Camilla Baresani su Magazine del Corriere
Non tollero più i fanatici dell’intolleranza gastronomica
Tra cozze non kosher e amanti del “terroir” mettersi a tavola può diventare sempre più spesso qualcosa di indigesto. Per colpa degli scontri di civiltà. Ma anche di chi straparla di “tipico”, “goloso” e “sentori da degustare”.
Il cibo può risultare indigesto non solo in sé e per sé, ma anche per motivi “esterni”. Ecco un esempio. Tempo fa vengo invitata a cena da una giovane amica italianissima e d’origine ebraica: un’altra ospite, la scrittrice Serena Vitale, si era offerta di portare qualcosa di cucinato che servisse di rinforzo: ma a causa di un fraintendimento, anziché una focaccia con la scarola aveva preparato una teglia di riso di riso patate e cozze, tipico piatto della tradizione pugliese.
Bene: nello sgomento degli invitati (nessuno dei quali d’origine ebrea), la teglia è rimasta chiusa nel sacchetto ed è tornata a casa con chi l’aveva cucinata. Abbiamo così appreso che fra i cibi religiosamente scorretti per gli ebrei non c’è solo il maiale (come per i musulmani), ma anche i ruminanti con unghie non biforcute (per esempio cavalli e conigli), i volatili non rapaci (poco male: mai sentito parlare di civetta arrosto), tutti i pesci privi di squame e lische (e qui la lista è impressionante: si va dalla pescatrice allo storione con relativo caviale, dall’anguilla alle sogliole e ai calamari, fino ad arrivare alle famigerate cozze).
Verrebbe da dire: se la padrona di casa non voleva mangiarle, libera di farlo, ma gli ospiti… C’era però un ulteriore ostacolo, quello cioè delle stoviglie: perché – per mantenersi kosher – piatti, posate e pentole non devono venire contaminati da vivande “anomale”. Se non si dispone di un servizio di piatti in vetro (che resiste alla sterilizzazione senza rompersi), per purificare le stoviglie bisogna portarle alla sinagoga per un bagno rituale.
Dunque il riso patate e cozze non poteva essere consumato se non a manate direttamente dalla teglia, anche se comunque la sua stessa permanenza nella casa risultava sconveniente e fonte di turbamento. Fossimo stati ospiti di un italo-musulmano osservante ci sarebbero state meno regole, ma altrettanto inflessibili: oltre alla carne di maiale nessun ospite avrebbe potuto bere bevande alcoliche, nemmeno portandosele da casa.
Va detto che, nel clima di generale incarognimento port-11 settembre, ormai anche persone dall’apparenza laica si arroccano nella difesa di tradizioni che a noi allibiti spettatori sembrano tuffi nel medioevo, mentre a loro paiono doverose difese difese della propria identità. Ci si aspetta dunque che da un momento all’altro papa Ratzinger dica anche a noi cattolici cosa è lecito mangiare.
In attesa di istruzioni, tuttavia, anch’io comincio ad avere una serie di intolleranze alimentari, sia pure di genere solo lessicale.
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