APPENDICE – Alla ricerca di un’identità: gli immigrati ebrei in tre romanzi di Abraham Cahan
Vita di Abraham Cahan Yekl Il vecchio Asriel David Levinsky
(Il ghetto è) un calderone sociale, un guazzabuglio umane dalle componenti trasformate ma non ancora fuse in un tutto omogeneo
ABRAHAM CAHAN [1985:36]
Mi sono perso in America,
perso per sempre.
ISAAC B. SINGER
Introduzione
Tra gli immigrati in America dotati di una voce propria di notevole risonanza c’erano gli ebrei provenienti dall’Europa orientale. Il principale motivo dell’importanza assunta dalla letteratura presso gli ebrei est-europei risiedeva nel fatto che la Torah e il Talmud erano elementi familiari nella loro vita quotidiana, molto più di quanto lo fossero altri testi per immigrati di fedi diverse. L’attività rivoluzionaria sotto il regime zarista dell’Ottocento aveva avuto come conseguenza la diffusione di una cultura che andava oltre i limiti di quella puramente religiosa, mentre la Haskalah , versione ebraica dell’Illuminismo, aveva ampliato gli orizzonti culturali, col risultato che la cultura letteraria espressa in yiddish era una realtà pronta ad adattarsi all’America.
La letteratura ebraico-americana degli ultimi due decenni dell’Ottocento era in gran parte incentrata sul Lower East Side, il quartiere di primo insediamento degli immigrati ebrei est-europei che avevano scelto di stabilirsi a New York. Il Lower East Side era visto come luogo di miseria e sfruttamento; qui le diverse nazionalità si confrontavano e si affrontavano in difesa della propria esistenza fisica, prima che culturale, e il melting pot appariva una chimera. Secondo Hamlin Garland, gli scrittori “etnici”, i romanzieri degli slum, dovrebbero essere parte integrante della scena che descrivono. Sebbene il loro coinvolgimento nella vita del quartiere non risultasse mai in una omogeneità di propositi e di stile, le loro esperienze esercitarono tuttavia un potente influsso unificatore sulle diverse tendenze della letteratura etnica. Ma condividere un’ambientazione, secondo Garland, significava, più che la condivisione di un semplice luogo fisico, l’appartenenza a un’area socio-culturale che, per quanto frammentata al suo interno, era altrettanto chiaramente definita rispetto al resto della città. Il fatto che questa separazione esistesse e che cosa implicasse fu reso evidente sia dalla produzione teatrale sia dall’opera di artisti e scrittori che dal quartiere trassero ispirazione (in Maffi, 1992:202). L’impegno degli intellettuali si spiegava con l’esistenza di conflitti sociali e con l’insoddisfazione per l’evidente contrasto tra i valori democratici proclamati e la loro grossolana o distorta applicazione. Gli intellettuali conoscevano il luogo che descrivevano nelle loro opere, dal momento che vi erano nati, da lì tendevano ad emergere e a far parte di un mondo culturale meno ristretto, senza dimenticare però i legami con il quartiere dei proletari. Il conflitto tra il passato etnico e l’identità etnica in America poteva quindi essere espresso, in forma narrativa, da scrittori che avessero avuto l’esperienza dell’immigrazione e che conoscessero i due tipi di situazione, la vita nel vecchio mondo e quella in America. L’americanizzazione è vista da Maffi (1987:9) come un trauma profondo e difficile da rimarginare, è “un processo senza fine, una corsa ad ostacoli priva di traguardo, una meta irraggiungibile”. La maggioranza dei romanzieri etnici era d’accordo sul fatto che non ci fossero vincitori, tutti perdevano, e si perdevano, in America, i vinti come i vincitori. Ogni immigrato inevitabilmente perdeva qualcosa: era il prezzo da pagare per stabilirsi in America.
