Si è aperto a Milano un Bet Midrash per donne, a cura del Rabbinato Centrale. È una novità importante per lo studio dell’ebraismo nella comunità più composita dell’Italia ebraica. Il Bollettino della Comunità ebraica di Milano ha chiesto a Ruhi Levi, una donna che insegna Torà a Roma di fare il punto sull’argomento.
Ruhi Levi
Negli ultimi decenni, puntuale e ricorrente si presenta la necessità di affrontare la questione dello studio della Torà, da parte delle donne. Si discute se le donne devono o possono studiare e se il loro studio deve essere diverso per argomenti e per metodi da quello degli uomini.
Imprescindibile naturalmente, il riferimento alle fonti della Torà scritta e orale. Se da una parte è impossibile dimenticare la famosa Mishnà di Sotà (3/4), nella quale Rabbi Eliezer afferma: “colui che insegna a sua figlia Torà è come se le insegnasse futilità”; Mishnà che, come Rambam precisa (Hilchot talmud Torà 1/13), si riferisce all’insegnamento della Torà orale. Dall’altra, si sprecano i riferimenti apologetici ai personaggi femminili che compaiono nella Torà e a quella Torà delle madri, che si snoda da Sarà passando per Rivkà, Rachel, Leà, Tamar, Iocheved, Miriam, Zipporà e le donne della generazione del deserto, tra cui le figlie di Zelofchad, le cui domande sono state una delle prime e fondamentali spinte per la nascita della Torà orale. Questa discussione può avere un senso, quando la situazione dell’ebraismo è relativamente tranquilla e la questione dell’educazione ebraica non presenta problemi; cioè quasi mai.
In alcuni momenti dovrebbe essere evidente che lo studio delle donne non è una possibilità teorica né un optional. In questi casi i chachamim non hanno avuto esitazioni.
Così, il Chafez Chaim, maestro indiscusso del mondo charedi, pochi anni prima della Shoah, affermava che lo studio delle donne era diventata una questione di sopravvivenza. La posizione di Rabbi Eliezer, egli scrive, “poteva valere nei tempi che ci hanno preceduto, quando la tradizione dei padri era forte per chiunque” ed era ancora possibile “seguire la strada” da loro tracciata. Ma nei momenti in cui la tradizione diventa fragile e può essere mandata in frantumi, quando non è più scontato sentirsi contenuti in essa e lo studio della Torà si accompagna allo studio di altre lingue e altre culture, allora “certamente è una grande mitzvà, insegnare alle ragazze la Torà, i Neviim, i Chetuvim e ciò che i nostri maestri hanno insegnato, come masechet avot o il libro menorat hameor…se così non si facesse, il rischio è, che le ragazze si allontanino completamente dalla strada della Torà” (Likute alachot del Maran Chafez Chaim z”l a Sota 21/2).
Fino all’anno della sua morte, il Chafez Chaim ritornerà sulla questione “la Torà per le bambine è una cosa importante, necessaria e urgente nei nostri tempi”, alla quale bisogna dedicarsi “con ogni sforzo, per salvare, ciò che è nella nostra possibilità salvare” (lettera 1933).
Queste parole venivano scritte oltre settanta anni fa. Oggi, la questione dello studio delle donne non ha perso la sua urgenza. Non è solo un problema teorico o ideologico.
Nel mondo della Torà, l’impegno per lo studio sistematico e a livello avanzato delle donne trova iniziative nuove, di anno in anno. In Italia, più del novanta per cento delle insegnanti di Torà, nelle scuole elementari e medie inferiori, sono donne. La necessità che il livello di preparazione delle insegnanti corrisponda a questi standart è una considerazione ovvia. Non essendo infatti scontato che, l’educazione ebraica, possa essere sempre veicolata dalla famiglia, è a scuola che la maggior parte degli ebrei riceve quell’insegnamento base, con il quale dovrà orientarsi successivamente per il resto della vita.
La filosofa ebrea Hanna Arendt, quando le si chiedeva di esprimere il suo pensiero “in quanto donna”, rispondeva “sono un individuo, ebreo, feminini generis”.
E in effetti, sembra quasi naturale una certa diffidenza verso ogni enfasi posta sulla questione dello studio delle donne presentata o come problema di cui sono in particolare le donne a doversi interessare ed occupare e sul quale devono autoreferenzialmente esprimersi; o come studio di temi specificamente femminili. Non è una questione di quote rosa. Lo studio della Torà riguarda la crescita e la sopravvivenza di una comunità nel suo complesso… inclusi gli individui di genere femminile.
