Nelle Comunità ebraiche molti propagandano il matrimonio misto come il vaso di fiori che ti cade in testa mentre non te l’aspetti oppure con lo stereotipo di “all’amore non si comanda”. L’Associazione Matrimonialisti Italiano ha invece qualche statistica sulla riuscita di queste unioni “inevitabili”.
Al giorno d’oggi, un avvocato familiarista, si trova di conseguenza sempre più spesso chiamato ad occuparsi di matrimoni misti, all’interno dei quali risulta fondamentale che egli possa fornire ogni tipo di consulenza riguardo alla problematiche giuridiche, religiose e culturali che questo tipo di unioni possono incontrare.
Le statistiche dell’Associazione matrimonialisti italiani impietosamente riportano una percentuale di interruzione del vincolo matrimoniale tra soggetti di religione cristiana e musulmana che si aggira intorno al 70%, verosimilmente riconducibile all’emergere di profonde divergenze culturali, religiose e nello stile di vita che non riescono a trovare un loro punto di integrazione.
A partire dalla differente visione del matrimonio tra le due religioni e dalla difficoltà che le donne italiane possono incontrare ad adattarsi alla cultura di appartenenza e alle regole, talvolta vissute come troppo restrittive, del marito musulmano.
Potrebbe essere molto utile, in questi casi, che i futuri coniugi potessero frequentare dei corsi di preparazione al matrimonio dedicati proprio alle coppie miste (come quelli gratuiti proposti dall’Associazione forense Ami ai servizi sociali) per aiutarli a compiere questo passo in modo più consapevole, consci delle reciproche differenze culturali e degli ostacoli che potrebbero sorgere, ma allo stesso tempo sostenuti ad identificare valori condivisi e aspirazioni comuni.
Spesso, invece, è l’avvocato che si trova a dover illustrare alla coppia mista i diritti e i doveri dei coniugi in base alla nostra legge, alla quale il coniuge musulmano è chiamato ad attenersi scrupolosamente, cosa che non sempre fa.
Ovviamente, la situazione diventa ancora più spinosa in presenza di minori nati dal matrimonio soprattutto nel caso, purtroppo non raro, di sottrazione dei figli nati da matrimoni misti, consumata da padri musulmani. I paesi musulmani, infatti, non hanno ratificato la Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980. Questo comporta che gli eventualifigli minori sottratti illegalmente dai padri musulmani e condotti in Nord Africa o in medioriente, dove vige la patria potestà esclusiva, faranno ritorno dalla madre in Italia con estrema difficoltà. Quest’ultimo rappresenta senza dubbio l’aspetto più doloroso e preoccupante della crisi di un matrimonio contratto tra cristiani e musulmani.
Ma la deriva delle unioni miste talvolta può nascondere anche l’interesse, da parte del cittadino straniero, di ottenere la cittadinanza. Ci sono infatti stati casi in cui, attraverso il matrimonio, viene ottenuta la cittadinanza e in seguito richiesto il ricongiungimento familiare con l’’altra moglie musulmana.
Un contesto interculturale estremamente complesso dunque, all’interno del quale l’avvocato deve muoversi con competenze differenziate ed estrema cautela.
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