Siamo al momento della conquista di ‘Ai, la seconda città di Canaan ad essere espugnata dai nostri Padri dopo Gerico. Sulla scia del miracolo precedente, Yehoshua’ continuò la guerra con mezzi materiali: confidando nell’aiuto Divino, inviò soltanto tremila combattenti circa. Ma in questo primo tempo, la campagna contro ‘Ai non fu così rosea come la volta di Gerico: gli Ebrei furono sconfitti, dovettero ritirarsi di corsa e ben 36 di loro (un numero simbolico: pari alla maggioranza più uno dei membri del Sinedrio che erano in tutto 71) persero la vita (v.5). Il Midrash afferma che sarebbe potuto andare ancor peggio se il merito di Avraham Avinu, che proprio in quella località aveva eretto a suo tempo un altare, non li avesse assistiti.
Yehoshua’ e gli Anziani si stracciarono le vesti e si misero della polvere in testa in segno di lutto (v.6): è come se la persona anticipasse la propria morte e si seppellisse simbolicamente (nella Mishnah Ta’anit 2,1 è invece scritto che durante i digiuni per la siccità si adoperava la cenere in memoria del Sacrificio di Isacco, che evoca invece l’idea di sopravvivenza; così fa ancora oggi in alcune Comunità lo sposo in memoria del Tempio distrutto). Avevano intuito di essere stati momentaneamente abbandonati da H., contrariamente alle promesse di aiuto costante che Yehoshua’ riporta fin dal primo capitolo. Yehoshua’ pregò allora la Divinità con i due Nomi che evocano rispettivamente Giustizia e Misericordia, insistendo su due argomenti: 1) se avesse saputo che D. non era al loro fianco non avrebbe introdotto il popolo in Eretz Israel (v.7); 2) la mancata conquista della Terra avrebbe provocato la profanazione del Nome agli occhi delle nazioni (v.9). Il Nome di D. è strettamente connesso con quello di Israel: se quest’ultimo fosse stato sradicato, anche il primo ne avrebbe sofferto.
D. rispose che non era tempo di pregare, bensì di agire. “Alzati, non deprimerti!” (v. 10). Anzitutto, avresti dovuto tu personalmente condurre le truppe in battaglia, secondo il quadro con cui Moshe Rabbenu si era immaginato il suo successore (Be-midbar 27,17; Devarim 31,23), invece di delegare altri: ciò è implicito nella preposizione lakh (=”per te”). In secondo luogo “Israele ha peccato” (da qui il detto dei Chakhamim: “un ebreo per quanto peccatore resta pur sempre un ebreo” – Sanhedrin 44a- e non deve disperare della sua riabilitazione), commettendo cinque infrazioni: 1) hanno trasgredito un patto, recandosi in un luogo qadosh, 2) hanno messo le mani sul bottino di Gerico, destinato a Me, 3) hanno commesso furto, 4) lo hanno negato e 5) hanno indossato il vestito, traendone giovamento. Hanno commesso 5 trasgressioni come i 5 libri della Torah (Abrabanel) e pertanto Io non li assisterò finché non avranno rimediato alla colpa (v. 11-12). Il Talmud (Sanhedrin 11a) riporta che Yehoshua’ avrebbe chiesto a D. di indicargli il colpevole. Ma D. gli rispose di non voler fare il delatore e lo invitò a scoprirlo egli stesso personalmente gettando le sorti. Se fosse stato D. a indicargli il responsabile qualcuno avrebbe di certo pensato che Yehoshua’ ce l’aveva con lui e si era fabbricato l’accusa ad arte per odio nei suoi confronti. In preparazione del sorteggio, alle tribù viene chiesto “santificatevi per l’indomani” (v. 13): abbiamo già trovato l’espressione nella Torah durante la rivolta per le quaglie (Be-midbar 11,18: preparatevi per la punizione – Rashì)): lascia tempo fino all’indomani affinché facessero Teshuvah (Or ha-Chayim). Sull’andamento del sorteggio iniziale delle tribù vi sono due opinioni: 1) Yehoshua’ fece marciare le persone davanti all’Arca e i colpevoli venivano miracolosamente immobilizzati, oppure consultò gli Urim we-Tummim su cui erano appunto scritti i nomi delle tribù. Il colpevole sarebbe stato condannato a morte per rogo, per due motivi: 1) si era impossessato del bottino; 2) aveva provocato la sconfitta dell’intero popolo e la morte di altre persone.
