Conclusioni
All’inizio di questo lavoro, una delle persone contattate mi avvisò che, vista la situazione politica internazionale, avrei corso il rischio di trovare la comunità chiusa su se stessa, un po’ diffidente nei confronti di chi, non ebreo come me, avesse fatto “un po’ troppe domande personali”. Aggiunse anche che, tra coloro che avrei interpellato, avrei incontrato due tipi diversi di reazione: coloro che avrebbero risposto volentieri alle mie domande e coloro che avrebbero preferito evitare di ricordare. Tra le persone incontrate, solo in un’occasione mi è sembrato di essermi imbattuto in questa seconda tipologia, non so se per fortuna del caso o per mirata selezione di coloro che mi fornivano i contatti. Ho incontrato molta disponibilità a parlare e ricordare, anche nel caso di V., nonostante, prima di iniziare l’intervista, mi abbia confessato che, visti anche i giudizi che esprime sulla Libia, per lei fosse una cosa molto difficile, quasi dolorosa. Non solo ho incontrato molta disponibilità, ma soprattutto voglia di parlare e, in alcuni casi, stupore che una persona giovane e non ebrea, si interessasse al loro caso. Le pubblicazioni sulla comunità tripolina sono molto scarse; ad esclusione del libro di De Felice (“Ebrei in un paese arabo, Gli ebrei nella Libia contemporanea tra colonialismo, nazionalismo arabo e sionismo (1835-1970) ”), che però termina con il loro arrivo in Italia; qualche articolo su “La Rassegna Mensile di Israel”, scritti da alcuni membri della comunità stessa e gli atti dei simposi da loro tenuti nei vari anniversari, non esiste materiale riguardante né il loro inserimento nella comunità romana, né in Italia. Il loro arrivo è stato generalmente ignorato, come anche lamenta ad un certo punto L.: “Di noi, nessuno ha mai parlato come succede per i palestinesi, anche noi eravamo profughi, anche noi abbiamo lasciato la nostra terra, perché per noi la Libia era la nostra terra. Siamo nati e vissuti là, e così i nostri nonni e bisnonni, anche noi eravamo solo dei profughi esiliati, sballottati da un paese all’altro”. Ho notato anche una certa delusione nei confronti dello Stato italiano riguardo alla questione della cittadinanza, soprattutto per averla ridotta ad una questione economica, senza preoccuparsi della reale condizione sociale di un gruppo di persone, costrette per molto tempo a vivere sospesi in un limbo, privi di documenti e di diritti. Nel complesso ho trovato una comunità molto viva e piena di iniziative; i suoi membri sono riusciti, grazie al reciproco aiuto, a costruire il tempio che richiama molte persone. Ho avuto l’occasione di essere lì pochi giorni prima dell’inizio di Pasqua, ed era un fermento di persone nel pieno corso dei preparativi. Tra i membri della comunità, sia tra quelli intervistati che tra quelli conosciuti in modo meno approfondito, ho riscontrato un alto livello di istruzione, in particolar modo tra coloro che all’arrivo a Roma erano bambini o ragazzi. Penso sia ragionevole supporre che le vicende del trasferimento non abbiano influenzato in modo significativo le loro vite, e che anche i genitori abbiano fatto del loro meglio per offrire ai propri figli l’opportunità di un futuro migliore, nonostante le difficoltà iniziali in cui si sono venuti a trovare.
Il risultato di questo mio lavoro è un approccio alla storia della comunità ebraica tripolina, anche attraverso le testimonianze di alcuni suoi membri. Il tentativo è stato quello di custodire, per il domani, un piccolo pezzo della memoria.
Appendice
3871 12-IX-1938 (XVI) – GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA – N. 208
REGIO DECRETO LEGGE 7 settembre 1938 – XVI, n. 1381.
Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA
IMPERATORE D’ETIOPIA
Ritenuta la necessità urgente ed assoluta di provvedere; Visto l’art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 – IV, n. 100; Sentito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Duce, Primo Ministro Segretario di Stato, ministro Segretario di Stato per l’Interno; Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1
Dalla data di pubblicazione del presente decreto – legge è vietato agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo.
Art. 2
Agli effetti del presente decreto – legge è considerato ebreo colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.
Art. 3
Le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1 gennaio 1919 s’intendono ad ogni effetto revocate.
Art. 4
Gli stranieri ebrei che, alla data di pubblicazione del presente decreto – legge, si trovino nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell’Egeo e che vi abbiano iniziato il loro soggiorno posteriormente al 1 gennaio 1919, debbono lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell’Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto.
Coloro che non avranno ottemperato a tale obbligo entro il termine suddetto saranno espulsi dal regno a norma dell’art. 150 del testo unico delle leggi di P. S., previa l’applicazione delle pene stabilite dalla legge.
