Nel Machazor Vitrì (1,120, fonte 1) viene riportato a nome delle Teshuvot dei gheonim che è vietato punteggiare un sefer Toràh, perché la Toràh è stata data a Moshèh sul Sinai e non abbiamo sentito parlare di punteggiatura. I chakhamim ce l’hanno data come segno, ma non possiamo aggiungerla in base ad una nostra considerazione, perché trasgrediremmo il divieto bal tosif (non aggiungere), anche se abbiamo ricevuto per tradizione la divisione dei versi e i te’amim, ma li abbiamo ricevuti oralmente. E lo stesso vale per la meghillàh di Ester, che è stata paragonata al Sefer Toràh per il sirtut, e lo stesso vale per la mezuzàh.
Rabbenu Bechayè (Bemidbar 11,15, fonte 2) spiegando il verso “im at ‘osèh lì” che il Sefer Toràh è stato dato senza punteggiatura, perché in questo modo il testo può essere spiegato in vari modi, mentre la punteggiatura dà un senso univoco alle parole. Qui ad esempio H. viene definito tramite un femminile, mentre il verbo è al maschile, per indicare che ci si sta riferendo alla middat ha-din. Per spiegare questo fatto riporta due esempi, dove la mancanza di punteggiatura permette di dare un’interpretazione ulteriore del testo, ma ve ne sono numerosi altri: 1) alla fine della legatura di Isacco, è scritto “attàh yada’ti – ora so”, ma senza punteggiatura possiamo leggere anche idda’ti – ho fatto sapere, ho rivelato cioè al mondo che sei timoroso di H.; 2) quando Moshèh viene preso dalla figlia del Faraone è detto “Watishlakh et amatàh waiqqacheha”, e su questo verso i chakhamim in massekhet Sotàh discutono, se amatàh vada inteso come schiava o cubito, e se quindi mandò una serva a prendere Moshèh o allungò il braccio. Con la punteggiatura non vi sarebbe alcun dubbio, perché la presenza o meno del daghesh sarebbe risolutiva. Il Bet Yosef (Yorèh de’àh 274, 7, fonte 3) riporta fra le altre l’opinione di R. Yerucham, che spiega la regola dicendo che c’è “em lamiqrà welamassoret”, e se ci fosse la punteggiatura non ci sarebbe massoret.
Il Bet Yosef (Orach Chayim 691,9, fonte 4) riporta una discussione fra il Rashbà, che ammette l possibilità che la meghillàh abbia punteggiatura e berakhot e piutim nella prima pagina, ed il Mordechay a nome dell’Avì ha-‘ezrì, che la invalida. Il Bet Yosef la considera valida a posteriori.
Pisqè Teshuvot (691, 10, fonte 5) riporta alcune halakhot in merito: che sembra permesso per un baal qorè indicare sulla meghillàh i punti in cui teme di sbagliare la punteggiatura o i teamim; e così i punti in cui il testo scritto e come viene pronunciato differiscono e vengono pronunciati entrambi; allo stesso modo i punti in cui nella meghillàh, dove non compare esplicitamente il nome di H., questo viene accennato. Tutto ciò è meglio farlo ai lati del foglio. Non è opportuno in ogni modo scrivere le lettere del Nome divino più grandi, perché non abbiamo una tradizione in merito. Tuttavia se lo si è fatto, la meghillàh non è invalidata. Altri usano abbellire con disegni la meghillàh, ed hanno su che appoggiarsi, ma fare dei disegni che illustrano la storia della meghillàh sarebbe da evitare.
Lo Shulchan ‘Arukh (691 9 fonte 6) scrive che la punteggiatura, così come l’aggiunta di berakhot e piutim alla prima pagina non è motivo di invalidità.
La Mishnàh Beruràh (691,25, fonte 7) scrive che se non c’è chi sappia leggere la meghillàh con i te’amim è permesso aggiungere anche i te’amim perché non sono differenti dalla punteggiatura.