Proprio in Italia 500 anni fa rav Archivolti, scriveva che “le donne interessate a studiare, non solo la Torà scritta ma anche quella orale, poiché manifestano il desiderio di capire la Torà, possono farlo”. Queste “sono donne d’eccezione. E sta ai maestri della loro generazione rafforzarle e incitarle”. Per andare avanti sulla questione dello studio delle donne, è forse necessario tornare indietro? Tra parentesi, sarebbe una grande conquista non dover più sentir parlare di “donne eccezionali, che si sono distinte nel corso dei secoli per il loro studio” e se al contrario, lo studio della Torà da parte delle donne perdesse la sua eccezionalità per diventare, come già avviene nel resto del mondo, una cosa assolutamente normale. Di nuovo Hanna Arendt, quando le si faceva notare di essere una donna eccezionale, rispondeva che per lei era naturale, essendo “abituata ad essere una donna”.
Ruhi Levi
Una realtà composita
Anna Nizza (Israele)
Sono contenta di sentire che, a Milano, si sia espressa, da parte del pubblico femminile, la volontà di studiare Torà, con una maggiore attenzione al testo. Conosco personalmente rav Hochmann e sono sicura che sarà un ottimo moré. Non sono un’esperta in materia, ma posso solo riferirmi a quanto conosco dell’ambiente “ortodosso moderno”, quello in stile Mizrachi o Mafdal, e conservative. Qui, non solo le donne studiano Torà, pensiero ebraico, Halachà e Talmud, ma vengono incoraggiate in questo dai maestri. Come per quasi tutte le mizvot, il limud Torà non è un obbligo delle donne, eppure qui, in Israele, le offerte di studio possono soddisfare mille esigenze: per quelle che si avvicinano all’ebraismo, o che desiderano rafforzare le loro basi e accrescere la propria identità ebraica, o infine che auspicano un percorso parallelo agli studenti delle yeshivot. Fin da bambine, nostro padre e nostro primo maestro, ha inculcato in noi l’idea della centralità della Torà nella vita di un ebreo. In seguito ho avuto maestri che mi hanno segnato, come rav Arbib e rav Colombo. Forse è per questo motivo che, nei miei studi di storia dell’arte, ho scelto la specializzazione in arte ebraica, per accostarmi ai nostri testi e alle nostre origini. Qui, a Gerusalemme, ho frequentato vari ambienti di studio di Torà. Con il Beth Hamidrash, fondato da rav Bahbout, abbiamo ritrovato quello che cercavamo da tempo: in un ambiente intimo, il pubblico sia maschile che femminile può scegliere se studiare insieme oppure separati. Così, ci siamo trovate un gruppo di amiche, tra cui Giordana Anav e Debora Lugarini, Aviva Navarri Di Veroli, a studiare con Rav Hillel Sermoneta, con un metodo che coniuga la tradizione dalla quale proveniamo, quella del Collegio rabbinico di Roma o del Beth Hamidrash di Milano, con l’approccio delle yeshivot ortodosse israeliane. Auguro alle ragazze e alle signore che hanno deciso di rendere attivo il loro rapporto con la Torà, di riuscire con successo – o, come diciamo qui: Behazlachà!
Anna Colombo
La Torà è soprattutto un libro di vita. È noto che le donne sono esentate da quasi tutti i precetti affermativi legati al tempo e per tale motivo i Maestri, probabilmente per timore che lo studio della Torà fosse interpretato solo come interesse culturale, hanno sconsigliato alla donna di occuparsi di quelle parti della Torà che in ogni caso non potrebbero da lei essere messe in pratica.
Rabbi Chaim Halevì e altri eminenti rabbini moderni, però, ritengono che al giorno d’oggi la donna possa studiare qualsiasi parte della Torà per due motivi. Innanzi tutto l’educazione ebraica dei figli, che un tempo era prerogativa del padre, è sempre più delegata alla madre che deve avere una conoscenza più vasta di quella richiesta nel passato. Inoltre la donna ebrea moderna vive a stretto contatto con la società, lavora e studia in ambienti che potrebbero invogliarla all’assimilazione e pertanto lo studio della Torà potrebbe aiutarla a mantenere vivi i principi ebraici in ogni posto essa si trovi. La mia opinione a riguardo segue certamente l’idea di rav Chaim Halevì. Penso che vada curata in particolare l’educazione ebraica e la preparazione delle ragazze, soprattutto durante le scuole superiori e oltre. In altri paesi vi sono programmi finalizzati a conseguire altissimi livelli di conoscenza negli studi ebraici fino al master. A Roma è possibile studiare al seminario Almagià mentre si frequentano le scuole medie e il liceo, per poi in seguito continuare gli studi a livello superiore.
