Fa discutere il libro di Gershom Scholem in cui si sostiene che il Maghen David non è di per sé un simbolo ebraico
Francesco Battistini
GERUSALEMME – Sventolata o bruciata. Per chi la sostiene, simbolo di liberazione d’un popolo. Per chi la combatte, segno d’uno Stato da distruggere. Ieri stava sui cappotti di chi doveva essere incenerito. Oggi sta sulle ambulanze di chi si vuole salvare. Maghen David, la stella a sei punte. Che per il mondo intero è la Stella degli Ebrei. E che per un libro, arrivato nelle librerie d’Israele in versione integrale, è diventata l’emblema dell’ebraismo mondiale, sì, ma dopo essere stata per secoli, per millenni una traccia magica.
IL LIBRO – «Maghen David, storia d’un simbolo» è uno studio che sta facendo discutere: opera fondamentale di Gershom Scholem, teologo ebreo tedesco, fu scritta sessant’anni fa e qui viene pubblicata solo adesso, ventisette anni dopo la morte del suo autore. Rilanciando le domande sull’origine dell’Esagramma, già trovato a Babilonia, su antichi templi indiani e in iscrizioni legate all’occultismo: «La Stella di David – è la conclusione di Scholem, che per oltre mezzo secolo si dedicò alla ricerca sulla Cabala e sul misticismo – non è di per sé un simbolo ebraico. E per questa ragione non è il Simbolo dell’Ebraismo».
GLI STUDI DI SHOLEM – Le tesi del professor Scholem – uno dei più grandi studiosi della materia, fra i fondatori dell’Università Ebraica di Gerusalemme – erano conosciute, ma le sue conclusioni non furono mai pubblicate per esteso. Nel 1949, appena nato lo Stato d’Israele che s’era dato per bandiera proprio la Stella racchiusa fra le due fasce blu del Talled, uscì su alcune riviste specializzate un breve estratto, nulla più. Ora si scopre che Scholem aveva compiuto un minuzioso esame delle decorazioni di molti edifici asiatici dove al simbolo, conosciuto come il Sigillo di Re Salomone, venivano attribuiti poteri magici, di guarigione e di scacciasventure. Testimonianze della Stella si trovano in edifici di tremila anni fa, a volte affiancate al simbolo indiano della svastica. Secondo Scholem, il sigillo entrò per la prima volta nella storia del misticismo ebraico durante il VI secolo d.C., su un talismano che lo racchiudeva fra due leoni, ma per molto tempo fu raffigurato ora a sei, ora a cinque punte. Lo Zoroastrismo e altre religioni lo rappresentavano, considerandolo utile anche per combattere febbri sconosciute. Fu solo nell’Ottocento, nel ghetto di Praga, che il simbolo cominciò a essere chiamato Maghen David e a diventare comune sulle copertine dei libri, nelle sinagoghe, sulle lapidi. Finché, anno 1897, il primo congresso sionista di Basilea non decise di farne una bandiera.
LE POLEMICHE – Simbolo magico, prima che simbolo d’un popolo? Il libro tratta un tema scivoloso e la sua uscita, di questi tempi, non poteva passare inosservata. Perché l’ebraicità dello Stato e il giuramento di fedeltà ai suoi simboli sono al centro del dibattito politico, con il partito Yisrael Beitenu del ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, che vorrebbe farne un elemento essenziale della cittadinanza. E poi perché, da sempre, Maghen David è una stella che suscita polemiche non solo nel mondo arabo: non vi si riconoscono alcune frange d’ultraortodossi, per esempio, che non ne tollerano proprio i legami con la tradizione dell’occultismo. Ma non è accettata nemmeno da diversi haredi, religiosi estremi, che vi vedono il simbolo del sionismo e d’uno Stato che non considerano necessari, preferendo restare legati all’antico emblema della Menorah, il candelabro a sette bracci. I giornali e i blog sono bersagliati di messaggi, il dibattito è aperto: «Certo, si tratta d’un simbolo pagano. Tanto che una volta stava pure sulla bandiera del Marocco» (Russel, Tel Aviv); «l’ho visto anche in molte chiese cattoliche d’Europa» (ghostq); «e adesso preparatevi all’odio cieco e ai rifiuti» (Chaim); «l’autore evidentemente non ha fatto ricerche sufficienti: Maghen David compare fin dai tempi di Adamo ed Eva» (Bear, Zefat); «non sarà un simbolo ebraico, neanche la Menorah lo è, ma che cambia? È un simbolo della storia ebraica» (Zionist Forever)…
RIVALUTATO IL SIGNIFICATO PIU’ RECENTE – Non era probabilmente nelle intenzioni di Scholem venire trascinato, sessant’anni dopo, in polemiche di questo tipo. Anche perché il suo libro, che confuta l’antica simbologia, ne rivaluta in pieno il significato più recente: «Il congresso di Basilea sancì una svolta e col sionismo Maghen David assunse da quel momento un ruolo diverso – scrive lo studioso -. Ma fu con l’Olocausto che la Stella prese un significato reale. E ricevette un senso spirituale, di pienezza, che fino a quel momento non aveva mai avuto».
Francesco Battistini
Corriere della Sera – 04 maggio 2009