Sulla punteggiatura nel sefer Toràh c’è una domanda rivolta a Menachem Mendel Auerbach (riportata in Tzefunot 5, 19-24), l’autore dell”Ateret Zeqenim allo Shulchan Arukh, arrivata da Mantova, circa un sefer Toràh con i te’amim. La questione infatti è tutt’altro che ovvia, poiché il Rambam ed il Tur non indicano questo fatto come motivo di invalidare il Sefer Toràh. In particolare il problema è legato al ta’am che divide fra un verso e l’altro (:) perché al contrario degli altri è sulla riga, allo stesso livello del testo, ed i mantovani intendevano permettere l’uso di questo sefer. L’Ateret Zeqenim risponde che non c’è dubbio che il sefer sia pasul, perché così ha deciso lo Shulchan ‘Arukh (Yorè de’ah 274,7) basandosi su numerosi rishonim, e dobbiamo attenerci alla sua decisione. Oltre a questo c’è una fonte ben più antica in Massekhet Soferim (3,7), dove la cosa è scritta senza indicare nessuno in disaccordo. Secondo l’Ateret Zeqenim il fatto che il Rambam non parli del divieto, e che non se ne parli nel Talmud non è motivo di cancellare questa fonte, e anche se venissero tutti i chakhamim e scrivessero che la cosa è permessa, non riuscirebbero a modificare la regola. Ma c’è una questione ulteriore, visto che il Sefer era in uso, ed invalidandolo si screditerebbero i chakhamim venuti prima, ed il minhag, alla luce di ciò, dovrebbe avere la meglio sulla halakhàh. Anche questa non viene considerata una giustificazione, perché ci si appoggia sul minhag quando non si ha una halakhàh chiara, ma visto che qui è evidente non si deve invocare il minhag. Ma secondo lui è possibile tornare a usare il Sefer Toràh cancellando i te’amim, cosa che non sarebbe stata possibile fare se il sefer fosse stato punteggiato. Infatti il Sofer che punteggia la Toràh sta pensando alla miqrà, al testo della Toràh, e non alla massoret, la tradizione, e nell’atto di scrivere pertanto travisa il senso profondo della Toràh. Su questa ultima distinzione c’è che dissente, e ritiene che anche chi mette i te’amim al Sefer stia procurando un’invalidità non recuperabile.
1) וששאלתם אם אסור לנקוד ספר תורה. ספר תורה שניתן למשה בסיני לא שמענו בו ניקוד. ולא ניתן ניקוד בסיני כי החכמים ציינוהו לסימן ואסור לנו להוסיף מדעתינו. פן נעבור בבל תוסיף. לפיכך אין נוקדין ספר תורה. ואף על פי שניתנו פסוקי טעמי’ ונגינות הקרייה מסיני במסורת. (נחמיה ה) כדכת’ ושום שכל וגו’. על פה נאמרו. ולא בסימני נקידה בספר: וכן אתה דן למגילת אסתר. שמדמינו לה לדין שירטוט כאמיתה של תורה. במגיל’ נקראת. והוא הדין לכל דיני מזוזה.
2) …כי בספר תורה שאינו מנוקד יוכל האדם לקרוא: “ואם ככה את עושָׁה לי”, בקמ”ץ תחת השי”ן, כי האותיות כשאינן מנוקדות סובלות כמה כוונות ומתחלקות לכמה ניצוצות, ומפני זה נצטוינו שלא לנקוד ספר תורה כי משמעות כל מלה ומלה לפי הנקוד ואין משמעותה עם הנקוד כי אם ענין אחד, ובלתי נקוד יוכל האדם להבין בה כמה ענינים נפלאים רבים ונכבדים והבן זה, תצטרך אותו בהרבה מקומות, כגון: (בראשית כב, יב) “עתה ידעתי כי ירא אלהים אתה”. שיכול האדם לקרוא “עתה ידעתי” בחיר”ק תחת היו”ד והדל”ת בדגש, מלשון: (איוב לח, יב) “ידעת השחר מקומו”, ובאורו: עתה הודעתי בעולם במצוה זו שצויתיך ועמדת עליה כי ירא אלהים אתה, וכן: (שמות ב, ה) “ותשלח את אמתה ותקחה”, שהוא לשון שפחה, ואנו יכולים לקרוא “אמתה”, מלשון: (דברים ג, יא) “באמת איש”, וכן הבינו אותה רז”ל במדרשם שאמרו (סוטה יב ב) אשתרבובי אשתרבב, ורבים זולתם:
3)… וכ”כ רבינו ירוחם (שם יט ע”ג) ס”ת המנוקד פסול ואפילו הסירו ממנו הניקוד פסול כי יש אם למקרא ולמסורת ואם מנקדו אין כאן מסורת כך פשוט במסכת סופרים…
4) כתב הרשב”א בתשובה (ח”א סי’ שע) על מגילה שהיא נקודה מחמת הניקוד איני רואה שתפסל בכך. וכתב עוד (ח”א סי’ קנ) מגילה שיש בדף הראשון ברכות ופיוטים דבר פשוט שהיא כשרה ע”כ והמרדכי כתב בפרק בני העיר (סו”ס תתלא) בשם אבי העזרי (ראבי”ה סי’ תקעד) דאין לכתוב ברכות במגילה דאיתקש לספר תורה ולא דמי למגילה הכתובה בין הכתובים עכ”ל ואף על פי שנראה מדבריו דמפסיל נמי פסיל לה על דברי הרשב”א יש לסמוך להכשירה בדיעבד:
5) מגילה שהיא נקודה, וכן אם כתב בה בדף הראשון ברכות ופיוטים, אינה נפסלת בכך.
6) שהיא נקודה – ואי ליכא מי שיודע לקרות בטעמים בע”פ מותר לכתוב גם הטעמים במגילה ולברך עליה דלא גרע מניקוד ומ”מ אם אין הטעמים במגילה מותר לקרות בלא טעמים כמ”ש ססי’ קמ”ב: