Andrea Y. Lattes – Università Bar Ilan e Università Ebraica di Gerusalemme
Una delle figure piu` affascinanti e tra gli intellettuali piu` eclettici ed originali dell’ebraismo del Seicento, fu Rabbi` Moshe` Zacuto. Zacuto nacque ad Amsterdam intorno al 1610, da una famiglia di origine portoghese, e studio` ad Amsterdam, Amburgo e Poznan. Quindi decise di partire per la Terra di Israele, e nel 1644 circa giunse a Venezia, dove invece si fermo` e qui` funse da rabbino, hazan, predicatore, maestro, scrittore, stampatore e correttore di bozze. Nel 1673 si trasferi` a Mantova per ricevere la cattedra di Rabbino Capo, dove mori` nel 1697[1].
Zacuto ricopri` un posto centrale nell’ambito delle comunita` ebraiche non solo italiane, e fu uno dei maestri e dei leader comunitari piu` seguiti e piu` apprezzati dagli ebrei del tempo. Ma in particolar modo fu un innovatore nel campo intellettuale: si occupo` di Halakha, Qabbala` e letteratura, ideo` probabilmente l’enigma ebraico, ed introdusse in Italia la mistica di scuola luriana. La sua produzione spazia infatti dal sonetto barocco ai responsa rabbinici, fino ai manuali di mistica e di magia. L’opera letteraria del Zacuto, comprende sostanzialmente tre generi diversi: la poesia, l’enigma, a cui va dedicato un discorso a parte, e le opere teatrali.
1. La poesia
Il posto che occupa Zacuto nel contesto della letteratura ebraica spagnola del Seicento, lo si apprende da un elenco di poeti e letterati del periodo, composto dal famoso scrittore Daniel Levi De Barrios, anche lui di origine marrana:
Moseh Sacuto en su escuela
aprende la ley divina,
que virtudes encamina
y atenciones encarcela:
con debota pluma buela.
Jaxam del kahal Mantuano,
como antes del Veneciano,
en la ciencia y religion
que alas da a` la devocion
y a los caidos la mano[2].
Il poeta Ya’aqov Frances parlando dei poeti veneziani, scrisse che in tutta Venezia vi erano soltanto tre bravi poeti, tra cui Zacuto:
e chi e` come Rabbi` Moshe` Zacuto, che nella poesia ha nove decimi del merito, e niente delle sue parole e` perso, e nel suo stile non c’e` nessuno come lui e neanche vi sara`. La sua poesia e` tra quella dei suoi compagni come un diamante tra le pietre[3].
La poesia di Rabbi` Moshe` Zacuto, e` per la maggior parte poesia religiosa. Compose poesie per rituali speciali come i Tiqqunim[4], poesie d’occasione e sonetti. Perfino le elegie che scrisse in onore di famosi rabbini scomparsi furono scritte in poesia. Le poesie che Zacuto compose, sono secondo Schirmann, tutte scritte secondo il gusto barocco del suo tempo, ed anche se mancano i temi come l’ amore per le donne, e le espressioni volgari, che si trovano invece nelle poesie dei suoi contemporanei piu` famosi, come i fratelli Ya’aqov e Immanuel Frances, non c’e` dubbio che le ha composte sotto l’influenza di poeti spagnoli e italiani del Seicento[5].
Una antologia delle opere del Zacuto non esiste, dal momento che soltanto una parte e` stata stampata, ed il resto e` ancora manoscritta. Una raccolta di poesie mai stampata e` il פרדס משה (Il giardino di Mose`), che contiene delle belle lettere, belle e care poesie, molte delle quali scolpite sulle lapidi di personaggi illustri e importanti[6].
Tre poesie del Pardes Moshe` furono pero` pubblicate da Habermann: <<una poesia su un brutto avvenimento accadutomi un giorno>>, che racconta come una volta fu assalito da dei briganti; <<parole di ammonimento>>, sul tempo che scorre ed il destino dell’uomo; e la terza e` una poesia satirica sull’avaro[7]. Oltre a queste, Davidson elenca 70 poesie di Moshe` Zacuto[8], conosciute e sparse in vari Tiqqunim, o composte in occasione di un nuovo libro appena stampato o di qualche personaggio. Molte, come forse la maggior parte delle opere del Zacuto, furono scritte a Venezia, nonostante non sia possibile datare ogni sua opera o libro, che generalmente non riportano date.
La raccolta di poesie chiamata הן קול חדש (ecco una voce nuova), stampata soltanto una volta ad Amsterdam nel 1712, e` una raccolta di canti per lodare [il Signore] durante le festivita` e le ricorrenze.
Questa raccolta comprende 33 poesie, ognuna dedicata ad un giorno particolare. Alcune di queste poesie, sono poi state aggiunte al libro סליחות לאשמורת הבקר כפי מנהג ק”ק ספרדים (Preghiere di perdono da dirsi all’alba, secondo l’uso delle comunita` sefardite), pubblicato a Venezia nel 1735, con il titolo: <<canti del rabbino e mistico divino Rabbi` Moshe` Zacuto, perche` il pubblico le dica all’alba di ogni giorno>>[9]. La prima poesia riporta all’inizio la parola<<אבגית”ץ>>, che sono le iniziali del verso liturgico <<אנא בכח גדולת ימיניך תתיר צרורה>> (Deh, con la forza della potenza della tua destra libera l’oppressa)[10] , ed e` dedicata al giorno della domenica. Queste poesie venivano lette e cantate in pubblico secondo musiche popolari. Questo lo si capisce sia dal ritornello, che dalle annotazioni sul libro stesso, come: <<un’ altra per il giorno della domenica secondo la musica di “durante le notti sul mio giaciglio”>>, scritta sopra la seconda poesia; o anche: <<un’altra per la domenica, musica “alla mattina mi son svegliato”>>, scritta sopra la terza poesia. Perfino potevano essere cantate secondo canzoni alla moda, come ad esempio sopra il <<canto per il giovedi`>> e` scritto: <<musica “dormi mia bella”>>[11]. Tutte queste poesie sono costituite da una struttura fissa e da rime, alcune usano un linguaggio semplice, e sono preghiere abbastanza semplici, ma altre si basano su concetti cabalistici, come quella dedicata al capomese di Elul[12]. Forse la maggior parte delle poesie che si basano sulla mistica sono state scritte negli ultimi anni del Zacuto[13]; inoltre molte sono acrostici, che formano il nome dell’autore oppure versetti o anche proverbi. Ad esempio la poesia dedicata al lunedi`, le cui iniziali di ogni strofa formano <<קרע שטן הצעיר משה זכות>> (distruggi il Satan, il giovane Moshe` Zacuto)[14].
Dopo i canti dedicati ai sette giorni della settimana, segue una poesia dedicata al capomese di Nissan e una al capomese di Av, e tutte e due formano un acrostico con il nome <<Moshe` Zacuto>>. Poi viene una poesia dedicata alla festa di Sukkoth, e alcune altre dedicate a Hanukka`, come questa:
ה’ צו אל בניך, מזורך לכאבם נצח/ שמחות מאת פניך, נעימות בימינך נצח/ הדרך יזהיר אורך, שפע זיו שבעת נרך/ ערפל כסה צריך, ואור בל ראה לנצח/…
Oh Signore, da ai Tuoi figli, la Tua medicina per il loro eterno dolore/ la gioia del Tuo volto, la bonta` eterna della Tua destra/ che il cammino risplenda della Tua luce, l’abbondanza dello splendore del Tuo lume/…[15].
Quindi una dedicata a Purim:
הוד מלכותיה עושה פלא, בלשון עם קדשו ינעם, וימי הפורים האלה, זכרם לא יסוף מזרעם…
Lo splendore del Suo regno fa prodigi, la lingua del Suo santo popolo cantera`, e la memoria di questi giorni di Purim, non verra` dimenticata dalla loro discendenza[16].
Due poesie sono dedicate al Nove di Av, la seconda e` fatta da giochi di parole tipici del Zacuto, e praticamente intraducibili:
גוזל נגזל יזל, דמע בנהי קינים/ מוזל מזל יאזל, נודד מכל קינים/ בבכי אונים אף בשאונים ובאין אונים/ יפעה תעה, נלאה יגאה, עד כי ילאה דם כשנים על פי רוב השנים[17].
