E il sacerdote Aronne salì sul monte Hor per ordine dell’Eterno, e lì morì il quarantesimo anno dopo l’uscita dei figli d’Israele dal paese di Egitto, il quinto mese, il primo giorno del mese. Aronne aveva 123 anni quando morì sul monte Hor (Numeri 33:38-39). La Torah, nella Parashat Maseh, menziona brevemente la morte di Aronne, il sommo sacerdote, e ci ricorda che morì di Rosh Chodesh Av, il primo del mese di Av. Questo sabato sarà il suo anniversario.
La Mishnah, nel trattato di Avot, riporta una massima che invita a “essere tra gli allievi di Aronne il Sacerdote, che amava la pace, perseguiva la pace, amava le persone / beriyot e le avvicinava alla Torah” (Avot 1:12). Questo detto, ci presenta Aronne come una persona che si distinse nella sua operosità nell’ambito delle relazioni tra individui affinché siano pacifiche. È quindi appropriato che leggiamo della sua scomparsa in questo momento dell’anno, in cui piangiamo la distruzione del Bet Hamiqdash, il Santuario di Gerusalemme, causata proprio dal “sinat chiinam” l’odio gratuito tra fratelli. Aronne rappresenta quindi l’esatto opposto dell’odio gratuito, poiché perseguì relazioni pacifiche con tutti e il suo esempio è quello che dobbiamo seguire per correggere l’errore che ha causato l’esilio del popolo ebraico.
Tuttavia, la Mishnah non parla solo della dedizione di Aronne alla pace, ma anche dei suoi sforzi per avvicinare i suoi confratelli all’osservanza della Torah: “amava le persone e le avvicinava alla Torah”. La Mishnah usa la parola “beriyot / persone” che si riferisce alle persone di livello spirituale più basso. La parola “beriya” significa letteralmente “creatura” e indica qualcosa che è stato creato. Una “Beriya” è quindi una persona la cui unica conquista è il fatto di essere stata creata, che non ha compiuto altro che la sua semplice esistenza. Aronne amava sinceramente anche queste persone, era dedito a tutti i suoi confratelli e, anziché rifiutare o ignorare le persone di basso livello spirituale, le amava e lavorava con loro nel tentativo di ispirarle a crescere.
Anche questa qualità è qualcosa che dobbiamo cercare di emulare mentre cerchiamo di essere degni della fine dell’esilio e della ricostruzione del Santuario di Gerusalemme. Il nome di questo mese che inizierà domani, “Av”, si scrive con le lettere “Alef”, “Bet”. “Alef” significa “insegnare” e “Bet” rappresenta la parola “Bina”, discernimento. Dopo che una persona impara e acquisisce conoscenza e capacità di discernere, deve poi assumersi la responsabilità di condividere la sua conoscenza con gli altri.
Questo deve essere uno dei nostri obiettivi durante questo periodo di lutto: impegnarci a diffondere le Parole della Torah per cercare di coinvolgere positivamente gli altri. Questo è il momento di raddoppiare gli sforzi per perseguire la pace, per invertire l’odio gratuito in amore gratuito verso tutti indistintamente, l’osservante verso chi non lo è e chi non osserva verso chi lo fa. Bisogna sempre creare l’ambiente affinché ogni “creatura” possa elevarsi e avvicinarsi alla Torah.
Come insegnava Rabbì Moshe David Valle, un maestro padovano del XVIII secolo, nel suo commento al Salmo 119: “Quando la collettività del popolo santo sarà fatta di amanti della Torah, immediatamente saranno annullate tutte le forze dell’impurità dal mondo. Il loro annullamento dipende esclusivamente dalla luce Torah, quando si diffonde in abbondanza”, Shabbat Shalom e Chodesh Tov!.