Con queste due parashot, si conclude il libro di Bemidbar – quarto libro della Torà.
Il libro di Bemidbar è il libro in cui si narrano la maggior parte degli episodi, avvenuti al popolo ebraico durante i quaranta anni di permanenza nel deserto.
A volte sembra un libro crudo, a volte assai violento dove compare un continuo conflitto fra il popolo, Mosè e D-o.
Non c’è ombra di dubbio che il popolo ebraico abbia dovuto subire una forte mutazione caratteriale, per intraprendere una dura impresa: quella della conquista del Paese.
Ogni passaggio da una condizione ad un’altra, a volte può essere un trauma; così il passaggio da schiavi a popolo di conquistatori ha richiesto il superamento di dure prove, sia per il popolo, sia per Mosè che ne era la guida.
Nella prima delle due parashot, viene descritta l’ultima fatica che Mosè deve affrontare: la guerra contro Midian.
Una guerra violenta, con delle azioni che il popolo deve operare che mai fino a quel momento era stato chiamato a fare.
Una guerra di una tale brutalità, che ancora oggi si stenta a comprendere come un popolo pacifico, come quello ebraico abbia potuto sostenere.
Midian, Moav, Canaan e tutte le popolazioni sconfitte da Israele durante la storia antica, erano popolazioni contagiose, che avevano un comportamento senza la minima dignità umana e la più bassa considerazione per i loro simili.
Schiavitù, contatti con le anime dei morti, culti e manifestazioni sacre a scopo sessuale e nella maggiorparte delle volte di natura pedofila, andavano contro i principi e gli insegnamenti della Torà, tanto da essere considerati “to’evot – abominevoli” dovevano essere estirpati da quel luogo, poiché insani e contagiosi, per una umanità civile e per un popolo che stava nascendo allora.
È questa l’ultima mizvà che Moshè mette in pratica, prima di morire e lasciare a Giosuè lo scettro del condottiero.
La parashà di Mas’è invece, inizia con un lungo elenco di quelle che per quarant’anni furono le tappe percorse dal popolo nel deserto.
Sostengono i mefareshim, che Mosè le ricorda al popolo con il solo scopo, di ricordare insieme ad esse, gli episodi di ribellione contro D-o avvenuti proprio in quei luoghi.
Aggiungono i maestri che, piuttosto che ricordare l’evento o la malefatta, per non svergognarli, Mosè preferisce ricordarne il luogo; mettendo così in pratica uno dei principi fondamentali della nostra tradizione: “lo lehalbin et chaverò ba rabbim – non far arrossire il proprio amico in pubblico”.
Shabbat shalom