Abraham Cahan
Abraham Cahan nacque nel 1860 a Padberberezer (anche Pabrad eo Podberezye), un villaggio vicino Vilna, in Lituania, all’epoca sotto il dominio russo. Sin da giovane partecipò alle attività rivoluzionarie e, nel 1882, anno di repressioni, per evitare la cattura dovette fuggire. Eludendo i controlli della polizia zarista, raggiunse avventurosamente gli Stati Uniti, così come, proprio in quegli anni, facevano tanti ebrei dell’Europa orientale. Nella nuova patria Cahan iniziò una lunga carriera giornalistica collaborando a vari quotidiani yiddish, scrivendo racconti aventi come sfondo gli sweatshop dove lavoravano gli immigrati. Nel 1897 collaborò alla fondazione del Jewish Daily Forward , occupandone il posto di direttore per un cinquantennio e, al contempo, diventò un’importante personalità del socialismo ebraico. Il suo giornale, in yiddish, era la voce degli immigrati, la voce del ghetto di New York, il Lower East Side, e dalle sue pagine egli si batteva per il mantenimento di una cultura ebraica separata dalle altre culture etniche di New York. Cahan riuscì nel suo intento di rendere il linguaggio del suo quotidiano accessibile alle masse di lavoratori ebrei est-europei, senza tralasciare però le idee e le iniziative degli intellettuali. Un decennio dopo la fondazione, il Jewish Daily Forward divenne, tra tutti i giornali non in inglese, il più letto degli Stati Uniti. Dalle 54.000 copie del 1908 esso raggiunse la tiratura media di 175.000 copie nel 1918 (Goren, 1980:585). Howe affermava che, come in uno specchio, nel Forward era riflessa l’intera società yiddish-americana, con i suoi aspetti migliori e peggiori, i suoi ideali, il suo materialismo, la sua cultura popolare (1990:523). Cahan era fautore dichiarato dello yiddish come lingua letteraria, teatrale e politica; ma, allo stesso tempo, comprendeva la necessità che tutti gli immigrati familiarizzassero con la lingua inglese e con la cultura e il modo di vita americani, senza che ciò implicasse la perdita della propria identità. Era consapevole che l’integrazione non avrebbe permesso agli immigrati di eguagliare la classe W.A.S.P.: “…Bisogna essere americani di nascita, per diventare presidenti degli Stati Uniti” (Cahan, 1985:79). Quando morì, nel 1951, Cahan era già una leggenda per due generazioni e aveva conquistato un posto di prestigio nel panorama del giornalismo americano, non solo yiddish.
Il tema centrale di tre dei suoi romanzi, Yekl (Perduti in America) del 1896, The Imported Bridegroom (Lo sposo importato) del 1898, The Rise of David Levinsky (L’ascesa di David Levinsky) del 1917, è il contrasto tra i vecchi valori e l’America dove si presentava agli immigrati est-europei la questione della ricerca di una nuova identità e, al contempo, il problema di come entrare a far parte del nuovo sistema sociale. Il Lower East Side è rappresentato da Cahan come un luogo brulicante in cui i greenhorn , i nuovi immigrati, si affannano nella ricerca di un lavoro, di una casa, di una compagnia; è un’umanità misera che mostra però la dignità di ebrei. Werner Sollors (1990:123) ricorda la descrizione che Cahan aveva fatto del Lower East Side: “Un melting pot tutto ebraico, un ribollente mare umano alimentato da fiumi, ruscelli, torrentelli immigratori che vi si riversano da tutti i centri yiddish d’Europa”. Per Cahan l’immigrato rimane in una “terra di nessuno”; i personaggi dei suoi romanzi, in questo senso, si avvicinano all'”uomo marginale” di Wirth: la maggioranza degli immigrati trovava opportuno abbandonare il proprio passato, ma non senza una certa inquietudine e un sentimento di latente rimorso.
Tre personaggi perduti in America
1) Yekl
Yekl, protagonista di Perduti in America del 1896, è un immigrato ebreo russo (che in America si fa chiamare Jake) il quale ha abbandonato i vecchi comportamenti per adottarne altri, ritenuti più “americani”:
…Rispose Jake con un cenno del capo che considerava tipicamente yankee
(Cahan, 1985:18-9)
ma non si riesce a immedesimare completamente:
…Rispose Jake con una smorfia tipicamente yankee, seguita da quel suo ghigno semitico
(ibid.:22).
La prima volta che cerca lavoro nel campo dell’abbigliamento è inorridito, perchè, in una città in cui esso (il lavoro) era totalmente in mano a cristiani, avrebbe significato la violazione del Sabato mosaico (ibid.:30).