Dopo le poesie dedicate a ricorrenze particolari, ci sono anche due poesie dedicate alle citta` sante di Gerusalemme e di Hebron, anche queste strutturate con un verso che apre ed uno che chiude. Forse queste due poesie sono state scritte in occasione di qualche messaggero arrivato a Venezia queste citta`[18].
Alla fine del volumetto, e` stata poi aggiunta una poesia dedicata alla festivita` di Shavu’ot, scritta in aramaico e basata su concetti mistici:
כל עלמין אחסין בתיקונין ומשבחין כולהו ליחודיה, תדיר זריזין על קימוהי זאעין ודחלין מן קדמוהי…
Tutti i mondi si riparano sotto le Sue Emanazioni e lodano la Sua Unita`, si innalzano timoranti davanti a Lui[19].
Di questa poesia viene riportata una spiegazione delle parole aramaiche e dei concetti mistici. Poi vengono altre cinque poesie, ed una aggiunta al Tiqqun di Hosha’ana` Rabba`, secondo l’usanza di Rabbi` Ytzhaq Luria, il famoso cabalista di Safed.
Zacuto compose anche molti sonetti e catene di sonetti. Il sonetto fu introdotto nella letteratura ebraica da Immanuel Romano nel Trecento in seguito al Dolce Stil Novo, e per un periodo di tre secoli non venne piu` usato, finche` fu ripreso nel sedicesimo secolo[20]. Una buona parte della prima opera teatrale del Zacuto, il יסוד עולם (il pilastro del mondo), e` formata da catene di sonetti. Cio` che pero` colpisce del sonetto del Zacuto, non e` tanto la catena, che era gia` stata inventata prima di lui, ma un linguaggio enigmatico […] con rime eccezionali[21].
Un esempio dello stile tagliente che piaceva al Zacuto, e che troveremo poi anche negli enigmi, e` il sonetto ,<<אם שית כל שיר בין שוא שת קן>> dove si raggiunge il massimo della complessita` barocca[22].
Tra le molte poesie composte per la scomparsa di rabbini famosi, vi sono quelle per la scomparsa di Rabbi` ‘Azaria Figo, stampata nel Kol ‘Ugav di Rabbi` Avraham Piperno, o quella che scrisse per la scomparsa di Rabbi` Yom Tov Heller, l’autore delle Tosafot Yom Tov sulla Mishna`[23]. Ma l’elegia piu` famosa del Zacuto, e` quella che compose per la scomparsa di Rabbi` Saul Levi Mortera, pubblicata poi dal Kaufmann cento anni fa. Questo componimento e` costituito da una catena di sette sonetti oltre all’introduzione, ed ogni strofa termina con il ritornello <<בנות ישראל אל שאול בכינה>> (O figlie di Israel, piangete per Saul), ed il Rav Mortera viene chiamato, <<mio maestro, mio rabbino e mio padre>>[24]. Anche quando scomparve Rabbi` Samuel Aboav nel 1690, il Zacuto compose un’elegia. Questa e` composta da una poesia di quattordici strofe in quartine, con la rima A-B-A-B, e che inizia con le parole <<קול הצירים הזה תחת השיר…>> (una voce di dolori e` invece del canto)[25].
Era allora in uso che i rabbini componessero per i libri appena stampati un ammonimento a rispettare i diritti d’autore, minacciando di herem o scomunica, chi non li avesse rispettati ristampando il libro senza autorizzazione[26]. Questi avvertimenti venivano stampati all’inizio del libro stesso, e molto spesso comprendevano delle poesie particolari e un’introduzione al libro, potendo in tal modo divenire opere letterarie indipendenti.
Gli ammonimenti e le introduzioni scritte dal Zacuto, si trovano in molti dei volumi stampati in Italia in quegli anni, anche perche` e` probabile che una delle entrate del Zacuto provenisse proprio dalla correzione delle bozze e la stampa dei libri. Infatti, l’elenco dei libri rivisti e corretti dal Zacuto, o comprendenti una sua introduzione, e` molto lungo, e comprende praticamente tutti gli anni della sua permanenza in Italia. Ad esempio, Zacuto aiuto` Rabbi` Nathan Shapira, il messo arrivato a Venezia nel 1655, a stampare i suoi libri[27], e scrisse un’introduzione ed una poesia particolare per il libro Hevel bene` Yehuda` di Rabbi` Yehuda` Habillo[28].
2. L’enigma ebraico
Tra le prime composizioni che Zacuto scrisse a Venezia, c’e` il genere letterario dell’enigma, a cui Dan Pagis ha dedicato un’ampia ricerca. Questi enigmi comprendevano una poesia corta o lunga, che era l’enigma stesso, un disegno ed una introduzione all’enigma che si chiamava figura o emblema dell’enigma, e allusioni di vari tipi come il <<lo’ez>>, cioe` la parola della soluzione in lingue diverse dall’ebraico, inserita pero` nella poesia ebraica e nascosta come fosse una parola ebraica. Tutti questi elementi portavano in un modo o nell’altro alla parola della soluzione, ma contemporaneamente formavano un genere letterario complesso ed elaborato. L’enigma letterario era quindi caratterizzato dall’arguzia della poesia, dalla struttura dell’enigma e dalla sua complessita`, tipiche del periodo del barocco[29]. A volte questi enigmi, contenevano anche temi mistici[30], o argomenti astratti come <<l’onore>> o il numero <<sei>>[31]. L’enigma ebraico appari` per la prima volta intorno al 1645 in Italia, poi nell’ambiente spagnolo di Amsterdam, e subito divenne di moda[32].
Enigmi simili furono composti in ebraico gia` prima del Zacuto, ma egli porto` ad una cristallizzazione dell’enigma con l'<<emblema>> e il <<lo’ez>>[33]. Forse proprio la <<figura>> dell’enigma rappresentava lo spirito del barocco, che perseguiva l’aguzzamento dell’ingegno[34]:
questi enigmi lunghi e complessi esprimono, come ogni enigma, l’aspirazione ad affrontare cio` che e` nascosto, e svelare i suoi segreti; ma oltre a questo esprimono lo spirito di quel periodo, il barocco, che vedeva il mondo come un labirinto misterioso, e propendeva per gli studi esoterici, per lo stile contorto e pieno di arguzie. Gli elementi ebraici tradizionali, come il computo numerico delle lettere, gli acrostici, i giochi di lettere e di nomi, e cosi` via, raggiungono negli enigmi figurati una complessita` eccezionale, a cui si aggiungono anche gli elementi della letteratura europea di quel tempo[35].
Pagis pubblico` nel suo libro come esempio, tre enigmi di Moshe` Zacuto: il primo enigma e` sul <<sole>>, composto da una poesia di 46 righe, con un’introduzione, e scritto in prosa rimata. Il secondo enigma, e` sul <<sei>>, ed e` una poesia composta da dieci strofe di cinque righe ognuna. Il terzo e` su <<l’onore>>, e comprende un’ introduzione rimata che sarebbe la <<figura dell’enigma>>, ed una poesia in terzine di 42 righe, che allude alla parola della soluzione, usando pezzetti di versi biblici. Per esempio, il verso <<אל הצבאות לי לשר ומלך>> (Il Dio delle Schiere e` come un ministro ed un re)[36], naturalmente intende l’onore del re; e la parola straniera e` spezzata in due <<און אור יקרות בי אשר ממעל>> dove <<on>> e <<or>> si uniscono in <<onor>>. Questi enigmi richiedevano anche una vasta conoscenza soprattutto della Bibbia, che il pubblico sapeva normalmente a memoria, ma anche del Midrash, Halakha, Qabbala`, musica, astrologia, e mitologia classica[37]. Inoltre la parola straniera non era solo in italiano, ma poteva essere anche in spagnolo o in altre lingue, il che dimostra come queste fossero diffuse e conosciute sia dall’autore, che dal pubblico a cui l’enigma era rivolto. A volte l’enigma poteva venire poi letto nelle accademie. Moshe` Zacuto stesso raduno` quindici lunghi enigmi con l’emblema scritto a parole, ed altre con il <<lo’ez>>, in una raccolta di sue poesie rimaste manoscritte[38], composte soprattutto per varie occasioni, come matrimoni, con lo scopo di divertire il pubblico[39].
3. Le opere teatrali
La prima opera teatrale del Zacuto, e` il Yesod ‘Olam (il pilastro del mondo), scritto nel periodo della gioventu`, forse ad Amsterdam o ad Amburgo[40]. Nell’edizione del Berliner del 1874, viene infatti detto nel frontespizio: <<l’ha composto nei giorni della giovinezza […] Rabbi` Moshe` Zacuto, sia la memoria di un giusto in benedizione>>.
