Gaia Piperno
Corso di Laurea del CRI 2013 – Storia Ebraica
Il percorso dell’emancipazione femminile in Italia è stato lungo e travagliato. Solo in seguito al Risorgimento e all’Unità d’Italia è iniziata a svilupparsi una legislazione sulla pubblica istruzione obbligatoria che prevedeva l’educazione e l’alfabetizzazione delle donne di tutte le classe sociali, nonché lo sviluppo di una nuova figura professionale: la maestra. Per questo sorprende trovare all’interno del ghetto di Roma, prima ancora dell’Unità d’Italia, figure di maestre e una scuola per l’educazione delle fanciulle delle famiglie indigenti, anche se è noto che le donne ebree in Italia godessero di “un livello d’istruzione, di un’autonomia economica e di una conseguente possibilità e capacità di partecipare alle attività della famiglia ben superiori a quelli attestati per le donne cristiane di pari condizioni sociali”[1].
L’obiettivo della ricerca è di indagare le fonti dell’Archivio Storico della Comunità Ebraica di Roma, in particolare i documenti delle confraternite che si occupavano di educazione, per capire meglio il ruolo delle maestre nell’ambito di queste istituzioni all’interno del ghetto: il loro percorso di studi, a chi insegnavano e quali materie.
Il ghetto di Roma era stato istituito da Papa Paolo IV nel 1555, durante il periodo della controriforma, con lo scopo di separare gli ebrei dai cristiani, controllarli e spingerli all’abbandono della loro fede. Le sue porte furono aperte definitivamente solo il 20 settembre 1870, con la caduta del potere temporale del papato.
La situazione all’interno del ghetto era molto difficile a causa delle leggi restrittive che vietavano il possesso dei beni immobili, lo spazio ristretto in cui erano costretti a vivere e le molte limitazioni e vessazioni che gli ebrei erano costretti a subire. All’interno dell’Universitas Hebreorum, come era chiamata ufficialmente la comunità ebraica, esistevano però moltissime confraternite di mutua assistenza che si occupavano di assicurare le principali funzioni rituali e di sostenere le fasce più deboli della comunità. Tra queste di particolare importanza era la Chevrà Talmud Torà, o scuola de’ Putti, che già nel 1602 provvedeva all’istruzione dei giovani. Dagli archivi risulta che il corpo insegnanti era costituito sia da maestri che da maestre, ma allo stesso tempo le fanciulle non potevano accedere alle lezioni[2]. Questo non sorprende, in quanto il tema dell’istruzione delle donne è sempre stato un tema molto dibattuto all’interno dell’ebraismo ortodosso. Solo nel 1917, in Polonia, con l’approvazione delle autorità religiose, Sara Shnirer fondò il movimento Bet Ya’akòv, che aprì degli istituti per l’educazione ebraica femminile, con lo scopo di formare delle insegnanti ma anche di rafforzare la loro conoscenza della Bibbia e della lingua ebraica, in risposta alla possibilità che ormai avevano le donne ebree di frequentare le università e dedicarsi agli studi secolari più avanzati[3].
Dal 1745 un’altra confraternita, la Chevrà ‘Ez Chaim, Albero della Vita, si dedicava all’istruzione religiosa delle bambine dai tre anni agli otto, provenienti da famiglie indigenti. Tutte le donne ebree ricevevano un’istruzione religiosa fin dalla prima infanzia, per essere in grado di recitare le preghiere, osservare i precetti, educare la prole e garantire la continuità della tradizione all’interno delle mura domestiche. Le famiglie più abbienti assumevano dei precettori, ma era consuetudine che le ragazze più umili, per procurarsi una dote, andassero a lavorare a servizio presso altre donne che, oltre ai mestieri, si impegnavano a insegnare loro a leggere e a scrivere[4].
Altre due confraternite dovevano prevedere la presenza di donne competenti in ritualistica ebraica: la Chevrà Nashìm, Donne, nata nel 1617, che si occupava dei bisogni delle donne e del mikvè[5]; la Chevrà Orakh Chaìm, Strada della vita, fondata nel 1750, che tra l’altro istruiva all’osservanza dei rituali relativi alla purità familiare. Sarebbe interessante a riguardo individuare il luogo dove era situato il mikvè all’interno del Ghetto: se nell’edificio delle cinque Scole o altrove, dato che non sono stati trovati riferimenti a riguardo nel catasto.
Un documento risalente al XIX secolo della Chevrà Talmud Torà, espone un Regolamento per la Scuola delle Femmine, in cui si afferma che “La Scuola delle ragazze è istituita per provvedere all’educazione religiosa, morale, e civile delle ragazze della classe povera e all’istruzione loro nei lavori femminili colla mira di renderle utili alle loro famiglie”[6]. Nell’archivio della Chevrà Ez Chaìm si trova invece una Minuta di regolamento pe’ la scuola delle fanciulle della nostra ק”י che rimase sospeso[7] del 1855 che descrive le regole di ammissione, i doveri dell’insegnante, l’orario giornaliero (in cui vengono elencate le preghiere da recitare) e i giorni di chiusura della scuola. L’obiettivo primario della scuola era “l’insegnamento di lingua santa fino alla lettura spedita”, per bambine provenienti da famiglie indigenti. È interessante notare come il documento sia incentrato sugli ”obblighi della Maestra”, dando per scontato che si tratti di una donna.