Ma in seguito:
I suoi scrupoli religiosi avrebbero fatto la stessa fine del suo nome. Pur essendo libero dal lavoro al sabato, Jake aveva trovato più di un modo per dissacrare lo Shabbat
(ibid.:30).
Anche nel nuovo paese, Jake continua ad essere circondato da un mondo tutto ebraico, ha compagni di lavoro ebrei, legati a parecchi atteggiamenti derivanti dalla vecchia mentalità. Infatti, in occasione di una baruffa scoppiata nel laboratorio, si vede come
le figlie del ghetto (cioè le operaie del laboratorio) attribuiscono ben poco valore all’esibizione di forza virile quando sia accompagnata, sia pure su un piano puramente immaginario, da atti di violenza
(ibid.:19)
o come un vecchio scrivano che, dovendo comunicare a Jake la morte del padre, balbettò …, alludendo al costume ortodosso che vieta a un figlio d’Israele d’essere portatore di cattive notizie
(ibid.:55).
Jake non ha dimenticato la moglie e il figlioletto in Russia, pur divertendosi con le ragazze conosciute a una scuola di ballo:
Appena ritiro la paga, …, gli lascio una caparra per un biglietto di piroscafo- il pensiero gli balenò rapido in testa mentre si avviava stringendosi contro il fianco le due ragazze
(ibid.:47).
Jake era uscito da una società priva di occasioni di divertimento. In America, prima che arrivasse la moglie, si era dedicato al ballo e a una vita allegra, amoreggiando con Mamie, un’operaia del suo stesso laboratorio; assisteva a spettacoli di varietà e si interessava di pugilato e dello sport in genere. E’ in una scuola di ballo che Jake preferisce passare il tempo libero; il ballo era uno dei divertimenti dei giovani ebrei di entrambi i sessi, che lo consideravano un gioco di perversa seduzione e un atto trasgressivo nei confronti della tradizione. I genitori ancora attaccati all’etica ebraica erano diffidenti verso le sale da ballo e ostili all’idea che i figli, in specie le ragazze, potessero recarsi in questi luoghi.
Il passato ritorna presente quando Jake, nel voler dire le preghiere in memoria del padre defunto, s’accorge che, dopo tre anni dall’arrivo in America, le ha dimenticate. Gli appare allora la figura di un uomo agghindato nei panni bianchi della sepoltura, un fantasma -questo accadeva a chi non avesse detto le preghiere serali, così gli diceva sua madre quando era bambino:
D’improvviso, due mani gelide sembrarono afferrarlo alla gola, mentre la lingua pareva schizzargli fuori della bocca, come succede a chi venga strangolato
(ibid.:60).
La dimensione onirica, tipica dello stile di Cahan, che conferisce a oggetti e situazioni un significato quasi surreale, è espressa anche nella pendola che a Jake pare mormori:
‘Sof-fo-co! Sof-fo-co!’
(ibid.:60), così Jake esce per chiedere a una vicina di casa il libro delle preghiere.
Jake non vuole rivelare ai conoscenti che ha una moglie e un figlio in Russia, non ne ha il coraggio, rimanda tutto al momento in cui sarebbe mancato poco al loro arrivo. Egli ha cercato di reprimere i suoi ricordi matrimoniali o di sfumarli attraverso una rappresentazione fantastica e sentimentale. Il contrasto tra il vecchio Yekl e il nuovo Jake si fa evidente al primo incontro con la moglie Gitl appena sbarcata a Ellis Island:
Il cuore gli era sprofondato nel vedere l’aspetto rozzo e così poco americano della moglie
(ibid.:61). Anche per Gitl l’incontro è amaro:
‘Oi, povera me! S’è tagliato la barba!’- si lascia sfuggire Gitl in un lamento, scrutando il marito
(ibid.:63). Gitl riconosce il marito solo da un suo vecchio lieve tic sul labbro. Quando Jake avverte la moglie che le donne ebree in America:
‘Non usano parrucche e nemmeno i fazzoletti’
lei ne è sinceramente stupita:
‘Ma come! Vanno in giro a capo scoperto?’