Il libro descrive con profondita` filosofica e religiosa la lotta di Abramo contro l’idolatria, e la vittoria della fede monoteistica, e tratta argomenti come la Creazione del mondo, gli attributi del Signore, e la natura del bene[41]. Moshe` Zacuto uso` tutti i testi tradizionali dell’ebraismo, ma soprattutto baso` l’opera su famosi brani del Midrash. E` probabile che avesse intenzione di scrivere una biografia di Abramo[42], poiche` il racconto inizia con la gioventu` di Abramo, e forse doveva terminare con la sua vecchiaia[43]. Invece il testo giunto a noi e` mancante alla fine, e l’edizione stampata comprende soltanto due terzi dell’opera originale. Il Maroni, che la pubblico` a Livorno, non se ne accorse e divise il testo in tre atti, e gli atti in scene[44].
Il Yesod ‘Olam e` stato scritto con una tecnica particolare, cioe` con una lunga lista di sonetti collegati tra loro in una catena. L’opera comprende 42 sonetti e mezzo, e supera quindi ogni altra composizione[45]:
Il giovane poeta dimostra una sveltezza eccezionale nella rima. Tutta l’opera e` scritta in rime che scorrono facilmente. Zacuto abbandona l’antica e complessa metrica araba, e preferisce invece una metrica piu` veloce e brillante, composta da quattro vocali, ma soprattutto preferisce il sonetto che gia` Immanuel Romano introdusse nella letteratura ebraica[46].
Questi sonetti terminano spesso con un versetto biblico:
Nel Yesod ‘Olam, il sonetto religioso raggiunge una freschezza particolare basata su un’ampia concezione. Con grande impeto (Il Yesod ‘Olam supera come numero di sonetti, perfino i Quaderni di Immanuel Romano), si intreccia nel sonetto un motivo ampio, importante, nuovo e coraggioso. La trama, la discussione teologica e filosofica, retorica e patetica, le grandi costruzioni prosodiche su una base allegorica significativa, tutte queste portano il sonetto religioso del Yesod ‘Olam a dei livelli che fanno dimenticare le dimensioni limitate in cui era nato, all’inizio del Trecento[47].
Nei letterari ebraici del Seicento, era uso diffuso comporre drammi ed opere teatrali, sia come esercizio letterario, sia anche per rappresentarli poi in pubblico a Purim o in qualche altra occasione, o perfino nelle accademie di studio. Infatti gia` nel Cinquecento furono composte opere teatrali per questi scopi da vari autori, sia in Italia sia nella comunita` portoghese di Amsterdam[48]. Questi letterati erano influenzati dalla cultura rinascimentale europea e conoscevano le opere di Lope De Vega e di Cervantes[49]. Gli scrittori di origine iberica, come Moshe` Zacuto, usavano infatti modelli letterari classici della letteratura andalusa, integrata con la tradizione biblica e rabbinica[50]: su questo sfondo letterario fu scritto il Yesod ‘Olam.
Non e` da escludere che dietro quest’opera vi siano echi della polemica sull’immortalita` dell’anima. Questa polemica, che scosse fortemente la comunita` portoghese di Amsterdam, inizio` con la pubblicazione delle tesi di Uriel da Costa (1585-1640), nel volume Sobre a mortalidade da alma do homem, dove sosteneva appunto che l’anima umana fosse mortale. Forti furono le reazioni dei piu` elevati esponenti dell’ebraismo dell’epoca, tra cui Menasseh ben Israel, contemporaneo del Zacuto, che espresse nell’ opera Nishmat Hayim (l’anima della vita), la convinzione che l’anima dell’uomo preesistesse alla sua nascita[51]. Anche il maestro di Zacuto, Rabbi` Saul Levi Mortera, scrisse un’opera sull’argomento. E` possibile quindi tracciare un collegamento tra il tema dell’immortalita` dell’anima e il Yesod ‘Olam. Questa tesi viene rafforzata dall’opinione del Melkman, secondo la quale la figura di Nimrod nel Yesod ‘Olam, rappresenta il miscredente secondo Zacuto[52]. Cosi`, egli scrive, e` possibile che:
il Yesod ‘Olam sia stato scritto, almeno in parte, sotto l’influenza della polemica che esplose nell’ambiente marrano. Questa tesi pone l’opera in un contesto cronologico, poiche` la polemica inizio` nel 1623 e si concluse nel 1650 all’incirca. Dopo di che si rafforzo` la corrente mistica che si impose sulle comunita` sefardite[53].
Schirmann invece e` dell’opinione che Zacuto intendesse lodare il sacrificio dei marrani spagnoli, attraverso la descrizione di quello di Abramo, e poi con la sua vittoria[54].
In tutta l’opera non si trovano concetti mistici o cabalistici, che invece troveremo nelle altre opere di Moshe` Zacuto in particolare nel Tofte` ‘Arukh, anche se e` possibile che in alcuni brani del Yesod ‘Olam, vi siano elementi che verranno poi sviluppati in seguito. Potrebbe essere questa una dimostrazione che il Yesod ‘Olam fu scritto in eta` giovanile, quando il Zacuto non aveva ancora intrapreso gli studi mistici. D’altra parte, e` possibile che questo testo sia semplice e comprensibile, senza contenere concetti mistici, solo perche` l’autore intendeva rappresentarlo in pubblico, probabilmente a Purim. Forse questo e` anche il motivo per cui Zacuto ha usato midrashim conosciuti ad un vasto pubblico[55].
Riguardo le fonti dell’autore, secondo Calo` ci sono alcuni elementi che ricordano le <<sacre rappresentazioni>> cristiane, e a volte perfino ci sono passi tradotti letteralmente[56]. Il Melkman invece, sostiene che Zacuto nel Yesod ‘Olam ha imitato rappresentazioni classiche[57], e che l’opinione del Calo` non abbia nessun fondamento[58]. Probabilmente quando compose il Yesod ‘Olam, Zacuto ancora non si opponeva alla filosofia, ed anzi considerava il titolo di filosofo come elevato[59]. Inoltre, gli attributi con cui Abramo descrive il Creatore, nella prima parte dell’opera, sono tratti dal More` Nevukhim del Maimonide[60], e la filosofia di Abramo nell’opera, e` del tutto razionalista[61]. E` possibile che il Zacuto ebbe perfino l’occasione di studiare l’arte drammatica di Aristotele, che era diffusa nell’Europa cristiana[62].
Il primo atto inizia nella bottega di statue di Terah, il padre di Abramo, dopo che questo ha spezzato tutte le divinita` che vi si trovavano. Nella prima scena Abramo cerca di convincere suo padre, che le statue non possono ascoltare le preghiere dell’uomo ed esaudire le sue richieste, ma Terah adirato, porta Abramo in giudizio davanti al re Nimrod ed ai suoi consiglieri. Il re viene descritto in forma ridicola come uno stupido, e, per evidenziare questa caratteristica, Zacuto gli mette in bocca parole semplici, con cui loda se stesso per la sua ricchezza e la sua saggezza. Anche i suoi discorsi sono costruiti dal punto di vista letterario molto semplicemente, di solito sono in poesia con un verso che apre e uno che chiude, composti in ottave. Invece i discorsi di Abramo sono costruiti da catene di sonetti molto piu` complessi, con intrecciati versetti biblici. Per esempio la lunga risposta di Abramo a suo padre:
אם כן ידיד נפשי פקח עיניך…
Quindi, mio caro amico, apri gli occhi… (pp. 8-12).
In questa parte Abramo cerca di convincere il padre, che le statue da lui stesso scolpite non sono in grado di aiutare l’uomo:
לא עוד אדוני אחרי ההבל/ תלך אבל אבי אהיה שומע/ חכמה ומוסר אוילים בזו. האל אשר אליו אני כורע/ קדמון מצוחצח הוא ושכל זהר/ פשוט בתכליט הוא ועצם טהר/ אחד במדותיו ואין לו רע
non piu` andrai mio signore, seguendo la futilita`/ ma invece, o padre, ascolta/ poiche` la sapienza e la morale gli stupidi denigrano. Il Signore a cui mi prostro/ e` antico, ed una mente illuminata/ e` semplice come idea ed un essere puro/ e` Uno nella sua essenza e non ha compagni (p. 8).