Art. 5
Le controversie che potrebbero sorgere nell’applicazione del presente decreto – legge saranno risolte, caso per caso con decreto del Ministro per l’Interno, emesso di concerto con i Ministri eventualmente interessati.
Tale decreto non è soggetto ad alcun gravame né in via amministrativa, né in via giurisdizionale.
Il presente decreto entra in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e sarà presentato al Parlamento per la conversione in legge.
Il Duce, Ministro per l’interno, proponente, è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 7 settembre 1938 – Anno XVI
VITTORIO EMANUELE
Mussolini
Visto il Guardasigilli: Solmi Registrato alla Corte dei conti, addì 10 settembre 1938 – Anno XVI Atti del Governo, registro 401, foglio 72. – Mancini
3878 13-IX-1938 (XVI) – GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA – N. 209
REGIO DECRETO LEGGE 5 settembre 1938 – XVI, n. 1390
Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA
IMPERATORE D’ETIOPIA
Visto l’art. 3, n. 2, della legge 31 gennaio 1926 – IV, n. 100; Ritenuta la necessita assoluta ed urgente di dettare disposizioni per la difesa della razza nella scuola italiana; Udito il Consiglio dei Ministri; Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per l’educazione nazionale, di concerto con quello per le finanze; Abbiamo decretato e decretiamo:
Art. 1
All’ufficio di insegnante nelle scuole statali o parastatali di qualsiasi ordine e grado e nelle scuole non governative, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere ammesse persone di razza ebraica, anche se siano state comprese in graduatorie di concorso anteriormente al presente decreto; né potranno essere ammesse all’assistentato universitario, né al conseguimento dell’abilitazione alla libera docenza.
Art. 2
Alle scuole di qualsiasi ordine e grado, ai cui studi sia riconosciuto effetto legale, non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.
Art. 3
A datare dal 16 ottobre 1938 – XVI tutti gli insegnanti di razza ebraica che appartengano ai ruoli per le scuole di cui al precedente art. 1, saranno sospesi dal servizio; sono a tal fine equiparati al personale insegnante i presidi e direttori delle scuole anzidette, gli aiuti e assistenti universitari, il personale di vigilanza nelle scuole elementari. Analogamente i liberi docenti di razza ebraica saranno sospesi dall’esercizio della libera docenza.
Art. 4
I membri di razza ebraica delle Accademie, degli Istituti e delle Associazioni di scienze, lettere ed arti, cesseranno di far parte delle dette istituzioni a datare dal 16 ottobre 1938 – XVI.
Art. 5
In deroga al precedente art. 2 potranno in via transitoria essere ammessi a proseguire gli studi universitari studenti di razza ebraica, già iscritti a istituti di istruzione superiore nei passati anni accademici.
Art. 6
Agli effetti del presente decreto-legge è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se egli professi religione diversa da quella ebraica.
Art. 7
Il presente decreto-legge, che entrerà in vigore alla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del Regno, sarà presentato al Parlamento per la sua conversione in legge.
Il Ministro per l’educazione nazionale è autorizzato a presentare il relativo disegno di legge.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.
Dato a San Rossore, addì 5 settembre 1938 Anno XVI
VITTORIO EMANUELE
Mussolini – Bottai – Di Revel
Visto, il guardasigilli: SOLMI Registrato alla Corte dei conti, addì 12 settembre 1938 – Anno XVI Atti del Governo, registro 401, foglio 76 – MANCINI
4986 17-XII-1942 (XXI) – GAZZETTA UFFICIALE DEL REGNO D’ITALIA – N. 298
LEGGE 9 ottobre 1942-XX, n. 1420
Limitazioni di capacità degli appartenenti alla razza ebraica residenti in Libia.
VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTA’ DELLA NAZIONE
RE D’ITALIA E DI ALBANIA IMPERATORE D’ETIOPIA
Il Senato e la Camera dei fasci e delle Corporazioni, a mezzo delle loro Commissioni legislative, hanno approvato; Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1
La presente legge stabilisce le limitazioni di capacità degli appartenenti alla razza ebraica, residenti in Libia, per la parte che non sia già regolata da disposizioni ivi vigenti.
Art. 2
Definizione degli ebrei
Con la parola ebrei sono denominati nella presente legge i cittadini italiani, tanto metropolitani che libici, di razza ebraica.
Art. 3
Appartenenza di cittadini italiani libici alla razza ebraica
Ad ogni effetto di legge è considerato di razza ebraica il cittadino italiano libico:
1° che alla data del 1° gennaio 1942-XX professasse la religione ebraica, o fosse iscritto ad una comunità israelita della Libia, o facesse in qualsiasi modo manifestazioni di ebraismo;
2° che sia nato da genitori o da padre di religione ebraica, salvo che egli non professi la religione mussulmana da data anteriore al 1° gennaio 1942-XX;
3° che, essendo ignoto il padre, sia nato da madre di religione ebraica, salvo che egli professi da data anteriore al 1° gennaio 1942-XX la religione mussulmana. Per quanto riguarda l’appartenenza dei cittadini italiani metropolitani alla razza ebraica, rimane fermo il disposto dell’art. 8 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, concernente provvedimenti per la difesa della razza italiana, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 274.