(ibid.:65). Essendo sabato la donna si scandalizza a dover viaggiare su un tram a cavalli e a vedere il marito maneggiare soldi. Nell’impatto di Gitl con la nuova casa torna la dimensione onirica:
Sedeva, a rimuginare e osservare indifferente il suo nuovo ambiente -la stufa di ferro, i lavandini fissi a terra, la finestra che s’apriva verticalmente, le scale antincendio, la scopa giallastra dal manico dipinto, tutte cose che al suo paese non s’era mai immaginate- questi stessi oggetti sembravano restituirle uno sguardo pieno di arroganza che la riempiva di terrore. Perfino la coppa d’ottone del campanello elettrico sembrava dirle con disprezzo: ‘Acerba! Acerba!’
(ibid.:73-4). E’ con il termine “acerbo” che il traduttore rende in italiano la parola greenhorn , che indica un giovane immaturo e, nello slang americano, l’immigrato di recente.
Per Jake è difficile provare per la moglie lo stesso affetto che li univa quando si trovavano ancora in Russia: ai suoi occhi Gitl è troppo rozza e antiquata. Miss Kavarsky, divenuta subito la confidente di Gitl, spinge la ragazza ad abbandonare il fazzoletto sul capo, la parrucca, a tagliarsi i capelli più alla moda, per riconquistare l’affetto del marito, perchè in America -spiega- conta molto l’aspetto fisico. La ragazza rifiuta, resiste, è ancora troppo forte il peso della tradizione religiosa che proibisce alla gente di andare a capo scoperto. Irritata, Miss Kavarsky ribatte:
‘Quel che suonano, bisogna ballarlo’
(ibid.:92). E’ la metafora dell’immigrato che si deve sforzare per accettare un modello preconfezionato e adeguarvisi per poter fare parte della modernità che l’America rappresenta. Sembrerebbe che l’americanizzazione consista nell’osservare delle regole ma, negli articoli scritti per il New York Commercial Advertiser , Cahan spiegava come in realtà significasse più della semplice obbedienza alle regole e dell’accettazione passiva dell’ american way of life . La questione dell’americanizzazione -per Cahan- non era solo “adattamento a un’altra cultura”, ma anche “confronto, interazione e dialettica fra cultura ospite e cultura immigrata” (in Maffi, 1992:187-8).
Durante una visita di Mamie, Gitl si sente a disagio, come se sospettasse qualcosa, ma lei non capisce ancora l’inglese, lingua nella quale Mamie e Jake si sono messi a conversare per non far capire a Gitl quale legame in realtà unisca suo marito a Mamie. Gitl è ancora all’oscuro della relazione tra i due; la verità le verrà rivelata da una pettegola che tenta così di gettare discredito su Jake. Jake, solo dopo l’arrivo della moglie in America, capisce di essere innamorato di Mamie; prima provava solo il desiderio di trovare nella ragazza compagnia e divertimento. Gitl lo irrita con i suoi patetici sforzi di rendersi fisicamente più desiderabile. Jake è ormai staccato dal suo passato in modo così radicale che non riesce più ad amare la moglie. “Il contatto con i nuovi ambienti -scrive Sollors- modifica inevitabilmente e definitivamente i personaggi, la loro forza morale e i loro vincoli” (1990:201). Jake chiede il divorzio per sposare Mamie; egli segue i suoi impulsi d’amore e il suo nuovo io, e si ribella contro la tradizione e la sua vecchia identità. Alla presenza di un rabbino, i due si separano; in quest’occasione Jake prova per l’ex moglie una repulsione ancora più forte e si convince di aver compiuto un passo giusto. Gitl rappresenta per lui il passato da dimenticare. Lungo il tragitto verso il municipio dove sposerà Mamie, Jake vorrebbe quasi fermare un processo di cui si sente un po’ la vittima. Egli si dibatte tra due sentimenti contrapposti: da un lato, è felice di essersi liberato della moglie troppo tradizionale, dall’altro vuole godersi ancora un poco la libertà appena conquistata:
La sensazione di essere uscito dalla casa del rabbino non come un vincitore, bensì come la vittima di una sconfitta ignominiosa
(Cahan, 1985:133) non è rimpianto per il passato, ma la sensazione di essere prigioniero -di essersi fatto prigioniero da sè- del sistema americano. Tra le scelte che può fare, non c’è quella di perdere completamente il suo passato; parafrasando Kallen, si potrebbe dire che Jake non può cambiare i nonni, non può tornare indietro, ma almeno può cambiare moglie.
