Alfredo Mordechai Rabello
Nell’ambiente sionista religioso è rimasto famoso il discorso che il Rabbino Avraham Hacohen Kook (il primo Rabbino Capo di Erez Israel) pronunciò il primo giorno di Rosh Hashana` 5694 (1933-34). Erano passati pochi mesi da quando Hitler era giunto al potere nella Germania nazista e le notizie che arrivavano in Erez Israel dalla Germania erano sempre più terribili; più di trentamila ebrei fecero l’alià in questo periodo.
Il Rav Kook decide di fare un discorso prima della suonata dello Shofar nel Beth Hakeneset Hachurvà (Churvat Rabbi Jehudà Hechassid), nella Città Vecchia di Jerushakaim. Nella sala gremita il Rav Kook incomincia a parlare dei dinim (regole) sullo Shofar di Rosh Hashanà, spiegando come vi siano tre gradi: 1) il più alto grado è quello dello Shofar di montone, quello noto ad ognuno di noi; 2) ogni Shofar è casher, fatta eccezione di quello di mucca; 3) se una persona non ha uno Shofar casher, gli è permesso suonare qualsiasi Shofar, anche in uno pasul – inadatto dal punto di vista della Halachà– ma non dovrà fare la Berachà su uno Shofar simile.
Questi gradi dello Shofar di Rosh Hashanà sono adatti anche per i gradi dello Shofar della Redenzione.
Nella preghiera della Amidà che recitiamo ogni giorno, chiediamo: “suona nel grande Shofar della nostra libertà” – ed anche nello Shofar della gheulà vi sono tre gradi. Il risveglio del popolo per essere redento e per redimere la sua terra, è un risveglio la cui sorgente è santa, la fede in D-o e nella santità di Israel Suo popolo: questo è il grande, eccellente Shofar. La sua voce è stata udita dai grandi di Israel, che si sono svegliati all’amore per Sion ed il ritorno ad essa. Questi pii hanno visto nella loro visione la Jerushalaim celeste unita alla Jerushalaim terrestre, hanno avvertito la santità di Erez Israel. Udendo la voce di questo grande Shofar hanno compiuto la alià il Ramban, Rabbì Jehudà Hallevì, Rabbì Ovadià di Bertinoro, gli allievi del gaon di Vilna, i Chassidim del Baal Shem tov: questo è senz’altro ” il grande Shofar della nostra libertà”.
Ma accanto a lui vi è anche un altro Shofar che chiama gli Ebrei a fare l’alià in Erez Israel, perchè questa è la terra dei nostri Padri, qui vissero i nostri Padri, i nostri Profeti, i nostri Re. Qui possiamo vivere come popolo libero nella sua patria, qui possiamo educare i nostri figli in atmosfera ebraica; anche questo è uno Shofar casher, anche se non grande come il primo, è uno Shofar “medio” e bisogna fare la berachà anche su di esso.
Ma vi è anche (e qui il Rav scoppiò in pianto) uno Shofar di un animale impuro: quelli che odiano Israel suonano questo Shofar nelle orecchie degli ebrei e chiamano gli Ebrei a fuggire dalle terre della golà e a salire in Erez Israel finché si è ancora vivi. I nemici ci costringono a redimerci, ci fanno la guerra, ci procurano disgrazie e dolori, non ci danno pace.
Chi non ha ascoltato la voce del primo Shofar, e neppure quella del secondo, dovrà ascoltare contro voglia la voce dell’ultimo Shofar… ma non dobbiamo fare una benedizione su uno shofar simile, non si benedice su un bicchiere di disgrazie ( TB, Berachot 51 b). E noi preghiamo “suona nel grande Shofar della nostra libertà”, non farci arrivare alla nostra libertà attraverso uno shofar piccolo, un suono di disgrazie, bensì attraverso uno Shofar della vera libertà, di piena redenzione proveniente da una fonte di santità.
Tutti noi attendiamo il grande giorno sul quale è detto (Isaia, 27,13): “In quel giorno verrà suonato un grande Shofar e gli sperduti nell’Assiria e i dispersi in Egitto verranno a prostarsi al Signore sul monte sacro, a Jerushalaim”.
A tutti i nostri lettori l’augurio affettuoso: inizi l’anno con le sue benedizioni!
Giurista
Università Ebraica di Jerushalaim