Giovanni De Martis
Ho letto con una certa sorpresa le critiche mosse al Presidente Luzzatto. Sorpresa, debbo dire, mista ad un certo preoccupato stupore. Sta passando in Italia l’idea che l’essere cattolici sia un “peccato” agli occhi dell’Europa e che il professor Buttiglione sia una sorta di “martire” conculcato da una selva di seguaci di Robespierre atei e rabbiosamente antireligiosi. Idea che – francamente – trovo assai buffa per non dire fantascientifica. Romano Prodi, presidente uscente della Unione Europea, non ha mai fatto mistero di essere cattolico e per di più cattolico praticante. Nel suo caso credo non sia possibile parlare di “integralismo laico”. Probabilmente allora il problema si trova sotto altre latitudini. Probabilmente in Italia si fa una certa fatica a capire che un commissario europeo non è il rappresentante di una nazione ma è un esponente di comprovata capacità politica indicato da un governo aderente per rappresentare tutti i cittadini europei nell’ambito del suo incarico. In questo senso un commissario europeo ha il dovere di mettere da parte non soltanto le sue considerazioni e convinzioni di ordine partitico ma anche religioso. L’Unione Europea non è una istituzione a carattere religioso e non è il luogo per discettare di fede. Le decisioni che l’incarico affidato ad un commissario comportano vanno ad investire la vita quotidiana non di un paese al 99% cattolico come l’Italia ma anche nazioni con fedi e orientamenti differenti, con legislazioni diverse su argomenti estremamente delicati. Invece di domandarsi in modo enfatico se vi sia o meno una rabbiosa canea di giacobini in agguato sarebbe il caso di chiedersi in quale misura Buttiglione sarebbe stato in grado di rappresentare gli orientamenti e i convincimenti in tema di eutanasia che in questi anni sono maturati in Olanda.
Bene ha fatto Amos Luzzatto a notare che chi “riveste cariche pubbliche che rappresentano tutti non può fare dichiarazioni che superano i limiti tra ambito civico e ambito religioso” perché è esattamente così che deve essere. La carica che a Buttiglione è stata negata non proibisce al commissario di avere proprie idee religiose ma lo obbliga ad assumere un atteggiamento rispettoso delle diversità presenti in 25 nazioni europee. Buttiglione ha dimostrato di non esserne in grado. La libertà religiosa di Buttiglione non è stata messa in discussione, semmai – vista la rigidità delle sue dichiarazioni pubbliche specie sulla omosessualità – è stata messa in discussione la sua capacità di non applicare i suoi standard religiosi nell’ambito delle sue funzioni. Probabilmente è venuto in mente a qualcuno che mettere volpi a guardia dei pollai non sia una buona idea. Ciò non significa limitare la libertà delle volpi di esprimere la propria identità piuttosto significa tutelare la libertà delle galline. Se vuole la volpe può manifestare se stessa in altri luoghi.
Veniamo alle dichiarazioni di Luzzatto. Anche qui mi pare si voglia fare più o meno consciamente confusione tra “laicità” e sfera religiosa. Ci si chiede se il professor Luzzatto rappresenta le comunità ebraiche. La risposta è certamente sì. Ma non si può lasciare a mezzo la domanda. Sarebbe più corretto domandarsi se il presidente Luzzatto rappresenta politicamente le comunità ebraiche davanti e nei confronti dello Stato. Anche qui la domanda vedrebbe una risposta positiva. E si badi bene che nell’una come nell’altra risposta non si parla di religiosità. Ciò significa che il lavoro che svolge da anni Luzzatto con indubbia perizia e prudenza non pertiene alla sfera religiosa ma a quella politica. Ha perfettamente ragione Luzzatto quando dice che il punto non è dato dal fatto che anche la religione ebraica condanni l’omosessualità. Luzzatto non parla in quanto esponente religioso. Non ha bisogno che qualcuno gli ricordi questo dato. Luzzatto ha affermato che in uno stato pluralista i “no” religiosi rientrano nella sfera delle coscienze, nel diritto privato. Una società pluralista non può e non deve assumere la morale religiosa – di qualsiasi religione – come fondamento per il proprio diritto pubblico. Se avesse un tale comportamento torneremmo all’eius regio cuius religio dei tempi della Controriforma. Se i fondamenti di una religione fossero posti alla base dello Stato che ne sarebbe di coloro che professano altre religioni? Questo continente ha impiegato secoli per scuotersi di dosso l’ipoteca religiosa sulla vita pubblica.
