Qehillot Ya’aqov, cap. 1; Yosef Da’at Bavà Qam)
La Toràh (Vaiqrà 24,21) stabilisce che “ chi percuoterà a morte un animale dunque lo pagherà”, ma non è detto esplicitamente nella Toràh che è vietato provocare danni (può esistere una difficoltà rispetto al divieto di Bal Tashchit, secondo quelli che sostengono che si riferisca ad ogni cosa, e non unicamente agli alberi, ad esempio il Rambam Hilkhot Melakhim 6,10-1; in ogni caso il Qehillot Ya’aqov segnala che ci sono casi in cui non c’è il divieto di Bal Taschit, per esempio quando si ottiene un vantaggio per sé o per altri per via del danno). D’altra parte vediamo chiaramente come sia permesso lasciare un animale nella proprietà pubblica, e nonostante questo se l’animale provoca un danno siamo tenuti a risarcire.
Il Tur (inizio del cap. 378 di Choshen Mishpat-2) collega il divieto di danneggiare a quello di rubare e rapinare, e secondo il Prishà (3) questo si applica anche quando chi comporta ha il danno vuole risarcire, allo stesso modo del furto e della rapina, che sono vietati anche quando si intende restituire il maltolto (Tur, Choshen Mishpat 348,1 – 4; 359, 3 – 5). Il Bach (378,1 -6) esprime lo stesso parere. Qehillot Ya’aqov riporta una ghemarà in Qiddushin (42b-7), dalla quale si ricava che, non solamente bisogna risarcire, ma anche che è vietato fare danni: chi manda qualcosa che può provocare un incendio tranne un sordomuto, un pazzo o un minore, il mandante è esente dal risarcire per il diritto umano, ma non per quello divino. Mentre se la affida a una persona normale, è quest’ultima a dovere risarcire e non il mandante. La ghemarà si chiede perché è così, c’è un principio generale secondo il quale l’inviato di una persona è come la persona stessa!
La ghemarà risponde che non si può essere inviati per fare un peccato. Da qui possiamo quindi comprendere che fare danni, oltre a comportare il risarcimento, è vietato. Tuttavia non è ancora chiaro se si tratta di un divieto della Toràh, o piuttosto un divieto di origine rabbinica. Qehillot Ya’aqov cita una ghemarà in Bavà Qamà (51) che riporta lo stesso ragionamento, rispetto ad un inviato incaricato di scavare un pozzo nella proprietà pubblica. La ghemarà nuovamente obietta che non si può essere inviati per compiere una trasgressione (su quale sia la trasgressione può trattarsi o del divieto di rovinare la proprietà pubblica, che è un divieto rabbinico – Mishnè lamelekh, o quello di non mettere un inciampo davanti al cieco – Meshekh Chokhmà, ed in questo caso sarebbe un divieto della Toràh).
Che nel fare danni ci sia un divieto rabbinico tuttavia è palese: difatti la ghemarà in Bavà Batrà (22b-23a-8) dice che nei neziqin non è vietata solamente l’azione diretta, ma anche quella provocata (grama), e quindi è ovvio che l’azione diretta è almeno altrettanto vietata, riportando due esempi: se ci sono due cortili adiacenti con un muro in mezzo, ed uno dei condomini ha una colombaia vicino al muro, è vietato mettere una scala nei quattro cubiti adiacenti la colombaia, perché una mangusta potrebbe salire sulla scala e raggiungere la colombaia, e questo anche secondo l’opinione di R. Yosè, il quale sosteneva che una nel proprio cortile fa quello che vuole. Infatti questo si può dire quando non c’è un danno al condomino, e questo è valido anche quando il danno è indiretto come nel nostro caso. La ghemarà riporta un altro caso di Rav Yosef che aveva delle palme. Delle persone andarono sotto le palme per fare dei salassi, e i corvi furono attratti dal sangue, salirono e rovinarono i datteri. Rav Yosef disse di mandare via i salassatori, ed anche in questo caso il danno è indiretto. Il Mabit (Qiriat Sefer, Hilkhot Nizqè Mamon 5-9) ritiene che il divieto di fare danni pagando sia effettivamente di origine rabbinica, ma dalle sue parole possiamo intendere che chi fa un danno e non paga trasgredisca ad un divieto della Toràh. Tuttavia la voce del Mabit è abbastanza isolata, visto che la stragrande maggioranza dei poseqim ritiene che danneggiare sia un divieto della Toràh. Molti non accettano l’approccio del Mabit, perché anche se non si individuasse un verso della Toràh per fondare il divieto, si potrebbe sempre dire che è logico che sia così, e la Toràh non ha bisogno di dirlo.
Ci sono molti approcci differenti sulla fonte dalla Toràh del divieto, di cui ne riporteremo solo alcuni:
1) Il Yad Ramà (Bavà Batra 26a-10) ritiene che il divieto sia o “non mettere inciampo davanti al cieco” o “ama il prossimo tuo come te stesso”. Sul primo divieto il Minchat Chinukh è in dubbio se questo si applichi unicamente all’inciampo collegato a trasgressioni o anche ad aspetti materiali.
2) R. Yonàh nell’introduzione al Pirqè Avot (11) ricava tutti i neziqin dal divieto di rapinare.
