Sono 165 le primavere per “Anna Kulishoff”, nata in Crimea, nella fredda notte dopo il natale ortodosso, il 9 gennaio 1857, da una famiglia di origine hassidica, una delle centinaia di etnie dell’ordito multietnico della Russia. Il padre Moise Rezenstain era un proprietario terriero, membro della influente gilda dei mercanti e libero dai vincoli imposti agli ebrei nell’Impero zarista, dal punto di vista socioeconomico un “port jew”. Laico, integrato nel sistema statale, era estremamente affezionato a sua figlia, dotata di una florida intelligenza, e le garantì una formazione cosmopolita e libera, con una peculiare attenzione alla musica, in particolare il piano e il canto.
L’impegno politico e sociale di Anja cominciò presto e si incanalò nelle organizzazioni studentesche femminili russe che rivendicavano l’istruzione accademica per le donne (il diritto fu conquistato nel 1878 a San Pietroburgo). Il padre, finito il ginnasio, decise di supportarla negli studi a Zurigo, dove la brillante studentessa, si iscrive a Filosofia nel 1871 e, attratta dalle discipline scientifiche, l’anno seguente al Politecnico. Ad un notevole talento, Anja combinava un considerevole fascino e una spiccata passione politica. Nella città svizzera, antico centro di irradiamento della riforma di Zwingli, si era raccolto un circolo dei giovani russi di sinistra influenzati dal pensiero dello storico Petr Lavrov, studioso della Rivoluzione francese, che era approdato ad una propria teoria socialista ed era fermamente convito che i cambiamenti sociali non sarebbero stati determinati dal ribellismo spontaneo, ma dall’istruzione del popolo ed in particolare dei giovani.
Anja aderirì ad un gruppo con tendenze socialiste similari a quelle dei sansimonisti, i zhebuvenisti dal cognome dei tre fratelli che guidavano il circolo Nicolaj, Sergej e Vladimir. Talvolta chiamati sanzhebuvenisti, erano vicini all’organizzazione Narodna Volja (Volontà del popolo) guidata tra i tanti dalla rivoluzionaria russa Marija Oshanina. La studentessa Rozenstain si innamorò di Peter Makarevich, un giovane di nobili origini, anch’egli vicino alle idee rivoluzionarie. I suoi studi passano in secondo piano. Nel 1873 gran parte del gruppo torna in Russia, compresi Peter e Anja, a causa di una delazione il gruppo fu stroncato, Peter fu arrestato e condannato ai lavori forzati, i due non si incontreranno più. Il gruppo era caduto in un errore di valutazione, pensando di poter trasformare le rivolte cicliche del mondo agrario in una rivoluzione. Nei tre anni seguenti Anja fu attiva in Ucraina, tra Odessa e Kiev dove lavorava incessantemente per dare una struttura organizzativa e culturale ai lavoratori e si unì ad un altro gruppo: “i ribelli”.
Nel 1877 lasciò la Russia alla volta di Lugano, facendo tappa a Parigi. Entrambe le città fungevano da raccordo delle migliori menti dei movimenti repubblicani, radicali e socialisti d’Europa. Nella città svizzera si innamora dell’italiano Andrea Costa. È proprio in questa fase e probabilmente sotto la sua influenza che le idee dell’anarchico maturano e lo portano ad una riflessione sulla necessità di sviluppare una struttura partitica di natura socialista abbandonando il ribellismo bakuniano. Vicenda simile a quella di Carlo Caffiero, intellettuale originario Barletta coetaneo di Costa e compagno della rivoluzionaria Olimpiada Kutuzova. Nel 1878 Anja è a Parigi insieme and Andrea Costa, quest’ultimo viene arrestato e condannato a due anni di carcere, mentre lei viene assolta. Si sposta a Ginevra, poi a Lugano, il 30 settembre dello stesso anno partecipa ad un congresso a Firenze, pochi giorni dopo viene sottoposta a carcere preventivo. Uscito dal carcere il compagno la raggiunge in Italia, depone a suo favore e ne ottiene l’assoluzione. Nel gennaio del 1880 sono insieme a Lugano, da lì a Milano, dove vengono nuovamente arrestati. Sono mesi di peregrinazioni, in particolare per Costa mentre Anja espulsa si rifugiò a Lugano. Liberato, Costa raggiunse Anja, dalla quale ebbe una figlia nel 1881, Andreina (che sposerà un banchiere dal quale quattro figli, tra i quali una suora e un abate benedettino), e contemporaneamente partecipò alla fondazione prima del Partito Socialista Rivoluzionario italiano nato nel 1881 con il nome di Partito socialista di Romagna (ed evolutosi nel 1892 in partito socialista dei lavoratori). La formazione politica portò Costa in Parlamento nel 1882. Era il primo deputato socialista in Italia e resterà in carica ininterrottamente dalla XV alla XXIII legislatura. Anja decise di partire alla volta di Berna, dove iniziò a frequentare nuovamente i corsi universitari e si iscrisse a Medicina nel 1883. Poco dopo ammalatasi di tubercolosi lasciò nuovamente la terra elvetica per Napoli nel 1884, dove contava sull’aiuto, economicamente modesto, della sinistra partenopea.
Furono il filosofo pugliese e deputato repubblicano Giovanni Bovio e il medico e senatore Arnaldo Cantani che ebbero cura di lei, consentendole di mantenersi e di iscriversi al quinto anno di medicina nell’università napoletana. Unica donna del corso, scelse di occuparsi di ostetricia e ginecologia, decidendo di studiare l’eziologia della febbre puerperale. Riprendendo così le ricerche del medico ungherese Ignác Semmelweis. Nel 1885, mortificata nel fisico ed esasperata per l’assenza di Andrea Costa, lascia quest’ultimo e costruisce un legame affettivo con Filippo Turati che durerà per decenni. Lasciò Napoli, e ai primi di luglio 1885 si trasferì per una vacanza a Como ospite di una nobile russa. In seguito a Pavia accolta dal medico premio Nobel Camillo Golgi di idee liberali moderate. Non ottenne però il trasferimento negli atenei del nord Italia come avrebbe voluto. Si laureò dunque a Napoli nell’anno accademico 1886-87, prima donna medica dall’ateneo.
Trasferitasi a Milano si dedicò alla cura dei poveri e delle lavoratrici che accoglieva nel proprio piccolo studio e trasformò la sua casa nel salotto di incontro tra le varie correnti del socialismo italiano.
La sua ideologia socialista fu sempre fermamente combinata all’impegno femminista, il suo pensiero è compiutamente di prospettiva europea “E come vien retribuita la donna – produttrice di tante e così svariate ricchezze in tutti i paesi d’Europa? Per rispondere a questa domanda, converrebbe far di nuovo ricorso alle cifre. Basti il dire che da tutte le statistiche – per quanto ancora scarse – si desume però, con sufficiente certezza, questa conclusione: che la donna, a pari lavoro, è sempre pagata molto meno, dell’uomo” dice nel suo intervento del 27 aprile 1890 al Circolo filologico milanese, divenuto poi un piccolo trattato dal titolo “il monopolio dell’uomo” nel quale alle rivendicazioni economiche e sociali univa sottili osservazioni storiche, culturali e statistiche sulla condizione della donna nel mondo.
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