2) Il vecchio Asriel
Il secondo romanzo di Cahan è Lo sposo importato del 1898, dal quale è stato ricavato il film dall’omonimo titolo, diretto da Pamela Berger nel 1989. Se in Perduti in America a cercare un modo di americanizzarsi è un immigrato, disposto a liberarsi della moglie troppo tradizionale, in Lo sposo importato è una ragazza intelligente e colta, Flora, figlia di un ebreo immigrato a New York divenuto ricco, a volere una vita più “americana”. Anche per distinguersi dalle amiche che avevano sposato goffi individui che parlavano un inglese stentato, sogna come marito un dottore dei quartieri alti. Uno sposo di tal fatta era un’assoluta rarità nel ghetto di New York, e subito la ragazza prese a fantasticare su un gentiluomo rasato di fresco, munito d’occhiali e cappello alto, che balzava da un elegante calessino (Cahan, 1987:15). Asriel, il padre di Flora, desidera invece per genero uno studioso dei testi sacri che non sia avvezzo a radersi la barba o a occuparsi di argomenti da gentili . Le ricerche compiute da un sensale di matrimoni sono infruttuose. La ragazza è decisa a diventare la moglie di un dottore:
La parola “rabbino” s’associava nella sua mente all’immagine di un individuo trasandato, …, che tutto ignorava del mondo, aspirava tabacco e rendeva la vita ingrata a sè e agli altri. E lei doveva diventare una rebbetzin?! No, no, e poi no!
(ibid.:63).
In sinagoga, Asriel viene particolarmente colpito dal sermone di un predicatore sul destino che attende nell’aldilà i malvagi defunti; il vecchio comincia ad avvertire il timore della morte, per questo diventa molto osservante delle pratiche religiose, fino al punto da non tollerare che la figlia legga i libri di Dickens mentre egli recita le preghiere:
‘Riponi quella montagna di spazzatura gentile, almeno fintanto che le sacre parole vengano pronunciate!’ -tuonò il vecchio
(ibid.:17).
Dopo essersi ritirato dagli affari, Asriel decide di tornare a visitare il proprio paese d’origine, in Europa. Qui preleva un giovane prodigio di memoria e intelligenza, uno studioso del Talmud comprato a caro prezzo per fargli sposare Flora, con la convinzione che ciò equivalga a un’offerta di sacrifici a Dio:
‘…Colui che mantiene uno studioso della Legge è pari a colui che offre sacrifici’
(ibid.:75). Shaya, lo “sposo importato”, è allettato dalla prospettiva di sposare un’americana e per lui
la parola America possedeva un suono affascinante, e l’immagine che evocava era un misto di gloria talmudica e moderna
(ibid.:45).
Sbarcati in America, il vecchio Asriel conduce Shaya, prima ancora che a casa, in un negozio di abbigliamento, dal quale il giovane esce completamente trasformato:
Se si escludevano i due riccioli ai lati del viso -simboli di divina conoscenza e di devozione- strettamente arricciati in due cuscinetti sopra le orecchie, per il resto (Asriel) lo considerava ora pienamente americanizzato
(ibid.:57). Asriel è consapevole che la figlia avrà qualche reticenza nello sposare Shaya:
‘E Flora? Che dirà?’ mormorò ad Asriel un angolino del suo cuore gonfio d’emozioni. ‘Vuoi forse darmi ad intendere che quella giovane signora americana sposerà questo tipo strano, pio e d’altri tempi?’. ‘Tieni chiuso il becco, stupido cuore!’, ringhiò dentro di sè Asriel. ‘Dovrà sposarlo e basta! E piantala di turbare la mia gioia! E’ tutto per il suo bene, come per il mio…’
(ibid.:48). Infatti, al vedere Shaya la prima volta,
in preda al panico, Flora s’avventò sul giovane sconosciuto … e sibilò: ‘Signore! E’ meglio che ve ne andiate, e subito! Se pensate di poter diventare mio marito, vi sbagliate di grosso!’
