Arriva in italiano il libro tolto dalla lista delle letture consigliate (e non quindi “vietato”) dal Ministero dell’Istruzione israeliano.
Intervista a Dorit Rabinyan autrice di Borderlife una love story autobiografica ambientata in una neutrale New York
Laura Goria
Israele l’ha escluso dai programmi scolastici. Scrittori della caratura di Amos Oz, Yehoshua e Grossman sono insorti in sua difesa. Risultato: il romanzo di Dorit Rabinyan, Borderlife (Longanesi) è schizzato in cima alle classifiche. Come dire: la polemica ha generato un tam tam che gli ha fatto (solo) bene. Ma la verità è che, questa storia d’amore tra una giovane ebrea e un palestinese, in una New York che sembra di toccare con mano, è uno dei libri più belli al momento in circolazione.
Sullo sfondo dell’autunno newyorkese – il secondo in cui le Twin Towers sono state cancellate dallo skyline – inizia la love story tra Liat, traduttrice di Tel Aviv con una borsa di studio e Hilmi, talentuoso pittore che arriva da Ramallah e vive a Brooklyn. Una versione 2.0 di Romeo e Giulietta in cui l’odio tra Montecchi e Capuleti è sostituito da quello tra due popoli e una terra contesa. Ma il melting-pot di New York è campo neutrale, loro sembrano fatti l’uno per l’altra e diventano inseparabili. Le ombre calano solo quando il discorso scivola perigliosamente sulla politica o, tra telefonate alle famiglie e amici da condividere, la sintonia un po’ si appanna.
Un libro ad alto tasso autobiografico, come spiega l’autrice, che è un fiume in piena di parole, entusiasmo e simpatia.
«Nel 2002 ero a New York per promuovere il mio secondo libro, la città mi incantò e restai un anno. Poi l’incontro con un giovane artista palestinese e l’amore; ma non pensavo che la storia potesse trasformarsi in un romanzo, se non dopo quello che è successo. Il libro è il mio regalo d’addio a quest’uomo che si chiamava Hassan Hourani, morto proprio come il protagonista. Ho ritenuto mio dovere scrivere di lui e per lui. Ed ho la sensazione che se fossi stata io a morire giovane, lui avrebbe fatto altrettanto per me».
Amicizie o amori tra ebrei e palestinesi sono possibili in Israele?
«Gli israeliani non hanno alcuna possibilità di incontrare i palestinesi, a meno che non attraversino la linea 67 e possono farlo solo soldati o coloni. All’università si incontrano arabi-israeliani, ma non sono veri e propri palestinesi. Quindi questo amore non solo è inconcepibile, ma irrealizzabile».
Invece a latitudini più lontane, in una babele come New York, cosa cambia?
«Quando gli israeliani sono all’estero e incontrano altri mediorientali, che siano egiziani, arabi o altro, scatta subito una scintilla, un’attrazione immediata, perché sembianze e carattere sono simili».
La sua prima reazione alla notizia che il romanzo era stato bandito dai licei di Israele?
«Niente avrebbe potuto prepararmi ad uno scandalo simile. Ero talmente scioccata da non sapere come reagire e mi sentivo in un sogno kafkiano. Nelle prime interviste ridevo nervosamente, cercando di rispondere in modo coerente, come ci si aspetterebbe da uno scrittore».
Anche altri libri israeliani trattano il tema dell’amore tra ebrei e palestinesi. Il suo cos’avrebbe di tanto pericoloso?
«Sì, ci sono stati 2 romanzi pubblicati molti anni fa, nel 1973 e 1982. Per quanto concerne il mio il Ministero dell’Istruzione ha scritto che gli adolescenti sono così fragili che leggere il modo in cui descrivo un amore così libero sarebbe stata una tentazione. Probabilmente la funzionaria che ha stilato la relazione avrà pensato che se persino lei si era quasi innamorata di Hilmi, allora tutte le ragazzine sarebbero corse in Cisgiordania per trovarsi un fidanzato palestinese. Ridicolo!».
Molti insegnanti hanno detto che comunque incoraggeranno gli allievi a leggerlo, allora c’è chi non teme un’apertura tra i 2 popoli.. Che clima si respira oggi nel paese?
«Israele è divisa in due: chi è pro liberalismo e i conservatori, che sembrano la maggioranza, perché da circa 10 anni siamo governati da quello che definirei un “tiranno democratico”. Netanyaohu con la sua leadership ha quasi schiacciato la democrazia».
Qual è il segreto dell’amore tra Liat e Hilmi?
«C’è anche una sorta di lotta nella loro relazione, quando la reciproca lealtà è sopraffatta dal loro attaccamento alle radici. Ma restano insieme perché il loro amore è come un frutto proibito. Cercano di godersi l’armonia e il piccolo dolce boccone di come potrebbe essere la pace, se esistesse».
Se la strada da Ramallah a Tel Aviv è impercorribile e rischiosa, perché Hilmi finisce sulla spiaggia di Giaffa?
«È la mia esperienza, ma c’è anche una connotazione politica. Come lui ci sono davvero ragazzi palestinesi che, pur essendo della zona, non hanno mai potuto vedere il mare. Riescono ad entrare in Israele e raggiungere Giaffa; ma non sanno nuotare e spesso affogano».
Chi è Dorit Rabinyan? Come si descriverebbe?
«Vivo a Tel Aviv e mi considero figlia di Israele. Però spesso ho delle fantasie ed immagino di emigrare in paesi in cui la vita sia più facile e meno stressante. Ma alla fine mi identifico così tanto nel posto in cui sono nata che accetto di essere quasi condannata a restarci per sempre».
L’ ispirazione per i suoi romanzi da dove arriva?
«Ne ho scritti 4, di cui 3 pubblicati. Di solito un terzo è rappresentato dai ricordi, il resto da invenzione e fantasia, mischio tutto ed ecco che arriva il libro. In questo caso, dopo 6 anni».
E quando non scrive cosa ama fare?
«Vivo la mia vita. Amos Oz ha detto che essere scrittore è un po’ come avere un chiosco: sei lì che aspetti i clienti e, se anche non arrivano, lo tieni aperto fino all’ora di chiusura. Poi cerchi di capire se è stata una buona giornata o no. Essere una scrittrice è tutto quello che faccio e che so fare».
Nella sua visione del futuro cosa vorrebbe?
«Tantissime cose. Lei è mica una fata che per caso esaudisce desideri?».
PS L’immagine è tratta da un’altra bella storia d’amore tra nemici: Il Portiere di Notte.
http://www.marieclaire.it/Attualita/interviste/intervista-a-Dorit-Rabinyan-su-borderlife#1