Da Firenze una critica all’articolo su Kolòt di ieri di rav Della Rocca sul futuro dell’educazione ebraica
Hulda Liberanome
Caro rav Della Rocca, Lei pone domande della massima importanza per il futuro dell’ebraismo ed in definitiva non solo dell’ebraismo italiano . Quale è , la cito, l’ebreo che vogliamo aiutare di formare e più in là scrive che dobbiamo iniziare a sviluppare una visione dell’identità ebraica attuale e autonoma. Giusto. Ma quale ebreo , vogliamo formare è la domanda che si chiedono in moltissimi nel mondo ebraico e le risposte sono molteplici e diverse perchè per la nostra tradizione e direi fortuna non abbiamo un papa che decide ed impone le sue decisioni; noi siamo il popolo delle eterne discussioni, scambi di opinioni e risposte non sempre identiche agli stessi quesiti.
Lei parla del sistema educativo ebraico basato non del passaggio dalla teoria alla pratica ma vice versa. Perché non contemporaneamente, mi domando. Credo che oggi per molti giovani e non questo sistema non convince , potrebbe portare alla superficialità,alla ripetizione meccanica del rito,troppo spesso senza capirne il motivo, il profondo significato e l’eventuale riferimento storico. Sembrerebbe, se ho ben capito, che l’ebreo che si vuole formare é quello, osservante, che sa e vuole approfondire .Nella migliore dei casi, mi sembra , una soluzione diretta ad una minoranza.
L’ignoranza della quale Lei parla, a mio parere molto giustamente, non é limitata alle mizvot, alle preghiere ,alle usanze rituali . Tempo fa , per un articolo,avevo fatto un’ indagine chiedendo a giovani e soprattutto a meno giovani più o meno quando furono distrutti i templi di Gerusalemme e da chi, cosa era la mishna quando e dove fu scritta e qualche cosa ,per quanto vaga, dei talmudim babilonese e yerushalmi, la nostra diaspora perché quali direzioni ha preso e perché, e a qualcuno ho anche chiesto come spiega il fatto che nonostante tutto abbiamo resistito e esistiamo. Moltì,a mio avviso troppi non sapevano rispondere se non molto troppo vagamente Penso che anche questo abbia la sua importanza per la nostra formazione come qualche conoscenza della storia di Israele che potrebbe aiutaci ad affrontare la profonda ignoranza che troppo spesso ci circonda e delle volte non ci rende facile la quotidianità.
Aggiungo una nota personale. Sono cresciuta in una casa strettamente osservante e sono andata ad un liceo” osservante” dove le tefillot si dicevano ogni mattina e si studiava anche il talmud. Era considerato fra i migliori in Israele . I compagni di scuola venivano,quasi tutti , da case come la mia. Eppure la stragrande maggioranza dei compagni che conosco ha abbandonato la vita da “osservante” , si dichiarano “laici”. Perchè? Penso che chi si occupa dell’educazione dei giovani e chi ha un peso nella vita delle nostre comunità qui e altrove dovrebbe porsi alcune domande sul nostro futuro di ebrei, certo domande alle quali non è facile rispondere ma é urgente farlo.
A Gerusalemme , un noto rav ,che non posso citare senza un esplicito permesso, mi parlò delle enormi difficoltà in cui si trovano rabbini ed educatori in Israele e altrove nell’affrontare le realtà in Israele e altrove per i cambiamenti radicali dettati dalla tecnologia, dal fatto che Israele è uno Stato indipendente a maggioranza ebraica e soprattutto dai radicali cambiamenti dell’organizzazione della vita della famiglia media . E’ un argomento che meriterebbe ,penso, un ampio e sincero dibattito pubblico nelle nostre comunità.