(ibid.:61). Neanche le parole della serva riescono a convincerla:
‘Nel vecchio paese, una ragazza come voi sarebbe felice di sposare un figlio della Legge come quello! E’ solo qui in America che ci comportiamo da peccatori e che le ragazze sposano uomini di mondo e basta! Potesse davvero ogni figlia di Israele essere benedetta da una simile unione!’
(ibid.:64).
Shaya, per abituarsi alla nuova vita in America, si impegna nelle lezioni di inglese, aiutato da un maestro e da Flora stessa, che aveva vinto la sua iniziale reticenza; il maestro in seguito porta a Shaya, di nascosto, dei libri di scienza gentile , materie proibite per un ortodosso, aritmetica, geometria. Non soddisfatto, Shaya comincia a recarsi di soppiatto in una biblioteca pubblica, luogo considerato dall’ortodossia ebraica come “abominevole”.
Una febbre di impazienza l’aveva colto, l’ansia di assimilare l’intera lingua gentile in ogni sua parte, … Era l’unico grande ostacolo che sembrava levarsi tra lui e l’incantato mondo nuovo che gli si era disvelato
(ibid.:84). Shaya prende a fumare di sabato, a frequentare dei circoli intellettuali cristiani, facendo credere ad Asriel che frequenti invece le sinagoghe del quartiere. Un poco alla volta la ragazza si innamora di Shaya. Ma il vecchio scopre l’inganno, rivelatogli da un venditore ambulante, considerato uno degli uomini più colti e pii del vicinato. Questo venditore ambulante, in sinagoga, gli rivolge un duro rimprovero e conclude:
‘Questa è la casa di Dio, e qui sono più ricco di te… Il ragazzo poteva diventare un grand’uomo, e invece tu l’hai portato qui, in questa dannata America, e l’hai fatto diventare un appikoros! Vergogna!’
(ibid.:101).
Lo sconforto di Asriel raggiunge il culmine quando, dopo un pedinamento, sorprende Shaya e il maestro di inglese in un ristorante cristiano, intenti a mangiare cibi treyfe , cioè non kosher . Tornato a casa, s’accorge di quanto siano mutati i sentimenti della figlia verso Shaya; adirato, le dice:
‘Flora, tu non lo sposerai’. ‘E invece lo sposerò. Senza di lui non posso vivere’ dichiarò la ragazza con calma determinazione
(ibid.:111). Poichè il padre è intenzionato a impedire il matrimonio, Flora e Shaya si sposano di nascosto in tribunale. Ma il finale è amaro anche per Flora: poche ore dopo la cerimonia ella viene portata dal marito in un circolo ad assistere a una discussione filosofica.
Flora fu sul punto di protestare, di minacciare che se ne sarebbe andata senza di lui. Ma non riuscì a dire una parola, nè a muoversi dal suo posto. Un incubo di gelosia e disperazione la paralizzava … tutta quella compagnia eccitata e vociante, e dell’intero futuro di Shaya, dal quale si sentiva irrimediabilmente esclusa
(ibid.:123).
3) David Levinsky
La carriera letteraria di Cahan si concluse nel 1917 con The Rise of David Levinsky , un lungo romanzo che rappresentò un punto di svolta nel processo di maturazione della letteratura ebraico-americana. La prima stesura risale al 1913 e aveva il titolo di Autobiography of an American Jew . In esso Cahan delinea le vicende del protagonista ispirandosi alla propria vita. Sebbene Levinsky sia in molti sensi una proiezione del suo autore e spesso serva come suo portavoce, il romanzo non è del tutto autobiografico. Infatti Cahan era socialista e il personaggio era invece un uomo d’affari; nel romanzo non vengono rappresentate le lotte del movimento socialista ebraico, bensì le vicende di un ebreo russo ambizioso e apolitico (Dembo, 1970:89). La rivista McClure Magazine , su cui nel 1913 venne pubblicata a puntate la prima edizione del Levinsky , prometteva che l’autore, “essendo probabilmente l’uomo che ha la più profonda conoscenza della vita degli ebrei in America, racconterà una storia vera, che riproduce personaggi, situazioni ed episodi veri, desunti dalla vita reale” (in Sollors, 1990:208). Pur essendosi dedicato alla salvaguardia dello yiddish e avendo scritto The Rise of David Levinsky in questa lingua, Cahan tradusse questo libro in inglese perchè lo voleva rendere un “romanzo americano” per eccellenza, da portare ad esempio delle difficoltà interiori in cui si dibattevano gli immigrati di ogni etnia, non solo ebrei (Guttman, 1971:32).
