Credere nel passato ed essere attivi nel presente per costruire il futuro
Jael Kopciowski
Sono nata e cresciuta nel mondo della scuola ed è come insegnante di una scuola ebraica che sono arrivata al pensiero Feuerstein. Dal momento in cui ho avuto il mio primo contatto con i concetti di Apprendimento Mediato sono passati una quantità di anni impressionante e la mia esperienza rispetto al suo utilizzo si è ampliata ed arricchita di molti punti di vista: quello di psicopedagogista in Istituti Comprensivi, psicologa in un Istituto per non vedenti, docente in corsi finanziati dall’Ente Pubblico per il recupero lavorativo di adulti con diverse tipologie di difficoltà, trainer in corsi di formazione frequentati da figure attive in contesti molto diversi tra loro (professionali e non), responsabile di progetti basati su attività di matrice Feuerstein, libera professionista (psicologa psicoterapeuta) aperta all’accoglienza di persone di tutte le età. La filosofia di vita che Reuven Feuerstein mi aveva trasmesso è sempre stata alla base delle mie attività.
Il rapporto educativo con i giovani, in ogni caso, è rimasto fondamentale anche quando scelte diverse mi hanno portato a lasciare l’insegnamento. Nel pensiero ebraico, profondamente integrato nella proposta di Feuerstein, la trasmissione culturale alle nuove generazioni rappresenta l’aspetto fondamentale.
Ci si può porre, di conseguenza, un interrogativo: Che cosa è “il metodo Feuerstein”?
Una risposta non certo esauriente ma, quanto meno, indicatrice delle linee generali che lo delineano potrebbe essere:
“Un metodo per il potenziamento delle capacità mentali basato sul principio che l’intelligenza non è un fattore predeterminato e stabile ma un elemento passibile di evoluzione. Feuerstein esplicita le condizioni che permettono il potenziamento delle capacità mentali fornendo indicazioni riguardanti l’ambiente in cui operare, l’approccio educativo da instaurare e predisponendo esercitazioni pratiche, utili ad affrontare eventuali specifiche carenze.”
Questa spiegazione, però, non renda pienamente ragione della sua essenza: il metodo Feuerstein è qualche cosa di più: è una filosofia di vita, è uno stimolo ad operare e ad agire seguendo criteri di attualità, praticità, dinamismo ed ottimismo. Ogni individuo è modificabile in quanto l’organismo umano è un sistema aperto, caratterizzato da grande dinamicità.
Feuerstein parlando dell’intelligenza, ha sempre affermato: “E’ ora di smettere di misurare ciò che non è misurabile, è ora di potenziare ciò che è potenziabile.”
E’ possibile produrre cambiamenti di tipo strutturale, indipendentemente dall’età, dal genere di problematica, dalle limitazioni esogene ed endogene che caratterizzano la persona. Ciò porta a ricercare strumenti e metodi per produrre la modificabilità anche dove inizialmente non sembra possibile.
Il bambino non deve essere lasciato solo a crescere. Il ruolo dell’adulto è fondamentale per il suo sviluppo: non è sufficiente esporre una persona agli stimoli per ottenere modificazioni di tipo strutturale, è necessario che un essere umano si interponga attivamente, con intenzionalità, tra lui e gli stimoli stessi assumendo la funzione di mediatore.
L’intelligenza è qualcosa che si insegna.
Lo si fa guidando il soggetto ad osservare ed a porsi domande; stimolandolo a confrontare oggetti ed eventi, a cercare collegamenti tra fatti in apparenza non correlati tra loro; inducendolo ad utilizzare un vocabolario corretto ed appropriato; incoraggiandolo ad astrarre dalla situazione vissuta al momento per immaginare fatti futuri o passati, certi o solo possibili, reali o fantastici.
Lo si fa insegnando al bambino ad aver fiducia nelle proprie risosrse, a valutare in maniera obiettiva i propri successi, a far tesoro degli errori per imparare da essi, a rendersi conto che la collaborazione porta un arricchimento reciproco, che la condivisione aiuta a superare le difficoltà.
Lo si fa attraverso la predisposizione di un ambiente attivo modificante, grazie alla mediazione che, secondo Feuerstein, tutti gli educatori dovrebbero utilizzare se desiderano rendere efficace il loro intervento.
Ci sono situazioni, momenti della vita, ambiti specifici, in cui ogni persona, a qualunque età, può trovare vantaggi dal supporto esterno di una figura di riferimento. Di conseguenza, in qualunque relazione di aiuto risulta estremamente efficace avere presenti i principi relazionali indicati da Feuerstein attraverso il concetto di Mediazione.
Quadro storico
Per apprezzare pienamente il valore di un pensiero psicopedagogico della portata di quello di Feuerstein, è utile conoscere le circostanze in cui è nato e le motivazioni che ne hanno fornito la spinta iniziale.
Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale lo stato di Israele ancora in formazione ed in seguito appena nato, si trovò a dover integrare tra di loro ed inserire nella vita civile e sociale centinaia di persone (tra cui moltissimi bambini ed adolescenti)[1] provenienti da stati diversi che parlavano lingue diverse e che, nella maggior parte dei casi, avevano subito fortissime deprivazioni affettive e culturali: separazione dalla famiglia, allontanamento dal gruppo dei pari da cui si erano sentiti improvvisamente ed ingiustificatamente esclusi, persecuzioni e via dicendo. Nei casi estremi, ma non rari, provenivano da campi di concentramento e non solo erano privi delle più elementari basi culturali, ma erano annientati psicologicamente e moralmente dalle esperienze traumatizzanti che avevano dovuto subire, risultando apparentemente portatori di gravi ritardi mentali se non addirittura di patologie psichiche.
Feuerstein, nella sua veste di psicologo incaricato dal governo di intervenire per ovviare nel migliore possibile dei modi alla difficilissima situazione, forte della sua convinzione che l’essere umano è modificabile e che la possibilità di intervenire esiste sempre, rifiutò l’idea di limitarsi a fornire un ambiente confortevole ai giovani in difficoltà, accettando in tal modo come immutabile la loro situazione di svantaggio. Il suo pensiero, basato sui concetti di Potenziale d’Apprendimento e di Modificabilità Cognitiva Strutturale, pretendeva un intervento dinamico e costruttivo.
Dopo una prima analisi dei comportamenti, dei problemi di ordine relazionale e delle possibilità cognitive manifeste, i ragazzi che presentavano le maggiori difficoltà, ragazzi spesso ritenuti inaccessibili ad ogni tipo di intervento educativo, vennero scelti per usufruire di un programma particolarmente intenso che prevedeva il loro inserimento, suddivisi in piccoli gruppi, in kibutzim in cui avrebbero potuto vivere a contatto con giovani della loro età, in un ambiente molto sereno e rilassante ma allo stesso tempo ricco di stimoli tanto affettivi quanto culturali che dava loro anche la possibilità, in momenti e situazioni particolari, di collaborare alle attività del villaggio, facendoli sentire utili e partecipi. Punto focale del programma era la possibilità di avvalersi dell’Esperienza di Apprendimento Mediato secondo il pensiero Feuerstein. Il successo fu straordinario: quasi tutti i ragazzi riuscirono a superare le loro iniziali, enormi, difficoltà e dimostrarono di sapersi inserire affettivamente nell’ambiente e di poter sviluppare in maniera più che adeguata le loro possibilità cognitive. I risultati da loro ottenuti in alcuni tests dopo l’intenso periodo di supporto psicologico, dimostrarono livelli di funzionamento e di equilibrio personale che si avvicinavano alla “norma” e che erano comunque ben superiori a quelli di coetanei giudicati in condizioni migliori e non a rischio al momento della scelta iniziale.
Come spesso succede, teorie nate dall’impellente necessità di aiutare persone in situazione di grave disagio, risultano poi utili in maniera ancora più determinante per l’intera popolazione. Così il principio dell’Apprendimento Mediato risultò utile anche per potenziare le capacità mentali di ragazzi senza particolari carenze e, addirittura, per migliorare le prestazioni di adulti pienamente realizzati ed inseriti nel mondo del lavoro.
Oggi il metodo ha una larga diffusione in ambiti anche molto diversi tra loro: dall’inserimento nei programmi di classi di ogni ordine e grado (dalla primaria alle superiori, compresi studenti universitari), al supporto per persone con disabilità, al recupero di ragazzi con gravi disagi socio-culturali, alla qualificazione professionale dei quadri dirigenziali nelle aziende, alla formazione professionale dei docenti, al mantenimento delle capacità mentali di persone anziane.
“Non esiste ricerca senza formazione ed esperienza diretta di lavoro con i ragazzi e con le famiglie, non esiste formazione senza preparazione teorica e pratica, non esiste teoria senza un contatto quotidiano con i ragazzi. Questa combinazione di teoria e pratica fornisce un grosso vantaggio rispetto alla semplice ricerca accademica: apprendiamo quotidianamente dai ragazzi con cui lavoriamo, dai loro genitori, dalle scuole e dei centri di riabilitazione coinvolti nelle attività. Creiamo ipotesi di lavoro che adattiamo mentre operiamo in base alle scoperte che vengono fatte, ai successi ed ai fallimenti.
Impariamo ad essere flessibili e dinamici producendo cambiamenti anche in noi stessi, tanto nella teoria che nella pratica”
Ritroviamo nell’affermazione di Feuerstein un concetto presente nel Talmud Bavlì: Molto ho imparato dai miei maestri. Dai colleghi (amici) più che dai Maestri. Dagli studenti più che da chiunque altro–
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[1] Il nascituro ed in seguito giovane stato di Israele, oltre all’impegno enorme coincidente con le leggi razziali e la seconda guerra mondiale, ha accolto ed integrato nella sua breve storia oltre 800.000 profughi espulsi dai paesi arabi.