Qui` vi e` anche una descrizione ed una contrapposizione tra le qualita` dell’Unico Creatore e quelle delle divinita` di Terah. In seguito, viene descritto l’atto della Creazione come Sua opera, ed il concetto della Divina Provvidenza che vigila sull’uomo:
הן ממעונו יחזה ישגיח על היקום כולו בעיני יושר
ecco dalla Sua dimora vede e vigila correttamente su tutto il creato.
Il secondo atto, secondo la divisione del Maroni, descrive il processo ad Abramo e la discussione con i saggi del re. Per i consiglieri di Nimrod, non c’e` vita dopo la morte, e quindi bisogna sfruttare questa vita e goderla. O con le parole del Zacuto:
כי לבהמה האנוש דמה/ יום ישלטו תולע והרימה/ ישוה נדיב לבב לאיש הלך/ לכן אנוש תענוג יוסיף/ דשן ומעדנים אשר יחמוד/ ישמח לו בעד לו תעמוד שעה
dal momento che l’uomo assomiglia alla bestia/ sara` dominato un giorno dai vermi e le formiche/ allora sara` uguale l’uomo generoso a quello della strada/ percio` che abbondi l’uomo in godimenti/ desideri leccornie ed ingrassi/ e gioisca finche` ne ha la possibilita` (p. 28).
Quindi, non solo l’anima non ha futuro, ma non c’e` neanche una Divina Provvidenza che vigila, perche` a loro avviso:
כי איך עלי אישים ושפילותם/ ישקיף אלוה שוכני מעל? איכה טהר עצם ברב עצמה/ יוכל להביט על אנוש נדכה? קול צעקת גבר ואם יבכה/ איך יאזין יושב בתעלומה?
Come e` possibile che sull’uomo e le sue miserie/ vigila il Signore che sta in alto? Come e` possibile che un Essere puro pieno di potenza/ si occupi di un misero uomo? del suo grido e se piange/ come potra` ascoltarlo chi risiede senza mostrarsi? (p. 30).
Abramo nella sua risposta cerca di confutare questi discorsi:
מכס כבוד גדלו לשעשועים/ יען יבונן מפלאת מעשיו/ תאמרו אשר הוא כל ימי עודו/ רענן כעץ שתול עלי יובל/ […] כי רק בחייו נאדר הודו/ ובאחריתו יהיה נבל?
Dal Suo trono eccelso/ Lui guarda e ammira le Sue opere/ perche` dite che soltanto finche` Lui esiste/ sara` fresco come un albero sul ruscello/ […] che soltanto durante la Sua esistenza sara` pieno di splendore/ e alla fine Lui potra` appassire? (p. 32).
Abramo sostiene che esiste una Divina Provvidenza che vigila, e che l’anima ha un futuro ed e` immortale, perche` creata dal Creatore stesso. E con le parole del Zacuto:
מקורה ממקום רמים/ הן באמת ביתה בצל עליון בין עומדים חיים וקיימים
la sua origine viene da un luogo eccelso/ la sua dimora e` con l’Altissimo, tra quelli che vivono perennemente (p. 33).
Abramo non si accontenta soltanto di contraddire i discorsi dei consiglieri di Nimrod, ma li minaccia che il loro destino sara` all’inferno:
גורו לנשמתכם וצרתה/ כי חיש תבואנה בעת רוגז/ תרד לבור תפתה ולהבתה/ אז תהיה כצאן בעת הגז/ אל העמיק הרחיב מדורתה/ הן שם רשעים חדלו רגז
Abbiate timore per la vostra anima/ che svelta nel momento del giudizio/ sprofondera` nell’abisso d’inferno e fuoco/ e sara` come un gregge che viene tosato/ perche` il Signore l’ha fatto profondo/ e li` si trovano i malvagi (pp. 34-35).
Perche` secondo lui, l’uomo avra` una ricompensa. Dopo di cio` Abramo viene condannato da Nimrod alla fornace ardente (p. 38).
La seconda parte dell’opera descrive come Abramo viene salvato dalla fornace, e come suo fratello Haran segue la sua strada. Allora esplode l’ira del re Nimrod e dei suoi consiglieri, che cominciano ad aver paura, e cercano di uccidere sia Abramo che suo fratello.
Il terzo e ultimo atto, sempre secondo la suddivisione del Maroni, e` un monologo di Abramo, che predice il castigo di Nimrod e dei suoi consiglieri, che non volevano riconoscere il vero Dio. In questa parte dell’ opera, non vi sono piu` nuove concezioni oltre cio` che gia` e` stato detto, e praticamente Abramo ritorna sugli stessi argomenti. I consiglieri di Nimrod, pero` ancora non si convincono, mentre i familiari di Abramo partecipano alla discussione, e Terah alla fine si pente e loda suo figlio Abramo. Nahor, invece si rifiuta di abbandonare l’idolatria:
איכה כמו עור ואיש נרדם/ כפי לאל נעלם אני אשטח?…. אם רוחך גם באויל בחל/ לא כן אני אבחר בדת זרה
Forse come un cieco o un uomo stanco/ mi prostrero` a un Dio nascosto?… come tu non preferisci la vanita`/ cosi` non scelgo io una straniera fede (p. 93).
Lot, il nipote di Abramo, segue la strada dello zio, mentre Sara cerca di convincere Nahor:
הנה לעת עתה אשר אבי/ תרח ולוט על האמת מודים/ אחר אשר האל באור כשדים/ את מופתיו הראה בהוד וצבי
Ecco adesso, anche/ Terah e Lot riconoscono la verita`/ dopo che a Ur il Signore/ ha mostrato i suoi prodigi… (p. 95).
Anche Abramo cerca di convincere Nahor:
איך רוחך נחור כסילות יענה?/ איכה להבלי האליל נגרש?/ מי הוא אמר נא לי אשר דרש/ אותו בכל כחו והיה נהנה?/….שוב שוב ידיד נחור לעשתות שאנן/ שוב שוב ותהיה עם אלהינו/ עריץ ומתערה כאזרח רענן
Perche` tu segui, Nahor, la stupidita`?/ perche` secondo l’idolatria tu vai?/ Dimmi, se qualcuno la segue/ e poi anche ne gode?/… Svegliati Nahor, amico mio/ pentiti e segui il nostro Dio (pp. 100-102).
Questo atto termina con l’inizio della risposta di Abramo, poi l’opera s’interrompe qui`, e soltanto l’ottetto di questo sonetto e` stampato[63]. Anche la trama del racconto rimane interrotta, e non sappiamo se Zacuto termino` di comporre l’opera[64].
La seconda opera teatrale che Zacuto compose e` il Tofte` ‘Arukh (l’inferno preparato). Questa descrive il percorso dell’uomo dal momento che muore e viene condannato all’inferno, il suo risveglio nell’altro mondo, ed il passaggio attraverso i vari supplizi a cui e` condannato per espiare le sue colpe terrene. L’opera e` costituita da 185 strofe di cinque righe ciascuna, con la rima A-B-B-A-A[65].
Questa opera, come viene detto nell’introduzione,
si basa sui santi insegnamenti dei nostri Maestri, scritti nel Massekheth ha-Gehinnom (Trattato sull’Inferno), ed hanno spiegato che quando le persone si allontanano dalla bara gia` ricoperta, subito inizia il giudizio della tomba[66].
Ma Zacuto fa uso anche di altre fonti: il Talmud, lo Zohar, il midrash apocrifo su Ruth. Un’altra fonte di questo dramma e` la Massekheth hibbut ha-qever (Trattato sul giudizio della tomba), che e` una parte del Reshit Hokhma` (L’inizio della saggezza), di Rabbi` Eliahu Da Vidas[67], testo mistico allora assai diffuso. Effettivamente, in molti punti l’opera del Zacuto ricopia parola per parola cio` che viene detto nel Reshit Hokhma`. Per esempio, la strofa 32 descrive gli angeli della morte, come molto alti con <<una lama in testa>> ed il corpo pieno di occhi. Nel Reshit Hokhma` cosi` viene raccontato:
dopo che un uomo muore arrivano da lui due angeli, un angelo buono ed un angelo della morte, uno scrive e l’altro gli parla, e dice: <<alzati che e` giunta la tua fine>>. Il morto risponde che ancora non e` arrivata la sua fine. Allora apre gli occhi e vede l’angelo, lungo come il mondo da un capo all’altro, dalla testa ai piedi, pieno di occhi, rivestito di fuoco, e tutto di fuoco, con in mano una lama da dove goccia un veleno. Da questa goccia muore, poi puzza, e poi la sua carne si decompone…[68].
