Non solo di Pesach tutto sembra più caro, ma spesso sembra anche tutto più pesante. Secondo molti Maestri la sera del Seder bisognerebbe mangiare almeno 28 g di matzà per tre volte (Motzì-Matzà, Korèkh e Afikòmen). Un bella impresa. Ma esiste una fonte italiana che va controcorrente. Qualche considerazione sul “Ka-Zait” (Kolot del 6.4.2009)
I nostri antenati apparentemente non avevano grandi difficoltà quando dovevano osservare la mitzvà di mangiare matzà. I Maestri hanno stabilito che per uscire d’obbligo bisogna consumare la misura di un’oliva e tutti sapevano cos’era un’oliva. Negli ultimi anni sono stati pubblicati articoli e anche un libro per spiegare cosa sia la misura di un’oliva, in ebraico ka-zait. In diverse Aggadòt le misure di un’oliva, sia per il consumo della matzà sia per quello del maròr (erba amara come la lattuga), vengono date in centimetri quadrati o anche in grammi.
Tutto questo è apparentemente contrario al buon senso e alle tradizioni famigliari.
Nello Shulchàn ‘Arùkh, nella sezione riguardante le regole del Sèder di Pèsach (cap. 486) è scritto: “C’è chi dice che la misura di un’oliva è equivalente a mezzo uovo”. Il commento Mishnà Berurà spiega che la misura di un uovo è quella di un uovo di dimensioni medie inclusa la buccia.
Nella Aggadà Shèvach Pèsach (Livorno, Eliezer Sadun, 1790) di Rav Ishmael Hacohen (Laudadio Sacerdote) di Modena, quest’ultimo scrive (Siman chet, daf vav) che in questa halakhà R. Yosef Caro segue la decisione delle Tosefòt nel capitolo Ghid ha-Nashè, Yomà (80a) e Keritòt (14) che affermano che un’oliva corrisponde a mezzo uovo.
R. Ishmael afferma che la misura di mezzo uovo per un’oliva è un’opinione di minoranza sostenuta solo dalle Tosefòt. Secondo il Rambam (Hilkhòt ‘Eruvìn, 1:9) il volume di diciotto fichi secchi equivale a quello di sei uova. Pertanto la misura di un’oliva non può essere equivalente al volume di mezzo uovo. Questo perchè il volume di un fico corrisponde a quello di un terzo di uovo e sappiamo che i fichi sono più grandi delle olive. L’opinione del Rambam è condivisa dal Rif e dal Rosh.
R. Ishmael fa notare che lo stesso Shulchàn ‘Arùkh nelle Hilkhòt ‘Eruvìn (368:3) scrive che la quantità di cibo sufficiente per due pasti è un volume di diciotto fichi che equivalgono a sei uova. Pertanto R. Ishmael conclude che la decisione dello Shulchàn ‘Arùkh che di Pèsach bisogna consumare almeno il volume di mezzo uovo per uscire d’obbligo delle mitzvòt di mangiare matzà e maròr, è una “Chumrà be-‘Almà”.
In conclusione, R. Ishmael scrive che quando una persona ha difficoltà a mangiare perchè è un po’ malato o è debole, può appoggiarsi ai decisori che sostengono che la misura di un terzo di uovo è sufficiente. Tuttavia non bisogna mangiare meno di questa misura perchè anche se secondo questi decisori il volume di un’oliva è inferiore a un terzo di quello di un uovo (in quanto il volume di un fico è un terzo di quello di un uovo e quello di un’oliva è inferiore a quello di un fico) non sappiamo con precisione la differenza tra il volume di un fico è quello di un’oliva. In ogni modo, secondo tutti i decisori è apparente che la quantità di matzà da mangiare per uscire d’obbligo durante il Sèder di Pèsach, e così pure la quantità di erba amara (maròr) va misurata a occhio in volume e non in centimetri quadrati o in grammi. Tanto più che dando istruzioni che la quantità di matzà o di maròr si misura in centimetri quadrati o in grammi, qualche persona poco colta, può incorrere nella trasgressione rabbinica di misurare o a pesare la matzà o il maròr di Yom Tov.