L’anno scorso ho iniziato a insegnare agli adulti tenendo un corso di lettura di testi. Il corso è una delle attività del progetto Kesher ed è rivolto a coloro che vogliono iniziare o riprendere lo studio delle fonti bibliche o delle tefillot. Quest’anno inoltre, insegno Torà nel corso per insegnanti. Queste mie esperienze come docente mi hanno reso consapevole del grande interesse e del desiderio di conoscenza che hanno le donne. Io credo che lo studio non sia visto come fine a se stesso. È lo strumento per partecipare in modo attivo alla vita ebraica, per poter vivere in modo consapevole il proprio ebraismo. C’è un reale entusiasmo nel poter leggere e iniziare a capire la Torà, la Tefillà o la Haggadà. Credo che il Bet Midrash sia un’ottima iniziativa e spero di poterne usufruire. Sento la necessità di continuare a studiare e di poter condividere l’approfondimento dei testi all’interno di un gruppo e con docenti preparati.
Donato Grosser (Stati Uniti)
Prima di tutto, se il Rabbino capo stabilisce di istituire un Bet Midrash per donne, significa che non c’è nulla da ridire. In alcune fonti ebraiche si può tuttavia rintracciare una opposizione a che venisse insegnato in modo sistematico alle donne (Rabbi Eliezer) ma non il divieto che se una donna vuole studiare non possa farlo. Come a dire non si “deve” insegnare ma se si “vuole” studiare si può. Esistono infatti nella nostra tradizione numerose Talmidot Chachamot autodidatte. Possiamo ricordare che nell’Ottocento Rabbì Hirsch, come il quasi contemporaneo Shaddal, nel Siddur Tefillah cita lo Shulchan Aruch quando dice che alle donne bisogna insegnare ciò di cui hanno bisogno. C’è chi ritiene, come i Chassidim Satmer che sono più legati al passato, che alle ragazze vada insegnato solo oralmente.
Fino a cento anni fa non esistevano scuole per ragazze. Fu Sarah Schneirer che andò da rav Israel Meir HaCohen “Hafez Haim” chiedendo di far studiare le ragazze per combattere l’assimilazione. Così nel 1920 venne preso un provvedimento di urgenza che consentiva alle ragazze di studiare Torà, Chumash, Halachot ma ancora senza analisi approfondite. Anche in Italia, Laudadio Sacerdoti di Modena già nel 1700 diceva nei suoi Responsa che se le donne non studiano si allontanano dalla tradizione.
Oggi comunque rispetto al passato la situazione è molto migliorata. Negli Stati Uniti, nelle scuole Beth Yaakov si insegna alle ragazze Midrash, Torà, Halachot con commenti molto approfonditi. Quando si parla di Midrash, lo studio non è tanto diverso da quello del Talmud, anche se dipende dal livello di studio. Nelle Yeshiva University si insegna alle ragazze anche il Talmud, secondo gli insegnamenti di Yoel Beer Solovechick. Oggi le donne sono intellettualmente e culturalmente così avanzate che si può insegnare loro ogni cosa. Quindi se una donna vuole imparare, le si deve insegnare tutto, anche ai massimi livelli. Questa è la situazione negli Stati Uniti, dove però ci sono tanti gruppi che hanno idee diverse. Alcuni gruppi di Chassidim pongono limitazioni, mentre i Chabad sono più aperti. Le donne studiano per un interesse culturale legato alla propria identità e non solo quindi legato all’osservanza religiosa.
Rivka Hazan
Non esiste alcun problema legato allo studio dei testi ebraici da parte delle donne, non esistono testi vietati o sconsigliati. C’è solo da dire che alcuni testi richiedono una preparazione di base per essere affrontati, conoscenze preliminari.
Nella mia esperienza di docente a Milano, ho tenuto moltissimi corsi di studio sistematico o lezioni su singoli argomenti e posso dire che sempre sono state esperienze di profondo arricchimento sia per chi partecipa sia per chi insegna.
A Milano ci sono donne molto colte, con grandi interessi e capacità.
Nei miei corsi insegno Chumash ma anche Rashì; circa 40 donne frequentano in modo sistematico e molte altre frequentano seminari o lezioni su argomenti specifici.