Altrove, come negli Stati Uniti d’America, i padri fondatori erano ben consapevoli del pericolo di mischiare religione e governo dello Stato. Fu George Washington che disse pubblicamente che “Gli Stati Uniti non sono per nulla fondati sulla dottrina cristiana” e Thomas Paine – altro padre della democrazia americana – disse: “Non aderisco al credo professato dalla Chiesa Ebraica, dalla Chiesa Romana, dalla Chiesa Greca, dalla Chiesa Turca, da quella protestante né da alcuna Chiesa di cui io sia a conoscenza. La mia mente è la mia Chiesa”. Non credo che qualcuno oggi possa ritenere che negli Stati Uniti d’America fondati da George Washington la laicità dello Stato sia stata conculcatrice del pensiero religioso dei suoi cittadini. In uno degli interventi ho letto: “spaventa il fatto che la morale religiosa entri nel diritto civile? Se vedo una persona che ha una paura del genere, sospetterei subito della sua condotta”. Ha ben ragione Luzzatto a spaventarsi di una simile eventualità. Proprio perché persona di condotta specchiata e di profondo senso religioso (riaprire il suo “Leggere il Midrash” sarebbe esercizio consigliabile a chiunque) Luzzatto sa che quando la religione si mischia alla politica produce da millenni gli Ambrogio, le Isabelle di Castiglia, i Savonarola, i Khomeini, i talebani. E come lo sa Luzzatto lo sanno bene gli ebrei italiani solo che, a volte, alcuni più o meno inconsciamente e forse masochisticamente vogliono dimenticarsene.
David Gianfranco Di Segni
Recentemente sono apparsi sulla stampa e su questo sito numerosi attacchi al Presidente delle Comunità ebraiche italiane, Amos Luzzatto.
Luzzatto fa bene a non replicare se le critiche sono offensive e insolenti. In particolare, quella firmata da un tal “Israel” (non si sa se sia un nome, un cognome o uno pseudonimo) ha superato il colmo. (Sono sicuro che non si tratta di Giorgio Israel, che pur se non sempre manifesta opinioni che condivido, ben diversamente si sarebbe espresso nella forma e nel merito). “Israel” pretende di dare lezioni di ebraismo a Luzzatto e per far ciò dice di analizzarne l’intervista “frase per frase, da un punto di vista ebraico”. La lettera d'”Israel” vorrebbe essere dotta in materia di prescrizioni religiose ebraiche, ma in realtà essa ha più che altro il tono e la consistenza del latinorum di Don Abbondio. Può forse “lasciare inebetito il lattaio”, come direbbe Gadda, ma non le persone serie e colte. Primo, perché la lettera è piena di critiche (discutibili) a Luzzatto che con l’ebraismo non c’entrano niente; secondo, perché negli unici punti in cui tratta di tematiche ebraiche, “Israel” dice cose inesatte, incomplete o irrilevanti. Anche quando, alla fine, parla dal punto di vista scientifico (“genetico, evolutivo, biologico”), dice delle cose non vere.
Non sono abituato a discutere di Torà con sconosciuti o con pseudonimi. Consiglio a “Israel” di andare umilmente a studiare con pazienza, molta pazienza, dai suoi Maestri, che gli insegneranno un po’ di Torà (e un po’ di scienza) e soprattutto gli insegneranno a non mancare di rispetto in modo arrogante e offensivo verso un Presidente e verso chi è più grande di lui per saggezza e cultura e, quasi certamente, per età.
Collegio Rabbinico Italiano – Istituto di Biologia Cellulare – CNR