Come per Gomel gli ebrei buoni, “portatori di memoria” combattono invece l’antisemitismo
Giorgio Gomel
Il vittimismo dei cattolici circa le ragioni dell’esclusione di Buttiglione dalla Commissione della UE – essi giungono a parlare di discriminazione anticristiana o, come il Presidente della Compagnia delle Opere, equiparano i cattolici oggi agli ebrei negli anni ’30 – sarebbe motivo di ironico divertimento se non rivelasse un sostrato più profondo, cioè, un moto di revanscismo clericale contro una laicità dello stato faticosamente e solo parzialmente conquistata.
In Italia, basti pensare all’insegnamento esclusivo della religione cattolica nelle scuole, ai crocefissi nei luoghi pubblici, al salario di stato agli insegnanti di religione e ai sussidi al clero, alla pressione continua della chiesa sull’aborto. Ma l’Europa non è l’Italia, per fortuna. In buona parte di essa, vi sono diverse comunità religiose ed etniche che riescono a coesistere in un confronto libero, anche se non facile, di fedi, culture, opinioni, senza che nessuna prevarichi le altre, solo perché maggioritaria. In Italia, lungo è il tragitto che la società dovrà compiere per accettare un multiculturalismo autentico, non solo proclamato retoricamente. Fino a quando vi sarà una cultura dominante – quella cristiana – a cui le altre sono subalterne, al più tollerate, la società non sarà davvero multiculturale e lo stato non sarà laico, nel senso di mantenere un neutrale rispetto delle diversità religiose, che è garanzia di pluralismo e di tutela delle minoranze.
In fondo, il giusto principio che gli oppositori di Buttiglione hanno affermato e che giustamente Amos Luzzatto ha ricordato nella sua intervista al Corriere della Sera è che la morale religiosa non può essere a fondamento del diritto pubblico ; le convinzioni individuali, pienamente legittime come opinioni, devono rispettare le necessità di uno spazio pubblico che assicuri il confronto e la convivenza fra culture e fedi diverse.
In tutto ciò come ci atteggiamo noi ebrei ?
Come ha osservato con amara pacatezza Ugo Volli in un suo intervento sul sito di Morashà, vi sono “illustri intellettuali ebrei che si sforzano di convincere la comunità ebraica da schierarsi esplicitamente per una parte politica, la destra”.
Essi mirano a formare una “santa alleanza” fra ebrei di destra, destra politica e adesso anche cattolici integralisti, il tutto in nome della difesa acritica dei governi di Israele e della comune avversione all’Islam. Questi ebrei si fanno incantare dal filosemitismo peloso e strumentale di una destra dal fondo antiebraico, ma oggi appassionatamente filoisraeliana.
Non mi sembra questo il modo più efficace per difendere il futuro degli ebrei e combattere l’antisemitismo. Dovremmo invece rifarci a una delle lezioni dell’universalismo ebraico, l’attenzione, cioè, ai diritti dei più deboli. Ma vi è anche un interesse particolare degli ebrei a lottare contro la discriminazione in generale. Da un lato noi ebrei in quanto portatori della memoria dovremmo essere particolarmente sensibili a fenomeni di intolleranza anche al di fuori di noi. Dall’altro vi è un interesse oggettivo degli ebrei a difendere le minoranze e a lottare contro ogni forma di discriminazione quand’anche essa non colpisca direttamente gli ebrei. La storia del popolo ebraico è una riprova palese,infatti, di come forme di razzismo, di esclusione sociale o di discriminazione religiosa si siano prima o poi riflesse in ostilità contro gli ebrei..
Giorgio Gomel