Il fatto che ci sia chi si oppone a che le donne studino dipende dalla provenienza, dall’ambito culturale. Nel mio ambiente non c’è mai stato alcun problema; le bambine hanno sempre studiato con i padri e i fratelli e poi a scuola venivamo valutate anche in Ghemarà: conosco molte donne che possono dare punti agli uomini anche sugli argomenti più difficili. L’apertura del Bet Midrash Nashim a Milano è senz’altro una buona cosa. Più occasioni, più possibilità di studio ci sono e meglio è.
Anna Segre Weissberg
Ho partecipato a due dei tre incontri organizzati dal Rabbinato della Comunità per le signore interessate ad approfondire argomenti di Halakhà (Nashim – Bet Midrash per donne, ogni martedì sera dalle 20.30 alle 22.30 a Scuola). Sono rimasta davvero molto favorevolmente impressionata da queste lezioni per vari motivi. Gli argomenti che rav Hochmann sceglie per le sue lezioni sono di chiaro e diretto interesse anche per le donne (ad esempio, come preparare per lo Shabbat, cosa si può far fare ad una persona che ci aiuta in casa di Shabbat e così via). Per il momento ci siamo avvicinate solo al tema dello Shabbat.
Il metodo che rav Hochmann adotta per queste serate è estremamente interattivo: non si tratta di una lezione accademica in cui egli spiega e noi ascoltiamo, tutt’altro. All’inizio della lezione (o prima per chi lo desidera ed ha tempo da dedicare), il moré ci dà un testo da leggere, tradurre e commentare fra noi a gruppetti. Poi, quando a noi sembra di aver sviscerato il problema, inizia il bello! Rav Hochmann inizia la sua spiegazione e noi le nostre domande, dubbi, richieste di chiarimenti
Rav Hochmann è una persona cordiale, preparata (anche e soprattutto in problematiche delle donne, quali mikvé, ghet), aperta e sempre disponibile alla discussione ed al chiarimento. L’apertura dello studio della Torà alle donne mi sembra un importante segnale di modernità e di considerazione nei nostri confronti da parte della Comunità ebraica di Milano.
In conclusione: spero che il corso continui e che le signore partecipanti siano sempre più numerose.
Daniele Cohenca
Lo studio della Torà da parte delle donne non credo comporti problematiche specifiche, anzi. Ci sono molte regole stabilite dalla Torà e dai Maestri a cui sono tenute esclusivamente le donne, ed è per questo auspicabile un’approfondita conoscenza in questi campi, quali ad esempio le regole relative al ciclo o all’accensione delle candele del Sabato. Non sono un’autorità rabbinica per sapere se ci siano testi “vietati” o “sconsigliati”: ritengo tuttavia che di vietato non ci sia nulla, se non una classica “demonizzazione” della donna che studia la Torà, ritenuto compito esclusivo del maschio. Credo che per secoli la donna sia stata relegata ad un ruolo di nutrice e cuoca, molto restrittivo, che costringe la donna alle mura di casa.
Proprio nella Parashà della scorsa settimana (Vayshlach) abbiamo studiato come Yaakov sia stato punito per aver nascosto la figlia Dinà al fratello Esav; a questo proposito c’è un interessante studio del rebbe di Lubavitch che evidenzia come l’errore sia consistito nell’aver impedito a Dinà di svolgere il suo compito di diffondere Torà fra le donne “gentili” come aveva fatto Sarah. Su alcuni argomenti, solo una donna può trattare con un’altra donna… purché sia regolarmente informata ed erudita.
Nel tempio di via dei Gracchi si tengono regolari lezioni su argomenti generici, per sole donne, ma non credo esista un vero e proprio programma come nel caso di questo nuovo Bet Midrash che approvo con piena soddisfazione. Molte donne sono interessate ad approfondire le loro conoscenza, anche generiche, in seno alla Torà o alla religione più in generale. È indispensabile dare loro la possibilità di soddisfare la loro sete, è essenziale che sia un’iniziativa della Comunità e non di enti privati. Inoltre credo possa essere un eccellente veicolo per avvicinare famiglie intere alla Torà, e alla Comunità in senso lato.
Rav Simantov
Di solito lo studio della Torà per le donne è limitato agli argomenti che devono praticare, come le regole per la casa e lo Shabbath e ovviamente le Tefillot. Credo che sia sconsigliabile, non utile, lo studio approfondito di Torà o Talmud, su argomenti che vanno oltre questa sfera.
Al Noam teniamo un corso due volte la settimana alla signore, oltre a lezioni su temi specifici anche nelle case private. Secondo me l’apertura del Bet Midrash Nashim dell’Ufficio rabbinico è una cosa buona, se le lezioni riguardano i temi femminili.
Interviste a cura di Ester Moscati
Pubblicato sul Bollettino della Comunità Ebraica di Milano