Il romanzo è la storia di un successo materiale e di un fallimento spirituale, che segue l’ascesa di David Levinsky da orfano spaurito in uno shtetl della vecchia Europa a magnate di un’industria d’abbigliamento a New York. David è l’immigrato tipico in cui Cahan cercò di descrivere tutte le contraddizioni sofferte dagli ebrei est-europei protagonisti di eclatanti ascese sociali e “stritolati dal mito americano del successo”. Nato ad Antomir, uno ” shtetl uguale a tanti altri”, David si dedica allo studio del Talmud sin dalla più tenera età. Durante un pogrom , sua madre, impazzita, si getta contro una folla di cristiani ubriachi, venendone calpestata e uccisa. David viene allora accolto in casa di una ricca famiglia ebrea modernizzata, ed è con la loro figlia Matilda che David passa l’adolescenza. Divenuto adulto, si fidanza con Matilda, che gli dà il denaro necessario per andare in America; la ragazza spera di raggiungerlo appena lui si sia sistemato. In seguito all’arrivo in America, David dimentica sia Matilda sia le vecchie abitudini e compie un’ascesa verso il successo materiale, divenendo un allrightnik (egli impara a parlare l’inglese cominciando proprio da allright ), ma ha ancora una mentalità troppo giudaica per fermarsi qui: il successo non è tutto. Si sente perduto senza un ideale cui credere, non appartiene più al mondo d’origine, è molto solo, privo di affetti e rapporti umani. Egli rimane legato al giudaismo e ogni tanto si reca al tempio dove ricorda con nostalgia i tempi in cui leggeva il Talmud . Non sarebbe capace di abbandonare completamente il Talmud , come invece aveva fatto Naphtali, il suo migliore amico dei tempi in cui viveva ancora ad Antomir. Spesso la nostalgia del passato prende il sopravvento:
Passavo molto tempo in sinagoga, leggendo con passione il Talmud. Questo mi avrebbe tenuto in contatto con la mia vecchia casa
(Cahan, 1960:107, la traduzione è mia, e lo stesso è per tutte le altre citazioni dal Levinsky). Infatti la sinagoga del ghetto serviva a mantenere i legami tra i landslayt , coloro che provenivano dalla stessa comunità europea. Aveva dovuto fare i conti con l’intolleranza esistente anche nella nuova Terra Promessa; quando era ancora vestito alla maniera degli ortodossi
un pomeriggio… ebbi l’occasione di attraversare il Horse Market. Poichè non era giorno di mercato, era deserto tranne che per dei gruppi di giovani gentili, civili e soldati… Il mio nuovo vestito lungo e i riccioli laterali causarono la loro ilarità finchè uno d’essi mi tirò un colpo brutale in viso, spaccando il mio labbro inferiore
(ibid.:51). Il tema dell’antisemitismo ritorna quando egli abbandona ogni proposito di sposare una donna cristiana a causa di
quel pregiudizio medievale contro il nostro popolo che rende tanti matrimoni tra ebrei e gentili un fallimento
(ibid.:526).
Accorgendosi che gli operai della sua fabbrica hanno un ideale per cui lottare e un senso della comunità, egli comincia a perdere l’iniziale repulsione verso il socialismo. Negli operai Levinsky vede la capacità di ribellarsi alle autorità ostili; essi sono esperti nel combattere i potenti che controllano la società, la loro è un’energia utilizzabile per costruire una nuova America. I non ebrei non perdonavano a Levinsky il suo essere ebreo, nonostante i suoi patetici sforzi di immedesimarsi nel mondo degli uomini d’affari americani in ogni suo aspetto esteriore. La barriera tra le due parti è rappresentata dall’antisemitismo e dallo spirito di gruppo degli ebrei. L’amarezza è grande per Levinsky quando incontra Matilda, il suo amore di gioventù, giunta a New York con il marito; la donna, divenuta un’agitatrice socialista, è sdegnata per aver visto il suo fidanzato di una volta con un cappotto foderato di pelliccia, una prova del suo stato di borghese sfruttatore di lavoratori.