La descrizione delle torture nella tomba proviene invece dal Sefer ha Qawwanoth (Il libro delle Intenzioni) di Rabbi` Ytzhak Luria[69], anche se la fonte e` naturalmente nel Midrash. Percio` c’e` chi sostiene che
il contenuto del libro, non e` una imitazione dei poeti italiani che l’hanno preceduto. Le sue idee provengono dalle fonti ebraiche[70].
Ma non tutti gli studiosi sono concordi, perche` c’e` chi sostiene che l’opera si basi sulla Divina Commedia di Dante[71]. Effettivamente vi sono delle analogie tra queste due opere: la descrizione delle pene che i dannati sono costretti a sopportare; la descrizione delle bestie e i serpenti della strofa 35, con quelli della Divina Commedia, Inferno, III, 64-69; o anche l’ammonimento della strofa 47 <<שמעו בני אדם והבהלו>> (Ah! tremate per lor, o voi umani), e quello di Dante <<lasciate ogni speranza voi ch’entrate>>[72]. Nonostante cio` non vi e` nessuna prova che Zacuto conoscesse Dante.
Schirmann che si occupo` della questione se il Zacuto avesse fatto uso di fonti non ebraiche, scrive:
e` chiaro, che non avrebbe potuto comporre due opere come il Yesod ‘Olam e il Tofte` ‘Arukh, senza conoscere i drammi spagnoli[73].
Secondo il critico israeliano Shimon Levi, quest’opera e` costruita sul modello delle rappresentazioni religiose medievali, che rappresentano un viaggio nell’aldila`, con lo scopo di arrivare ad una catarsi mistica[74]. Questa e`:
la rappresentazione di un viaggio, che riflette fenomeni personali dell’autore[75].
Egli sostiene che l’autore non aveva come unico scopo la composizione artistica, ma la sua virtuosita` letteraria in ebraico e l’uso delle parole, riescono a costruire delle situazioni sceniche, che fanno del teatro lo specchio delle cose. Percio`:
la potenza descrittiva e le annotazioni del Zacuto, dimostrano che lui stesso ha intrapreso un simile viaggio mistico, e che adesso desidera condividere con i suoi lettori[76].
Se paragoniamo poi il Yesod ‘Olam con il Tofte` ‘Arukh, la seconda non e` una
rappresentazione nel classico senso della parola, ma e` particolare, perche` comprende sia un racconto epico sia un dramma, e forse non e` stata neanche scritta per essere rappresentata su un palcoscenico[77].
Dal momento che l’opera manca degli elementi teatrali necessari per la rappresentazione, probabilmente fu composta per essere letta in pubblico, in Sinagoga, forse anche con un accompagnamento musicale[78]. Infatti dall’introduzione di Ya’aqov Daniel Olmo all’ ‘Eden ‘Arukh (il Paradiso preparato), la continuazione dell’opera del Zacuto, si capisce che il Tofte` ‘Arukh veniva letto in pubblico nella confraternita dei <<Hadashim Labeqarim>> di Ferrara, nel periodo tra il 17 di Tammuz e il 9 di Av[79].
Percio` attraverso le due opere, possiamo tentare di ricostruire lo sviluppo del pensiero di Rabbi` Moshe` Zacuto: nel Yesod ‘Olam l’approccio del Zacuto era filosofico[80], forse ancora non si occupava di mistica, ed aveva una concezione razionalistica[81]; nel Tofte` ‘Arukh invece, troviamo una concezione chiaramente cabalistica, e perfino messianica rappresentata dalla contrapposizione tra lo spirito messianico e quello non messianico[82].
La descrizione del morto che viene posto nella tomba e ricoperto di terra, ed il giudizio che segue, viene inoltre a simboleggiare l’immortalita` dell’anima, e l’esistenza di una vita dopo la morte fisica. Come si e` gia` visto, questa era un’idea centrale anche nell’opera precedente, il Yesod ‘Olam.
Riguardo il livello letterario del Yesod ‘Olam, e quello del Tofte` ‘Arukh:
Se nel Yesod ‘Olam ci sono le lacune che si trovano in un opera giovanile, il Tofte` ‘Arukh e` l’opera di un vero artista[83].
Cosi` anche il Friedmann scrive:
Lo scrittore drammatico e un po` primitivo del Yesod ‘Olam, raggiunge improvvisamente nel Tofte` ‘Arukh, il grado di uno scrittore maturo e pieno di sensibilita`. A prima vista, puo` sembrare il Tofte` ‘Arukh ancora piu` primitivo, nella sua struttura drammatica, del Yesod ‘Olam, ma dal punto di vista creativo e artistico, Zacuto vi ha raggiunto l’apice letterario[84].
C’e` da notare anche che le opere del Zacuto formano un <<teatro ebraico>>, sono cioe` opere che trattano argomenti ebraici, tratti dalle fonti tradizionali ebraiche, al contrario di altre opere come la Zahut Bedihuta` de-Qiddushin di Yehuda` Sommo Portaleoni, dove i personaggi sono tipici del dramma europeo e non hanno una peculiarita` ebraica[85].
Il dramma inizia con un canto denigratorio sui medici:
שוא עמלו גודרי פרץ/ […] לא יצלחו אישים ואם יחרצו/ […] הרופאים כהוללים יהולו/ וימששו כעורים בנשף […] ויחתרו לריק ולא יכולו
Invan su fondamenti guasti e rosi/ durevole formar puoi edifizio […] invan s’oppon cautela e uman giudizio/ […] i medici talor coi lor raggiri/ della morte arrestar tentan progressi,/ ma son da mentecatti i lor deliri,/ ciechi che al buio o luce son gli stessi/… (strofe 1-2).
Allora quale e` lo scopo dei medici ?
עתה בנכליהם חדשים באו/ לנתוץ ולנטוש להרוג לרצוח/ הם רופאים כשמם מרפים כוח/ כי רק להריק או לדם יובאו/ גם אחרי כן הרכוש ישאו
Qual fu mai di costor prava intenzione/ per rovinar i poveri ammalati?/ Perche` d’infievolir han l’attenzione/ Dotti saran da noi intitolati?/ Dottori chiamerem forse coloro/ che tolgon la salute e poscia l’oro? (strofa 5).
C’e` in queste strofe un umore grottesco e sarcastico, anche se l’opera non sia per niente umoristica[86]. Nei versi seguenti, il morto, che parla sempre in prima persona, racconta della sua malattia, i sensi lo hanno abbandonato e cosi` i suoi servi, si lamenta per i dolori, non si rende conto di essere gia` morto e si augura quindi di morire. Il processo della morte viene descritto gradualmente:
איש איש לערשו הלכו נדדו
Ah che tradito son ne` propri lari!/ Gl`istessi miei famigli me tradiro/ al riposo portarsi i temerari/ e me da lor memoria sin sbandiro (strofa 21),
כי הם בהשקט שאנן נשלמו/ ובים שנתם נשקעו נרדמו
Di tante doglie acerbe tutto il pondo/ sol ricade su me. Tutti coloro/ s’abbandonaro al sonno piu` profondo,/ e me lasciar nel crudo e fier martoro (strofa 22).
La strofa 27 descrive la discesa della bara nel baratro:
הוא ענין העמקת הקבר עד הגהינם לדין חיבוט הקבר, כמו שאמרו רז”ל
Lo spalancamento del sepolcro sino all’abisso per flagellare i rei, secondo il sentimento de’Rabbini.
E` allora che si sente un chiasso di molte voci, e il morto comincia ad accorgersi del luogo dove si trova:
אביט בקרקעם מקום יציע / גפרית ומלח נערב בזפת /… כירות ותנורים בדוד נפוח/… עיטרן ונפט אחוז בקוץ ושית
Nel piano suol formarsi veggo un golfo/ di sterco, fecce, limo, e pece greca;/ catrame veggo unito a sale e zolfo/ quando osservo che all’alma orror arreca/ […] orribili pareti miro intorno/ […] di fornaci ogni sorta e d’ogni forno […] pruni, pece e catrame incendiati (strofe 28-29).
Quindi viene una descrizione dell’inferno stesso: abissi marini
ומסובבי חומה בהרי שלג
Vorticosi di mar, di fiumi flutti,/ miro dall’aer freddo farsi gelo/… (strofe 30-31);
strane creature sconosciute, giganti
תער בראש אצבע מקום ציפורן/ […] חדים וכל גופם מלא עינים
Aguzze questi in fronte hanno le corna/ […] rasoi che invece d’unghia han sulle dita/ e gli occhi ond’e` contesta la lor vita (strofa 32).