3) Molti acharonim, fra cui lo stesso Qeillot Ya’aqov, lo ricavano all’obbligo di restituire gli oggetti perduti: se in generale si devono tutelare i beni altrui, tanto più varrà rispetto a danni effettuati direttamente.
4) R. Chayim di Brisk ritiene che il divieto si ricavi da parashat Mishpatim, quando scrive che i padroni non hanno sorvegliato il toro. Da queste parole impariamo che c’è un obbligo di sorvegliare, e quando si disattende a quest’obbligo si commette una trasgressione. Inoltre scrive a nome del Chatam Sofer (Choshen Mishpat 79) che fa parte della mitzwàh di mettere dei giudici, che sono tenuti ad evitare che ci siano danni.
Una conseguenza della presenza o meno del divieto riportata dal Bach (Choshen Mishpat 34,12-12) è legata alla possibilità di testimoniare del danneggiatore, anche se intenzionato a risarcire mentre danneggiava.
Un’altra conseguenza, riportata da Yosef da’at è se l’obbligo di sorveglianza respinge divieti di origine rabbinica, come ad esempio quello del muqzèh (chiaramente non si parla di casi in cui c’è pericolo di vita), o se ad esempio se si è impegnati a sorvegliare e c’è il rischio di andare oltre al tempo massimo della Tefillàh. Per questo è rilevante sapere se la sorveglianza è una mitzwàh, o piuttosto corrisponde ad un divieto. Rav Chayim Qanievsky ha risposto a questa domanda che “apparentemente è un divieto”.
מקורות
1) ולא האילנות בלבד, אלא כל המשבר כלים, וקורע בגדים, והורס בנין, וסותם מעין, ומאבד מאכלות דרך השחתה, עובר בלא תשחית, ואינו לוקה אלא מכת מרדות מדבריהם.
2) כשם שאסור לגנוב ולגזול ממון חבירו כך אסור להזיק ממון שלו אפילו אם אינו נהנה כיון שמזיקו בין במזיד בין בשוגג חייב לשלם
3) נראה דבא לומר דיש איסור בדבר אפילו אם רוצה לשלם לו היזקו כמו שיש איסור בזה בגניבה ובגזילה דנתבאר בהו ממ”ש (ויקרא יט יא) לא תגנובו שהוא מיותר כמ”ש בריש סימן שמ”ח (ס”א) בגניבה וגם בריש סימן שנ”ט (ס”ג)
4) אסור לגנוב אפילו כל שהוא אפי’ דרך שחוק ואפי’ ע”מ להחזיר או ע”מ לשלם הכל אסור שלא ירגיל עצמו בכך וכל הגונב אפי’ ש”פ עובר על לאו דלא תגנובו וחייב לשלם
5) ואסור לגזול אפילו ע”מ לשלם
6) כלומר לא תימא דליכא איסורא אלא לגנוב ולגזול כדכתיב בקראי [נ”א בקרא] אבל להזיק ממון שלו אין בו איסור אם משלם לו ההיזק אלא איסורא נמי איכא
7) והא דתנן: השולח את הבעירה ביד חרש שוטה וקטן – פטור מדיני אדם וחייב בדיני שמים, שילח ביד פיקח – פיקח חייב; ואמאי? נימא: שלוחו של אדם כמותו! שאני התם, דאין שליח לדבר עבירה
8) מרחיקין את הסולם מן השובך ארבע אמות, כדי שלא תקפוץ הנמייה…לימא, מתניתין דלא כר’ יוסי, דאי ר”י, הא אמר: זה חופר בתוך שלו וזה נוטע בתוך שלו! אפילו תימא ר’ יוסי, הא אמר רב אשי, כי הוינן בי רב כהנא הוה אמר: מודי רבי יוסי בגירי דידיה, ה”נ זמנין דבהדי דמנח ליה יתבא בחור וקפצה. והא גרמא הוא! א”ר טובי בר מתנה, זאת אומרת: גרמא בניזקין אסור. רב יוסף הוה ליה הנהו תאלי דהוו אתו אומני ויתבי תותייהו, ואתו עורבי – אכלי דמא וסלקי אבי תאלי ומפסדי תמרי, אמר להו רב יוסף: אפיקו לי קורקור מהכא. א”ל אביי: והא גרמא הוא! א”ל: הכי אמר רב טובי בר מתנה, זאת אומרת: גרמא בניזקין אסור.
9) מה שאסור לאדם להזיק ולשלם, נראה דהוי מדרבנן
10) דאסיר למגרם מידי דאתי מיניה היזקא לאינשי, אי משום ‘לפני עור לא תתן מכשול’ (ויקרא י”ט, יד) ואי משום ‘ואהבת לרעך כמוך’ (שם, יח)
11) כתוב ‘לא תגזול’ (שם, יג), וכל נזיקין בכלל אותו הלאו
12) כ”כ הרמב”ם בפ”י אלא שהוסיף ואמר אף על פי שהחזיר פסול לעדות מעת שגנב וגזל אבל רבינו השמיט זה מפני שסובר דבחזרת ממון מתכשר דלא כהרמב”ם ויתבאר בסמוך סט”ו. וראיתי במרדכי הארוך בשם ה”ר יקיר דהמזיק לחבירו במזיד אף על פי שדעתו בשעה שמזיק לשלם לו ההיזק נקרא רשע … אלמא דרשע גמור הוא וראוי לפסלו לעדות ולשבועה והוא הדין חובל בחבירו במזיד