In questo romanzo predomina il tema della disillusione: la carriera sbalorditiva di Levinsky ha un prezzo, la devastante solitudine e un’apparente aridità interiore lo tormentano:
Sono solo. In mezzo al pandemonio delle mie seicento macchine da cucire e al tintinnio dell’oro che mi rovesciano in grembo sento il silenzio mortale della solitudine. … No, non sono felice
(ibid.:526).
A volte, quando mi trovo solo nei miei meravigliosi appartamenti…a prendermi cura della mia solitudine, dico a me stesso: ‘Ci sono casi in cui il successo è una tragedia’. Ci sono momenti in cui rifiuto tutta la mia carriera, momenti in cui il mio stesso successo mi sembra un errore
(ibid.:529).
Anche Levinsky, come Jake e il vecchio Asriel, è un vincitore sconfitto, egli stesso lo ammette:
Non riesco a sfuggire al mio vecchio io. Il mio passato e il mio presente non si armonizzano. David, il povero ragazzino ondeggiante su un volume del Talmud sembra avere più in comune con la mia identità interiore che non con David Levinsky, il famoso produttore di capi d’abbigliamento
(ibid.:530).
Levinsky non è solo nella sua solitudine. Come tanti altri allrightnik è solo perchè fa suoi i valori di una società competitiva, rivolta al mercato e agli affari, non al cuore e ai sentimenti. Il suo grave problema è che, nel tentativo di scavare nei suoi sentimenti, non riesce ad accantonare i valori del mondo degli affari. Levinsky sembra aver dimenticato i valori di comunità appresi da piccolo, la pietà, lo studio, la lealtà verso la fede dei padri, i rapporti sociali, cioè i valori alla base della vita dello shtetl . Il passato sembra perso, il cambiamento d’ambiente ha messo in moto un processo irreversibile. Il valore della famiglia sembra l’unico cui Levinsky abbia aderito per tutta la vita, e la sua incapacità di trovare l’amore e una casa costituisce il suo fallimento spirituale. In breve, il successo materiale diventa sconfitta spirituale, la vittoria nella società capitalista è una disfatta morale.
Conclusioni
In Cahan le cose divengono magiche e la loro magia entra nella storia, condiziona i personaggi, apre un mondo di sogno e inconscio alla Chagall. “Questa magia contiene la dimensione della memoria presente nel lavoro e nel tempo libero, nei rituali della vita cittadina e nelle cerimonie dell’ortodossia” (Maffi, 1992:188-9).
Il passato impregna di sè l’esperienza quotidiana del ghetto e nella narrativa di Cahan assume il significato di una nostalgia per la vecchia Europa, in cui gli ebrei hanno versato lacrime e sangue, per mascherare l’amara consapevolezza della difficoltà di inserimento in America. L’opera di Cahan è caratterizzata da un certo umorismo che tende all’ironia; si ritrova qui la capacità yiddish di ridere delle tragedie dell’umanità, come si vede nelle commedie del teatro yiddish. L’atteggiamento di Cahan verso i greenhorn e gli allrightnik sembra essere pieno di simpatia e affetto. Per creare dei personaggi caratteristici da inserire in uno sfondo collettivo, Cahan prendeva ispirazione da alcuni narratori russi, come Cechov, Turgenëv, Gogol’, e da altri scrittori contemporanei di lingua yiddish, tra cui Mendele Mokher Sefarim e Isaac Peretz. Ma si rifaceva consapevolmente anche alla tendenza della narrativa americana di inserire riferimenti alle “regioni geografiche, storiche, linguistiche”, e soprattutto al nuovo filone della narrativa urbana che consisteva nel proiettare l’azione tra le strade, gli slum, i casamenti delle metropoli statunitensi.
Cahan, in definitiva, si poneva al “crocevia di tre diverse tradizioni culturali” -la yiddish, la russa, l’americana- aggiungendovi la voce dei “dimenticati d’America”, che non erano solo ebrei, diventando l’iniziatore di un filone letterario ripreso e approfondito da altri narratori ebraico-americani, come Sholem Asch e Isaac Bashevis Singer, vincitore del Premio Nobel per la letteratura del 1978.