerebbe che il Kohen Gadol non abbia commesso alcun peccato terribile.
Non ha provocato danni a nessuno e una punizione di sofferenza o la morte sembra essere severa per non aver pregato a sufficienza. Per rispondere dobbiamo analizzare le aspettative della Torà per un Ebreo. Esistono tre livelli generali di interazione con altre persone: Danneggiamento, aiuto e non fare nulla per loro, né di buono né di cattivo. Nella visione laica, il danneggiamento di qualcuno senza una ragione viene considerato negativamente, mentre l’aiuto a qualcuno viene considerato positivamente. Non fare nulla è considerato neutrale, né buono né cattivo. La Torà sostiene che aiutare qualcuno è bene, danneggiare qualcuno è male. Cosa dice la Torà sul non fare nulla? La Ghemarà in Bava Metzia discute il divieto di ‘tzaar baalei chaim’, causare dolore agli animali. La fonte di questo divieto si impara dall’obbligo di aiutare a scaricare un asino che soffre a causa di un carico pesante sulla schiena. Questa fonte è in forse sorprendente, in genere si pensa che la sofferenza sia causata dal colpire un animale o tirare le gambe di un ragno. Limitarsi ad astenersi dall’aiutare un animale non sembrerebbe essere tzaar baalei chaim. Agli occhi della Gemarà astenersi dall’aiutare un animale in difficoltà è un chiaro caso di tzaar baalei chaim – non è diverso dal causare attivamente dolore ad un animale. Pertanto, è evidente che la visione della Torà di un atteggiamento “neutro” è come un atto di crudeltà ed appartiene alla stessa categoria del fare danni. Questo è applicabile anche al rapporto tra gli uomini. La Torà ci comanda: “Non sopportare il sangue dei tuoi simili”. Se si vede un Ebreo in pericolo si è obbligati a cercare di salvarlo. Questa Mitzwà vale anche per aiutare qualcuno in necessità finanziarie. La Torah ci obbliga a preoccuparci della proprietà perduta degli altri e di sforzarsi a restituirla al legittimo proprietario. Non si può semplicemente ignorare la sofferenza degli altri, farlo è considerato negligente e contraddice totalmente i principi della Torà.
Ora possiamo capire perché la Torà è così severa col Kohen Gadol che non ha fatto uno sforzo sufficiente per prevenire il verificarsi di un disastro: il suo fallimento è considerato un peccato grave. Questa lezione non è limitata al Kohen Gadol, si applica a tutti al proprio livello. La vita è piena di opportunità per aiutare attivamente le persone bisognose. Il compito di essere veramente “gentile” secondo la visione della Torà richiede costante attenzione e sforzo. Questo sforzo per l’attenzione verso il prossimo è un atteggiamento che deve guidare tutti noi, in qualsiasi posto e in qualsiasi posizione ci troviamo, per riuscire a creare una società giusta ed equa, una società, in ultima analisi, che potrà arrivare ad essere anche scevra da inutili tensioni.