In un’Israele (giustamente) indignata per lo sputo addosso alla bambina colpevole solo di non rispettare gli standard comportamentali di una minoranza, una rivista femminile pensa bene di gettare benzina sul fuoco fotografando finti ultra-ortodossi sedotti da una provocante vera modella
Francesco Battistini
GERUSALEMME – Lui e lei. Lei e loro. Lui e loro. Tutt’insieme, mischiati sugli autobus di Gerusalemme che gli ebrei ultraortodossi vorrebbero separati per sessi. Tutti a strusciarsi, ad abbracciarsi, a sedursi. E poi: i ragazzi coi cappelloni a tesa larga e il torso nudo, le modelle in lingerie rosso fuoco sotto qualche straccetto castigato. E i tacchi a spillo sui gonnelloni da ghetto ottocentesco. E le cosce nude. E le camicette vedo-non-vedo sotto le giacche severe. E le donne col nastro adesivo sulla bocca. E i trucchi vistosi. E i rossetti color passione. E sguardi languidi, tenere carezze… Se la rivista israeliana Belle Modecercava un po’ di pubblicità, l’ha trovata. Se cercava qualche grana, probabilmente troverà anche quella.
Il servizio fotografico uscito sul numero di febbraio sta scaldando l’ira dei più ortodossi fra gli ultraortodossi: donne che ammiccano a ragazzi d’una yeshiva, occhi di giovani studenti della Parola che cadono proprio lì. Un set montato nel deposito dei pullman Egged, quelli che di solito servono il quartiere cassidico di Mea Shearim a Gerusalemme ovest e le cittadine più integraliste, come Beit Shemesh. Gli stessi bus dove spesso vige la prassi di far sedere i maschi davanti e le femmine dietro, molto dietro. E dove qualche mese fa alcune donne, subito soprannominate le Rosette Parks d’Israele, si sono pubblicamente ribellate all’apartheid, ricevendo una buona dose d’applausi dal Paese che non sopporta più quest’intolleranza e un’altrettanta scarica d’insulti da chi (per dirla con Hillary Clinton) sogna d’«iranizzare» lo Stato ebraico.
«COME I TALEBANI» – Le foto, che sfogliereste annoiati su qualsiasi giornale occidentale, qui hanno raggiunto l’obbiettivo. Ed è subito un cinguettio di Twitter, una sfilza di commenti sui blog. «Solo un’operazione pubblicitaria» (Pckaz). «Foto niente male» (Spiceraider). «Che tristezza. Pochi fanatici intolleranti vengono confusi con la grande comunità degli ebrei ortodossi, che hanno avuto il merito di conservare la Torah per generazioni e di salvare le nostre tradizioni» (Bnainoach). «Gli haredim sono come i talebani. Devono imparare il rispetto verso chi non la pensa come loro» (Johnnymidknight). «Disgustoso: non c’è rispetto. Gli ebrei che non osservano la religione pagheranno le loro colpe» (Ella). «E la risposta all’intolleranza sarebbe prendere qualche modella carina e provare a sedurre gli ultraortodossi?» (Flatbroke)… Spiega Maya Pollack, caporedattrice del giornale: «Bisogna prendere le parti delle donne e battersi contro la divisione che gli ultrà vogliono imporci. Sono foto estreme, ma siamo stati attenti a non insultare le donne. Una provocazione, certo. Per far passare meglio il messaggio». «Le donne sono esseri fantastici – dice il fotografo del servizio, Lior Nordman – e questi haredim devono metterselo in testa. Senza le donne, noi uomini siamo nulla. Dobbiamo dare loro un ruolo, un credito. E usare ogni forza per resistere a chi vuole il contrario».
LA BEFFA DEL BOTTICELLI – Dopo anni di silenzio, molte parti della società israeliana reagiscono ormai apertamente. La settimana scorsa, c’è stata la beffa del Botticelli: qualcuno ha tappezzato i muri di Mea Shearim con le riproduzioni della Venere (nuda) e perdipiù l’ha fatto di sabato, giorno nel quale agli haredim è vietato compiere gesti come quello di strappare immagini. Gli ultraortodossi sono diventati il 10 per cento della popolazione, si stima raddoppieranno nei prossimi vent’anni. Non lavorano, ricevono sovvenzioni pubbliche per le scuole religiose. E la loro avversione a ogni modernità, manifestata sugli autobus “misti” come nel divieto d’affiggere pubblicità femminili (perfino quelle elettorali, se ritraggono candidate donne), sta creando problemi di convivenza. Lo scorso dicembre, ha fatto parlare il mondo la storia della bambina di 8 anni, Naama Margolese, insultata all’uscita della sua scuola di Beit Shemesh per le gonne lunghe ma “poco castigate” (osava stare senza calze di lana!). Sono passati due mesi e qualcosa è cambiato: «Per prudenza, la faccio sempre uscire e rientrare dal retro di casa – spiega la mamma –. Ma ribellarsi è servito: quando la mia bambina passa per strada, almeno, non le gridano più “prostituta!”. E lei continua a mettersi le stesse gonne».
Le sedicenti foto “provocanti”: http://www.corriere.it/gallery/spettacoli/02-2012/modelle-israele/1/servizio-provocazione-rivista-israeliana-_bf4cdd8a-556c-11e1-9c86-f77f3fe7445c.shtml#1
Corriere della Sera – 12 febbraio 2012