Ed ecco che il morto vede un fiume di fuoco pieno di serpenti:
חיות קטנות גם מגדולות יחד/ שנן וציפרנן כברזל יחד
Belve d’ogni natura hanvi voraci/ che unghie e denti, qual ferro, hanno tenaci (strofa 35).
All’inferno ci sono sette fiumi:
לפאת מערות או בארות שבע/ לא יאמינו בעלי הטבע
Tutti i di fiamma fiumi han confluente/ verso di quelle bolge e grotte nere./ Ne` quel di natural storia intendente,/ ne` il fisico puo` trarre idee vere (strofa 37)[87].
Vengono descritti anche i peccatori che risiedono all’inferno e le pene che soffrono, forse allo scopo di spaventare lo spettatore:
המית המונים יצעקו ינחו/ […] מקור לחום מחום לקור ידיחו/… נדים דחופים מדחי אל דחי/ יוכו בשוט שוטף עלי הלחי/ […] אם יצעקו כי ציר כאבם נצח/ אין קול ואין עונה וכן אין קשב
i gemiti, i clamori di que’rei/ nuova su lor accrescon crudeltate/ ogni oppressor trascina ogni ribaldo/ dal caldo al freddo, indi dal freddo al caldo/ […] non v’e` chi su’ lor mali ponga mente / […] ne` per essi pietade alcuno sente/ […] Son vittime al macello trascinate/ qual anice le carni han tritolate (strofe 38-40).
Queste descrizioni sicuramente riuscivano ad immergere il lettore o anche l’ascoltatore in un’atmosfera triste e diabolica, non di questo mondo. Nelle strofe 41-48 viene ad aggiungersi anche una descrizione delle pene che il morto deve supplire, nell’ambito del castigo che si merita. I condannati non hanno pace, urlano ma nessuno li ascolta, gli aguzzini li mordono e li graffiano nella carne, li calpestano senza distinzioni:
בין איש ובין אשה ושב ונער/ עשיר ורש חכם כסיל ובער
Talento grado eta` condizion sesso/ tutti trattati son nel modo stesso (strofa 43).
Le strofe 44-47 descriveranno ben diciannove tipi diversi di punizioni: c’e` chi viene appeso per le gambe, per la lingua o perfino per il petto; c’e` chi e` costretto a bere il proprio sangue o a mangiare la propria carne; e` percio` che l’avvertimento <<שמעו בני אדם והבהלו>> (Ah! tremate per lor, o voi umani), la frase che termina la strofa 47, e` del tutto appropriata. Prima della strofa 49, c’e` una interessante nota coreografica: <<accostasi a lui uno de’ malefici>>, questo perche` probabilmente c’erano alcuni <<aguzzini>> sul palcoscenico, e quindi uno di loro si avvicina al morto. Possiamo immaginarci il terrore del morto che parla in prima persona, ma anche dello spettatore quando vede quest’aguzzino che si avvicina. Qui`, naturalmente, c’e` una descrizione dell’aguzzino che
פניו פני מות פני הדבר
Con virile ma truce ei viene aspetto/ […] ciera mortal egli ha, pestifer fiato (strofa 50).
Allora segue un dialogo tra il morto e la guardia, ma questa fa soltanto l’eco alle sue parole. Il morto si lamenta che le guardie sono troppo severe, e lui ha paura. Chiaramente il morto cerca di corrompere la guardia in cambio dei suoi averi terreni, ma senza successo:
נא מלטני מכאב וחבל/ ולקח דבירי הוד והיכלי יקר/ בתים מלאים טוב עדי אין חקר/ שדות כרמים ואחוזת חבל/ לא יש כמוהם שם בכל החבל
Libera me, Signor, da tai tormenti/ e i preziosi prendi miei arredi/ vari ho d’ottimo gusto appartamenti/ cristalli quadri arazzi e marcia-piedi./ Quanto tal territorio ha d’eccellente/ ogni campo ogni vigna e` a me attinente,
allora la risposta della guardia e` <<הבל>> (niente) (strofa 61). E cosi` prosegue, finche` il morto si stanca:
קצתי להשתמש בבת קולך
D’eco gli accenti tuoi sono formati/… troppo van di mistero avviluppati (strofa 68).
Quindi viene la risposta vera e propria dell’aguzzino, che spiega al morto la sua situazione: ormai e` giunta la sua ora, non puo` piu` lamentarsi o protestare ma deve presentarsi al giudizio. Shimon Levi, e` dell’opinione che l’effetto dell’eco nel dialogo tra i due personaggi sia una virtuosita` del Zacuto. Levi interpreta la figura dell’aguzzino come un alter-ego, o come un sosia del protagonista, dove l’eco rafforza la sensazione di solitudine[88]. Questa risposta della guardia, e` praticamente un richiamo al morto ad assumersi le proprie responsabilita`, e continua dalla strofa 70 alla 74. La guardia dimostra al morto le sue illusioni, espresse con i verbi <<tu pensavi>> (strofa 71), <<hai visto>> (strofa 72), <<eri sicuro>> (strofa 73), <<tu sapevi>> (strofa 74). Dopo questa arringa, viene paragonato il <<ieri>> con l'<<oggi>>, che dura 48 strofe, dove nella prima riga di ogni strofa appare la parola <<ieri>>, e nella terza riga la parola <<oggi>>. Questa e` una lista delle colpe di ieri, corrispondenti ai castighi di oggi: ieri cercavi le comodita`, i piaceri, i beni, ed oggi ti viene strappata la pelle di dosso, e tu sei dolorante e debole (strofe 82-83-84). Ancora: ieri cercavi gli onori, i divertimenti, gli svaghi sessuali, ed oggi non hai piu` tutto questo. Ieri eri volgare e disprezzavi i poveri, ed ecco che oggi risiedi nell’abisso e vivi dentro il fuoco (strofe 93-96). In sostanza: ieri hai costruito una casa con le fondamenta come la roccia, ed oggi tu stesso sei rinchiuso nella terra:
אמש יסודות ביתך יוצקו/ להם בצור עצום כשמיר נצח/ היום תהי עצום בשמיר נצח/ היום עצמיך בצוק יוצקו/ היום לעפר דק וגוש יוצקו
Ieri su sode basi tua magione/ marmi intagliati aveva dal Samiro/ oggi chiuso in di ferro atra prigione/ di stabile non hai che il tuo sospiro/ Oggi tu senti l’ossa tritolate/ e qual minuta polve sminuzzate (strofa 128).
Dopo la serie degli <<ieri>>, vengono tre strofe che cominciano con <<qui`>>:
פה תחזה עמל בשיג ושיח/ פה לך מנת גורלך חלשת/ […] פה איש ואיש חטאך יגל גם יער/ פה אין מליצים בעדך יליצו/ […] פה פה לכל עונש רשעים זורו/ […] פה שערי הרחמים נסכרו
Qui` rincresce ad ogni empio i patimenti:/ empi che il pan gustar de’ stolti e incauti,/ che a’ lor deliri unir traviamenti/ che sol goder sinora pranzi lauti/ […] Mira qual premio han essi, quale han sorte/ per lor di pieta` chiuse son le porte (strofe 129-132).
Nell’edizione di Friedmann, e` stata aggiunta in questo punto una nota significativa: <<l’aguzzino afferri il morto e lo porti per le sette bolge dell’inferno>>[89], perche` adesso e` arrivato il momento di mostrargli le varie punizioni. Questo e` l’apice della drammaticita` di tutta l’opera, e per chi ancora ha dei dubbi, l’autore spiega:
האומרים תפתה משול משלו/ שור כי שכרם פה בדין נשכרו
Quanti d’infantil vino inebriati/ […] quanti che tai castighi han riguardati (strofa 132).
Percio` dalla strofa 133 fino alla 177, vengono descritti i gironi dell’inferno: il pozzo, la fossa, la tomba, la fornace ardente, gli inferi, le tenebre, e la caverna inferiore[90]. Una simile descrizione si trova nel Talmud, secondo la quale l’inferno ha sette nomi: gli inferi, la rovina, la fossa, il pozzo, la fornace ardente, le tenebre, e la caverna inferiore[91]. Il primo reparto e` il pozzo, e in uno stile sicuramente piu` pittoresco:
ראשון לכולם בור וריק אין מים/ עמוק מאוד מבור ושחת סוהר/ בו משכני דומה ואין שם זוהר/ שמה נחשים זוחלי רגלים/ הנושכים החורקים שנים
La prima detta pozzo, ma senz’acque/ che ogni profondo passa sotterraneo/ ivi bolgie vi son, ove mai nacque/ fra spiragli un baglior, anche istantaneo./ Ivi di pie’ striscianti son serpenti che fieri morsi danno co’ lor denti (strofa 135).