Si rivelò così che la responsabilità della sconfitta di ‘Ai era di un uomo solo, ‘Akhan ben Karmì della tribù di Yehudah, che si era appunto impossessato del bottino di Gerico contro la legge. Yehoshua’ lo invitò a confessare (v. 19-20). Così facendo: 1) avrebbe dato pubblica conferma all’esito del sorteggio di cui ‘Akhan, secondo il Midrash, aveva dubitato (normalmente la confessione dell’imputato non gli vale la condanna finché il delitto non sia stato visto da almeno due testimoni oculari validi); 2) gli sarebbe valsa l’ammissione nel ‘Olam ha-bbà (da qui la regola per cui tutti i morenti, e non solo i condannati a morte, vengono invitati alla confessione).
‘Akhan confessa (v. 21): ho visto il bottino e l’ho desiderato. Yehoshua’ manda immediatamente i suoi uomini a recuperarlo, per il timore che gli amici del colpevole potessero occultare la prova nel frattempo. Secondo un’altra interpretazione, “corsero” per la gioia di avere finalmente liberato l’intera nazione da una maledizione (v. 22). ‘Akhan fu lapidato al cospetto dei suoi famigliari (che non potevano non essere minimamente coinvolti nel delitto, se non altro per coprirlo) e la sua proprietà fu bruciata (v. 24-25): la lapidazione fu comminata per il reato di profanazione dello Shabbat, il “settimo giorno” in cui Gerico fu conquistata (Be-midbar Rabbà 23). Secondo altri l’intenzione era di bruciare anche lui, ma la folla lo lapidò nel frattempo! All’inizio di una nuova era si doveva essere rigorosi nell’affermazione dei principi. Un’ altra lettura sostiene che anche i suoi figli furono messi a morte con lui perché lo avevano sostenuto: la regola della Torah per cui i figli non vengono puniti per le colpe dei padri è infatti condizionata al fatto che i figli non continuino la malvagità dei genitori.
Ghereshonide si domanda: perché sono morti in 36 al posto di uno solo, per di più rimasto vivo? Il popolo ebraico, risponde, è un organismo come il corpo umano: se si ammala una parte c’è il rischio che anche altre ne risentano, ovvero che il male si espanda e ne venga contagiato anche il resto, soprattutto i più deboli ed esposti, come coloro che vanno in guerra. Una volta sospeso l’aiuto divino la guerra va avanti per vie naturali: ‘Akhan fu inizialmente risparmiato solo perché non era al fronte.
Il Rav Eliahu Dessler (Mikhtav me-Eliahu) dà un’altra spiegazione. La responsabilità collettiva per le colpe del singolo nasce dal fatto che nessuno commette azioni che siano universalmente condannate: se si trasgredisce significa che c’è una responsabilità a livello della società nel tollerare quel tipo di azione. Si confronti la frequenza con cui si incorre nella maldicenza, non da tutti ritenuta un reato così grave, rispetto all’incesto o al cannibalismo di cui si sente parlare molto raramente. Se la collettività d’Israele avesse interiorizzato con decisione il divieto di impossessarsi del bottino di Gerico, ‘Akhan non avrebbe osato trasgredirlo!
Due fattori sono evidenti in questo episodio: 1) in un popolo di tre milioni di persone alle prese con il bottino di un’intera città disabitata uno solo fu tentato di arricchirsi. 2) gli standard etici della nazione erano così elevati che l’intero popolo fu punito per la colpa di uno solo.