La Maestra aveva il compito di mantenere arieggiata e pulita la scuola, controllare la pulizia e l’ordine delle bambine, insegnare loro ad imboccarsi a vicenda. Non doveva permettere l’ingresso alle madri e non poteva accettare fanciulle che non fossero state preventivamente ammesse dal consiglio della yeshivà. La giornata era scandita dalle preghiere, che ogni fanciulla recitava in base al suo livello, e dalle lezioni mattutine e pomeridiane. I giorni di chiusura erano tutti i sabati, le festività solenni ebraiche e i capimese, Purìm, il digiuno del 9 di Av e Oshanà Rabbà. La maestra era pagata mensilmente sei scudi per dodici mensilità. Questo documento è stato parzialmente trascritto e riportato in appendice. È interessante notare l’importanza data alla cura della persona e dell’ambiente in cui si studia, come nei manuali di gestione della classe più moderni.
Dal catalogo digitale del Censimento del 1868[8] si evince che nelle cinque Scole erano presenti 57 persone che risultano “maestri” o “maestri di fanciulli”, tra i quali 33 erano donne e 24 gli uomini. Alcuni erano sposati tra loro, come Abramo Amati e Grazia di Castro della Scola Siciliana, Sara Pitigliano e Abramo Caro della Scola Nova, Angelica Volterra e Pellegrino di Porto della Scola Tempio (in questo caso anche il figlio, Sabato Di Porto, risulta essere maestro). Spesso le maestre erano imparentate tra loro: Consola Cesira, Debora e Lea Beer erano tutte maestre di fanciulli, figlie di Ester Beer, anch’essa maestra, e le sorelle Belluccia e Fortunata Piperno, tutte appartenenti alla Scola Tempio; nella Scola Nova lo erano Sara Pitigliano e le sue figlie Dolce e Stella, Fortunata Di Nola con sua figlia Angelica, le sorelle Brunetta e Lea Astrologo; nella Scola Castigliana troviamo Chiara, Anna, Fortunata e Stella Volterra; nella Scola Catalana, Giuditta e Stella Virginia Corcos.
Da queste informazioni si può supporre che l’attività didattica diventasse una sorta di impresa famigliare anche perchè, data la carenza di locali all’interno delle Scole, spesso i maestri affittavano delle stanze che fungessero da aule a proprie spese, con la sovvenzione da parte della Chevrà Talmud Torà.
Appare evidente che alle maestre all’interno del ghetto di Roma era affidato un ruolo educativo fondamentale per l’infanzia, sia femminile che maschile, in linea con quella trasformazione sociale che avrebbe preso piede nel resto d’Italia, a partire dall’Unità, e nel resto del mondo ebraico, come una delle conseguenze dell’Emancipazione.
Appendice documentaria (trascrizione parziale del documento)
Fascicolo 8 n.9, anno 1855
Minuta di regolamento pe’ la scuola delle fanciulle della nostra (ieshivà kedoshà- santa scuola) ק”י che rimase sospeso
ישיבת עץ חיים
(Yeshivat ‘etz chaìm)
La scuola delle fanciulle appartenente a questa ישיבה (yeshivà) è un istituto di insegnamento di lingua santa fino alla lettura spedita.
Versa questa retta ad una maestra la quale avrà un annuo appuntamento di 72 scudi da dividersi a 6 scudi e ogni dodicesimo.
Poi si daranno due volte al giorno dalla medesima maestra le lezioni si facero una la mattina e l’altra il dopo pranzo.
Poi si faranno dire le orazioni a ciascuna facendo il loro grado di capacità.
Sì ammetteranno in questa scuola soltanto le fanciulle appartenenti alla famiglia della classe indigente della nostra università partecipanti dell’ הספקה (haspakà – distribuzione) o צנועים) tzènuìm – modesti) Che non abbiano meno di tre anni compiuti di età.
Le ammissioni si faranno una volta ogni sei mesi, ossia nel פסח (pesach) e סוכות (succòt), quando verrà fatta l’istanza che potrà essere avanzata verbalmente al פרנס (parnàs) od altro che venisse pel’effetto incaricato, con la presentazione del certificato del segretario dell’Università comprovante che la fanciulla dice ammettersi abbia compiuto i tre anni.
Per ogni fanciulla che verrà ammessa si consegnerà alla maestra un fazzoletto di cottonina pè rivestirne alla sua venuta come si dice in appresso. Non si tollererà più l’abuso da qualche tempo introdotto di ritenere nella scuola delle alunne che venissero a dirsi soltanto le orazioni o apprendere semplicemente le lezioni poiché quelle che vogliono far parte di questa scuola dovranno intrattenervisi tutto il giorno.
Obblighi della maestra:
Sarà cura della maestra di fare spazzare una volta per lo meno al giorno la camera della scuola subito dopo la sortita delle fanciulle e far mantenere aperta la finestra della scuola un’ora prima della venuta e un’ora dopo la sortita delle alunne onde far cambiare l’aria e mantenere la scuola con pulizia la quale è veramente data sopra ogni cosa.
Dovrà la maestra in ogni mattina al venire di ciascuna fanciulla rivestirla del sacchetto che le appartiene da somministrarsi dalla confraternita appena qualunque alunna sarà ivi ammessa onde siano tutte vestite equalmente pe il che ora si daranno altrettanti fazzoletti quante fanciulle si trovano già ivi ammesse.
Non potrà fare la maestra in questa scuola alcun ufficio domestico né di lavoro e non potrà ritenervi altre alunne fuori di quelle che vi terrà pe conto della ישיבה) yeshivà) pe il quale effetto se ne terrà in elenco affisso nella scuola stessa.
Non saranno ricevute nella scuola le fanciulle se non saranno ciascun giorno ben lavate e pettinate. Non sarà permesso ad alcuna madre intrattenersi nella camera della scuola sotto qualunque pretesto ne pe imboccare le fanciulle e stando quest’ufficio a cura della maestra da farle imboccare le une con le altre in un cantone della scuola stessa.
Bibliografia
– S. H. Antonucci , P. Ferrara, L’Universitas Hebreorum e l’istruzione tra il XVIII e il XIX secolo, in La presenza ebraica a Roma e nel Lazio. Dalle origini al ghetto, a cura di R. Padovano, Esedra, Padova 2009.
-S. H. Antonucci, C. Procaccia, G. Spizzichino, La Chevrà Talmud Torah e l’istruzione nel ghetto di Roma tra XVIII e XIX sec., in Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma Capitale. L’istruzione primaria, a cura di C. Covato e M. I. Venzo, Ed. Unicopli, Milano 2007.
– S. Di Nepi, Sapere e saper fare: la formazione dei professionisti ebrei nel ghetto di Roma, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma capitale. L’istruzione primaria, a cura di Carmela Covato e Manola Ida Venzo, Milano 2007. – C. Covato, Maestre d’Italia. Uno sguardo sull’età liberale, in Storia delle Donne 8/2012 – Scuola. Riforme, sistemi educativi, insegnamento. http://www.storiadelledonne.it/ images/pdf/rivista/2012/covato2012.pdf .
– M. Ventura Avanzinelli, Le donne e lo studio della Torà in epoca tardo-antica: genesi e nemesi di un’esclusione, in Storia delle Donne 8/2012 – Scuola. Riforme, sistemi educativi, insegnamento. http://www.storiadelledonne.it/images/pdf/rivista/2012/ ventura2012.pdf .
Fonti archivistiche
– ASCER, Archivio Medievale e Moderno, Regolamento per la scuola delle Femmine, Compagnia Talmud Torà, 3Ad, f.9.
– ASCER, Archivio Medievale e Moderno, Minuta di regolamento pe’ la scuola delle fanciulle della nostra ק“י che rimase sospeso, Ez Chaim, 2DB, 1 sup. 3;
– ASCER, catalogo digitale del Censimento del 1868.
[1] 1 S. Di Nepi, Sapere e saper fare la formazione dei professionisti ebrei nel ghetto di Roma, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma Capitale. L’istruzione primaria, a cura di C. Covato e M. I. Venzo, Ed. Unicopli, Milano 2007, pp. 218.
[2] 2 S. H. Antonucci , P. Ferrara, L’Universitas Hebreorum e l’istruzione tra il XVIII e il XIX secolo, in La presenza ebraica a Roma e nel Lazio. Dalle origini al ghetto, a cura di R. Padovano, Esedra, Padova 2009, p. 261.
[3] 3M. Ventura Avanzinelli, Le donne e lo studio della Torà in epoca tardo-antica: genesi e nemesi di un’esclusione, in Storia delle Donne 8/2012 – Scuola. Riforme, sistemi educativi, insegnamento, pp. 139- 141.
[4] 4 S. Di Nepi, Sapere e saper fare la formazione dei professionisti ebrei nel ghetto di Roma, in Scuola e itinerari formativi dallo Stato pontificio a Roma Capitale. L’istruzione primaria, a cura di C. Covato e M. I. Venzo, Ed. Unicopli, Milano 2007, pp. 219.
[5] 5 Di questa confraternita non sono stati trovati documenti nell’Archivio ASCER, ma è citata in A. Milano, Il ghetto di Roma: illustrazioni storiche, Staderini, 1964.
[6] 6 ASCER, Archivio Medievale e Moderno, Compagnia Talmud Torà, 3Ad, f.9.
[7] 7 ASCER, Archivio Medievale e Moderno, Compagnia Ez Chaim, 2DB, 1 sup. 3;
[8] 8 ASCER, catalogo digitale del Censimento del 1868.