In questo reparto si trovano quelli che pregano solo con le labbra, che dicono maldicenze, e quelli che si sono allontanati dalla Tora` e dai suoi Maestri, ma anche quelli che maledicono i sordi (strofe 135-141). Il secondo girone e` la fossa, dove si trovano gli stregoni, tra cui Bil’am, coloro che hanno abitudini sessuali proibite, e chi si rallegra della morte dei Maestri (strofe 142-148). Il terzo girone e` la tomba, invece della rovina secondo il Talmud, dove si trovano le persone volgari, e quelle che prestano ad interesse (strofe 149-156). Nel quarto girone, la fornace ardente, vi sono
שם בעלי חובה עלי הנפש/ […] שם נהפך ענג והיה נגע/ […] שם אוררי יום עוררי מרזח/ […] נשבע ומתקלל באלת שקר/ ככה יהי ככה יהי צורח
Ivi i di coscienza debitori/ han l’opre esaminate con rigori./ Ivi il delitto in piaga si converte/ […] guardatevi voi, anime inesperte/ […] Ivi son di lussuria gli eccitanti/ smaniosi, quanto pesci in rete colti/ ignoti esser vorrian e varianti,/ qual d’idol strani i nomi, aver i volti (strofe 157-164).
Nel quinto girone, gli inferi, si trova chi attizza la disputa e l’odio (strofe 165-169). Il sesto sono le tenebre e comprende gli istigatori, ed anche
בחורי דופי/ המסלסלים עצמם במיני יופי
Altri vi sono stolidi e insensati/ che al mal senza pensar ch’in lor s’annoda/ s’uniscono a que’ giovani attillati/ a belta` solo ligi ed alla moda/ un ritratto adoranti e un figurino/ poi gettati all’inferno per destino (strofa 172).
L’ultimo, la caverna inferiore, e` il peggiore di tutti:
אוי לאשר שם יושפלו יורדו/ כי לעדי עד נכרתו אבדו
Piu` d’altre ima e` la settima caverna,/ guai a chi per destin entro vi cade/ chi per fatalitade in lei s’interna/ d’eterna perdizion trova le strade (strofa 174).
In questo posto ci sono quelli
בועלי נידה ואשת רע/ גם פושעים המלמדים הרע
v’e` chi non sparmio` mestruo e altrui letto/ v’e` chi per far il male mai s’arresta,
questi soffrono vari tipi di pene, ma hanno la possibilita` di riposare
עת שקעה האש בשבת קדש/ או כל ימי מועד וראשי חדש
di tormentarli cessa tale fuoco/ nelle feste, ne’ sabbati e calende.
Tranne quelli che hanno profanato questi giorni
כי שם לעולם נשכחו נזנחו
non gode tal per altro privilegio/ chi fe’ di profanarli il sortilegio (strofe 174-177).
Ma il dramma non poteva essere completo, senza uno spiraglio di speranza: parallelamente ai sette gironi dell’inferno, ci sono sette palazzi dove si trovano i giusti ed i puri, con delle corone in testa, dove godono dello splendore Celeste e della vista del Trono Divino (strofe 178-183). Il dramma termina quindi giustificando l’opera del Creatore
דיין אמת אתה ויפה דנת…
Giudice giusto sei; ben ci punisti… (strofa 184).
Quest’opera e` stata probabilmente composta per un fine didattico e sociale, caratteristico dei drammi composti da discendenti di marrani[92]. Altrimenti Zacuto avrebbe sicuramente composto anche un’opera sull’Eden, e non solo una sull’inferno, dove la descrizione delle pene e dei supplizi vengono intenzionalmente accentuati[93]. Anche lo stile del dramma e del linguaggio, hanno lo scopo di ammonire e di allontanare l’uomo dal peccato:
שמעו בני אדם והבהלו
Ah! tremate per lor, o voi umani (strofa 47).
[1] Sulla vita e le opere di Rabbi` Moshe` Zacuto, la bibliografia e` sterminata; in particolare vedi: Abba Apfelbaum, Moshe` Zacut, Lwow, 1926; Meir Benayahu, Dor ehad ba-aretz, Gerusalemme 1988; Meir Benayahu, Rabbi` Moshe` Zacut ben tzeto` me-Amburg le-shivto` be-Venezia, <<Asufot>> 5, 1991, p. 309-326; Yosef Melkman, Reshit hayyaw shel rabbi` Moshe` Zacut, <<Sefunot>> 9, 1965, p. 127-132; H. Neppi e S. Ghirondi, Toledot Ghedole` Israel be-Italia, Trieste 1853; Julius Fuerst, Bibliotheca judaica, vol. III, Hildesheim 1960
[2] M. Kaiserling, Une histoire de la litterature juive de Daniel Levi de Barrios, <<Revue des Etudes Juives>> 32, 1896, p. 92.
[3] The Poems of Jacob Frances, edited by Penina` Naveh, (in ebr.), Jerusalem 1969, p. 267; e vedi anche R. Ytzhak min ha-Lewiym, Sefer Medabber Tahapukhot, ed. D. Carpi, Tel Aviv 1985, p. 110-111
[4] Sulla letteratura dei rituali per speciali occasioni, i Tiqqunim, non esiste uno studio particolare. In generale vedi: Gershom Scholem, Pirqe` Yesod be-hawanath ha-Qabbalah u-semaleha, Gerusalemme 1976; Gershom Scholem, Major trends in jewish mysticism, New York, 1946; Alfredo Ravenna, Daniel Olmo e i digiuni dei Shovavim, <<Annuario di studi ebraici>>, 1969-70 1971-72, p.21-31
[5] H. Schirmann, Le-toledot ha-shira` we-ha-dramma ha-‘iwrit, (Studies in the History of hebrew poetry and Drama), Jerusalem 1979, vol. 2, p. 127
[6] <<Ha-Meassef>>, Koenigsberg 1785, p. 32
[7] A.M. Habermann, Shelosha` shirim shel Rabbi` Moshe` Zacut shello` nidpesu` ‘adayin, <<The Zalman Shazar Jubilee Volume>>, Gerusalemme 1973, p. 658-663
[8] Israel Davidson, Otzar ha-shira` we-ha-piyut, (Thesaurus of Mediaeval Hebrew Poetry), New York 1970, vol. 4, p. 447
[9] Selihot le-hashmoret ha-boqer, Venezia 1735, 51a
[10] Inno liturgico, probabilmente compoto nel 13 secolo nei circoli cabalistici spagnoli. Contiene sette versi, in cui si implora il Signore di proteggere il popolo di Israele e di redimerlo dalla Diaspora.