Bisogna tuttavia stare attenti che quando si stima ad occhio il volume di matzà o di maròr che equivale a mezzo uovo (a priori) o di un terzo di uovo (a posteriori o per i malati e le persone deboli), va considerato il volume senza gli spazi intermedi, come insegna la Mishnà Berurà alla fine del capitolo 486 dello Shulchàn ‘Arùkh.
Per quanto riguarda l’erba amara, quando si fa uso della lattuga, bisogna sciaquarla sotto un forte getto d’acqua e verificarla contro luce per assicurarsi che non vi siano insetti. Al giorno d’oggi, in mancanza del Qorbàn Pèsach,la mitzvà di mangiare il maròr è di origine rabbinica, e sarebbe ironico trasgredire una proibizione della Torà (di non mangiare insetti) per osservarne una di origine rabbinica.
Donato Grosser – 5 aprile 5769
(Queste considerazioni sono personali. Può darsi che siano corrette. In ogni modo è bene che i lettori approfondiscano l’argomento studiando le fonti citate nello Shulchàn ‘Arùkh e nei decisori).
Nella foga della discussione con Ariel Toaff è stata trascinata anche la credibilità delle università israeliane. Pubblichiamo una sentita e autorevole protesta a margine di uno scambio personale.
Toaff non c’entra con la qualità della ricerca in Israele
Caro David,
non si tratta di essere sensibili nella gola’, e dunque per implicazione piu’ insensibili in Israele. Si tratta di avere un minimo di competenza e onesta’ intellettuale, e tu questa volta pur avendo “pesato ogni parola” hai scritto una frase abominevole.
Ne abbiamo piene le scatole di Pappe, che infatti se ne e’ andato “in esilio”. E che li’ possa restare. Kimmerling, che era un povero mutilato disabile su una seggiola a rotelle che non poteva parlare ma solo scrivere e che suscitava soprattutto una sincera pena umana, non c’e’ piu’. Pace all’anima sua.
Toaff e’ un caso ben diverso perche’ ovviamente non ha mai contestato il diritto di Israele a esistere. Sul linciaggio pubblico di Toaff, le persone oneste dovranno un giorno svolgere una seria e pacata riflessione, critica e autocritica, perche’ dal caso specifico, al di la’ della lettura contesabile dei documenti che pochi sono in grado di fare, sono emerse soprattutto le paure e la precarieta’ della diaspora contemporanea, e questo e’ un tema troppo serio per essere lasciato a delle becere lettere al direttore o alle frustrazioni di alcuni professori concorrenti ai quali nessuno ha mai prestato attenzione.
Ho letto attentamente i contenuti del sito http://www.isracampus.org.il/ e sono sempre gli stessi quattro nomi che tornano insistentemente. Il fatto di avere al proprio interno degli oppositori viziosi, cretini e in mala fede dimostra che il sistema universitario israeliano e’ sano – molto meglio di un sistema fascista nel quale si debba prestare tutti il giuramento di fedelta’.
E’ offensivo e autolesionista dire che la buona valutazione internazionale delle universita’ israeliane dipende dal veleno degli altri, perche’ questa valutazione e’ basata su parametri obiettivi: numero di pubblicazioni scientifiche e brevetti, citazioni su giornali, rapporto numerico studenti/professori, ammontare dei bilanci di ricerca, ecc. Esistono soprattutto due classifiche, del Times di Londra e dell’Universita’ di Shanghai, e l’Universita’ di Gerusalemme appare in entrambe tra le migliori 100 del mondo, e tutte le sette universita’ israeliane sono tra le prime 500. Questo per un paese di 7 milioni di abitanti e’ lusinghiero. Cerca le sette universita’ danesi o austriache e non le troverai. Dunque viva la libera ricerca della verita’ scientifica, che non e’ necessariamente una – la mia o la tua.
Detto questo, al vilipendio come al vilipendio, e alla guerra come alla guerra. Con la speranza di trovare qui, nel giorno del bisogno, anche tutti coloro che si preoccupano dall’esterno delle vicende di Israele.
Credo sarebbe opportuno pubblicare integralmente questo scambio di vedute.
Cari saluti,
Sergio Della Pergola
Morashà aveva dedicato un’intera sezione all’affaire Toaff in occasione della pubblicazione della prima edizione. Con il massimo rispetto per le opinioni di tutti, i lettori possono giudicare se si tratta solo delle “frustrazioni di alcuni professori concorrenti”…
http://www.morasha.it/sangue/index.html