[11] Selihot le-hashmoret ha-boqer, 62 a
[12] ibid., 65 a
[13] Yosef Melkman, Ha-mahaze` Yesod ‘Olam shel Rabbi` Moshe` Zacut, <<Sefunot>> 10, 1966, p. 319. Vedi anche: Gershom Scholem, Zacuto Moses ben Mordechai, <<Enciclopedia Judaica>>, Jerusalem 1971, vol. 16, pag. 906-909
[14] R. Moshe` Zacuto, Hen Kol Hadash, Amsterdam 1712, 2b- 3a
[15] ibid., 14b
[16] ibid., 15a
[17] ibid., 16a
[18] Abraham Yaari, Sheluhe` Eretz Israel, Gerusalemme 1951, p. 39
[19] Hen Kol Hadash, 18a
[20] Dvora Bregman, Tefilla`, hagut, u-mussar be-sonnet ha-‘ivri` ha qadum, <<Asufot>> 4, 1990, p. 199; Dvora Bregman, Sidrot retzef shel sonettim be-Yesod ‘Olam, <<Mehqare` Yerushalayim be-sifrut ‘Ivrit>> 9, 1986, p. 302
[21] Bregman, Sidrot retzef, p. 303
[22] Dvora Bregman, Shene` sonettim le-hatuna`, <<Moznaim>> 61, 1987, p. 39
[23] Abba Apfelbaum, Moshe` Zacut, Lwow 1926, p. 12
[24] David Kaufmann, L’elegie de Mose` Zacout sur Saul Morteira, <<REJ>> 37, 1898, p. 111-119
[25] Questa poesia e` stata pubblicata da Meir Benayahu, Dor Ehad Ba-aretz, p. 79-80
[26] Meir Benayahu, Hasqama` we-reshut bi-defuse` Venezia, Gerusalemme 1971, p. 15, 106
[27] Su questo personaggio, vedi Yaari, Sheluhe` Eretz Israel, p. 153
[28] A. Yaari, ibid., p. 486. La poesia che scrisse Zacuto per questo volume e` <<האב והבן חברו יחדיו>> (Il padre ed il figlio insieme), pubblicata dal Davidson, Otzar ha-shira` we-hapiyut, vol. 2, p. 116, nota 13
[29] Dan Pagis, ‘Al sod hatum (A secret sealed, Hebrew Baroque Emblem-Riddles from Italy and Holland), Gerusalemme 1986, p. 265
[31] Pagis, ibid., p. 226-238
[32] Dan Pagis, Baroque trends in italian hebrew poetry as reflected in un unknown genre, <<Italia Judaica>> 2, 1986, p. 265
[33] Dan Pagis, `Al sod hatum, p. 28
[34] Pagis, ibid., p. 12
[35] Pagis, ibid., p. 15
[36] Salmi, 24, 7-10
[37] Pagis, ibid., p. 15
[38] Pagis, ibid., p. 14
[39] Pagis, ibid., p. 29; Pagis, Baroque trends, p. 274
[40] Apfelbaum, ibid., p. 21; Sergio Sierra, Lo Jessod ‘Olam e l’opera poetica di Mose` Zacut, <<Italia Judaica>> 2, 1986, p. 283; D. A. Berliner, Jessod Olam, das alteste dramatische Gedicht… von Mose` Zacut… mit einer einleitung von Berliner, Altona 1854, vedi li` l’introduzione; Melkman, Ha-mahaze` Yesod ‘Olam, p. 302, 333
[41] Bregman, Tefilla`, Hagut, u-mussar, p. 197
[42] Melkman, ibid., p. 303
[43] Melkman, ibid., p. 313
[44] Yesod Olam, con introduzione e note di David Yaakov Maroni, (in ebr.), Livorno 1854. Per le citazioni dell’ opera di Zacuto, viene usata qui` questa edizione.
[45] Dvora Bregman, Sidrot retzef shel sonettim be-Yesod Olam, pp. 302-303
[46] I. Zinberg, Toledoth sifrut Israel, vol. 2, Tel Aviv 1960, p. 338
[47] Dvora Bregman, Le-parashat ha-hitqabbeluth shel ha-sonet ha ‘ivri`, <<Tarbiz>> 56, 1986
[48] Riguardo questo tema, vedi: H. Schirmann, Ha-teatron we-ha-musiqa bi-shekhunot ha-yehudim be-Italia, <<Zion>> 29, 1964
[49] Dan Pagis, Hiddush u-massoret be-shirat ha-hol, Gerusalemme 1976, p. 253
[50] A. Van der Heide, Dutch Hebrew Poetry of the 17th Century, in: <<Dutch Jewish History>>, vol. II, Maastricht 1989; H. Schirmann, Ha-dramma ha-‘ivri` be-mea` 17, in: <<Le-toledot ha-shira…>>, p. 128
[51] Zinberg, Toledoth sifrut Israel, vol. 3, pp. 113-114
[52] Melkman, ibid., p. 331-333
[53] ibid., p. 333
[54] Schirmann, Ha-dramma ha’ivrit…, p. 130
[55] bid., p. 112, 150. Melkman invece, basandosi sull’ammonimento di Rabbi` Samuel Aboav, amico di Zacuto, contro la facilita` di costumi degli ebrei del suo tempo, sostiene che non sia possibile che quest’opera sia stata scritta per essere letta in pubblico a Purim. Vedi, Melkman, ibid., p. 302
[56] G. Calo`, Il Yessod Olam di Mose` Zacuto in rapporto alla letteratura italiana, <<Rivista Israelitica>> 7, 1910, p. 20
[57] Melkman, ibid., p. 307
[58] ibid., p. 308 ff.
[59] ibid., p. 316
[60] ibid., p. 317
[61] ibid., p. 322
[62] ibid., p. 329
[63] D. Bregman, Sidroth retzef.., p. 303
[64] Schirmann, Le-toledoth ha-dramma.., vol. 2, p. 130, 159
[65] Questo dramma fu tradotto due volte in italiano: la prima da Salomone Luzzati, M. Zacuto, L’inferno preparato, Torino 1819, che trasformo` le quintine in sestine in rima A-B-A-B-C-C; la seconda volta fu tradotto in prosa da Cesare Foa`, Tofte gnaruch ossia il castigo dei reprobi, Finale di Emilia, 1901. Per le citazioni in italiano viene usata qui` la traduzione di Luzzati.
[66] Tofte` ‘Arukh, edizione di Venezia 1715, 3a. Il cosiddetto Trattato dell’Inferno, e` pure un antico midrash, pubblicato in: Adolph Jellinek, Bet ha Midrasch, vol. 1, Jerusalem 1938, pp. 147-149
[67] Sefer Reshit Hokhma`, Venezia 1579, cap. 12. Il <<Giudizio della tomba>>, e` una punizione gia` menzionata in antichi midrashim, secondo i quali il morto riceve non solo le punizioni per le sue colpe, ma anche viene colpito dall’Angelo della Morte. Vedi anche T.B. Berahot 18b.
[68] Massekhet Hibbut ha-qever (Trattato sulla punizione della tomba), cap. 1
[69] Sefer Kawwanoth ha-Ari`, ed. Yesenitz 1723, 42b-43a
[70] Hayim Hamiel, Tofte` ‘Arukh le-rabbi` Moshe` Zacut, prima parte, <<Sinai>> 25, 1949, p. 309
[71] Vedi per esempio David Iona, ‘Al Moshe` ben Mordehai Zacut, <<Bama`>> 33, 1967, p. 98; Zinberg, cit., vol. 2, p. 338; D. Friedman, Tofte` ‘Arukh ‘im mavo` we-‘ibbud le-teatron, Berlin 1922, nell’introduzione, p. 23; Schirmann, Le-toledot ha-dramma we-ha-shira`, vol. 2, p. 128
[72] Dante , Divina Commedia, Inferno III, 9
[73] Schirmann, ibid., p. 127
[74] Shimon Levi, Tofte` Arukh mahaze` massa` ‘ivri` moderni me-hamea` ha-17, <<Bama`>> 23, 1989, p. 115
[75] Levi, ibid., p. 123
[76] ibid., p. 124
[77] Schirmann, ha-dramma ha-‘ivrit.., p. 127-128; Hamiel, Tofte` ‘Arukh le-rabbi` Moshe` Zacut, p. 305
[78] Hamiel, ibid., p.306-307; Levi, cit., pp. 115-116
[79] Hayim Schirmann, Ha-teatron we-ha-musiqa bi-shekhunot ha-yehudim be-Italia, p. 71; vedi anche Schirmann, ha-dramma ha’ivrit, cit., p.131
[80] Melkman, cit., 316
[81] ibid., p. 333
[82] Levi, ibid., pp. 120-121
[83] ibid., p. 131
[84] Friedmann nella sua introduzione al Tofte` Arukh, p. 17
[85] Levi, cit., p. 115
[86] ibid., p. 117
[87] Riguardo questi argomenti, come il fuoco del Gehinnom, i sette fiumi ecc., vedi: R. Eliahu Da Vidas, Reshith Hokhma`, all’inizio del cap. 13
[88] Levi, ibid., p. 120
[89] Friedman, Tofte` ‘Arukh ‘im mavo` we-‘ibbud le-teatron, nell’introduzione, p. 34
[90] Sulle sette bolge dell’inferno, vedi Reshit Hokhma`, cap. 13, dove descrive anche le punizioni che spettano ai condannati nei vari gironi
[91] Talmud Babilonese, ‘Eruvin 19a. Vedi anche Hayim Hamiel, Tofte` ‘Arukh le-rabbi` Moshe` Zacut, seconda parte, <<Sinai>> 26, 1950, p. 101
[92] Van der Heide, Dutch hebrew poetry of the 17th Century, cit., pp. 147-148, vedi in particolare la nota 28
[93] Hamiel, ibid., p. 306-307.