Art. 4
Denunzia di appartenenza alla razza ebraica
L’appartenenza alla razza ebraica del cittadino italiano o libico, fermo per l’ebreo cittadino italiano il disposto dell’art. 9 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, deve essere denunziata entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, sia dall’interessato che dal presidente della comunità israelitica competente per territorio ed annotata nei registri dello stato civile e della popolazione. Contro il provvedimento di attribuzione del cittadino italiano libico alla razza ebraica, è ammesso ricorso, entro un mese dalla notifica, della annotazione suddetta, al Governatore generale che decide definitivamente, sentito il parere di una commissione composta dal procuratore generale del Re Imperatore presso la Corte d’appello di Tripoli, dall’Ispettore del Partito Nazionale Fascista e dal Direttore degli affari politici. Tutti gli estratti dei registri indicati nel comma primo ed i certificati relativi debbono fare menzione della annotazione di appartenenza alla razza ebraica. Uguale menzione deve farsi negli atti relativi a concessioni o ad autorizzazioni della pubblica autorità. I presidenti delle comunità israelitiche e tutti coloro che contravvengono agli obblighi imposti dal presente articolo sono puniti con l’arresto fino ad un anno ovvero con l’ammenda fino a lire diecimila.
Art. 5
Esclusione dal servizio militare. Precettazione civile
Gli ebrei in Libia, tanto cittadini italiani metropolitani che libici, possono, in tempo di guerra o in occasione di operazioni di polizia, essere mobilitati civilmente, secondo le leggi ivi vigenti, e precettati a scopo di lavoro, fermo rimanendo il divieto di prestare servizio militare in pace e in guerra ai sensi dell’art. 10, lettera a) del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728.
Art. 6
Limitazioni della tutela, della curatela e della patria potestà
Fermo restando il disposto dell’art. 10, lettera b) del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, gli ebrei cittadini italiani metropolitani e libici non possono esercitare in Libia l’ufficio di tutore o curatore di minorenni od incapaci appartenenti a religione diversa da quella ebraica e che siano cittadini italiani metropolitani e libici. La privazione della patria potestà nell’ipotesi prevista dall’art. 11 del Regio decreto-legge suddetto è disposta dal giudice tutelare anche per i figli cittadini italiani libici, su istanza degli interessati o del pubblico ministero, o qualora trattasi di figli appartenenti alla religione mussulmana, del Cadi.
Art. 7
Domestici di ebrei
Oltre il divieto di cui all’art. 12 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, gli ebrei in Libia non possono avere alla proprie dipendenze domestici professanti la religione mussulmana. I contravventori sono puniti con l’ammenda da lire mille a lire cinquemila.
Art. 8
Cognomi e nomi
La legge 13 luglio 1939-XVII, n. 1055, concernente disposizioni in materia testamentaria, nonché sulla disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica, si applica anche ai cittadini italiani libici di razza ebraica. I cambiamenti di cognome dei cittadini italiani libici di razza ebraica sono disposti; con decreto del Governatore generale, pubblicato nel Bollettino ufficiale del Governo della Libia. I cambiamenti di cognome dei cittadini italiani di razza ebraica residenti in Libia, oltre che nella Gazzetta Ufficiale del Regno, debbono essere pubblicati nel Bollettino ufficiale del Governo della Libia. I genitori cittadini italiani libici di razza ebraica non possono imporre ai loro figli nomi non ebraici. I cittadini italiani libici di razza ebraica non possono tradurre o sostituire i loro nomi ebraici con nomi di apparenza cristiana o mussulmana. Coloro che avessero già avuto nomi non ebraici debbono, entro tre mesi dalla pubblicazione della presente legge, riassumere l’originario nome ebraico. S’intendono per nomi ebraici i nomi usati esclusivamente dagli ebrei, anche se tratti da lingua diversa dall’ebraica. I contravventori sono puniti con l’arresto fino ad un mese e con l’ammenda fino a lire tremila.
Art. 9
Limitazioni aziendali e immobiliari
Gli ebrei in Libia non possono:
- essere proprietari o gestori a qualsiasi titolo di aziende dichiarate, a termini del R. decreto-legge 18 novembre 1939-XVIII, n. 2488, e del R. decreto 18 luglio 1930-VIII, n. 1455, interessanti la difesa dello Stato;
- essere proprietari o gestori di aziende di qualunque natura che impieghino oltre venti persone, né avere di dette aziende la direzione o, trattandosi di società, esercitarvi le funzioni di amministratore o di sindaco;
- essere proprietari di terreni il cui valore complessivo ecceda le lire trecentomila (300.000) tenuto conto degli immobili eventualmente posseduti in Italia, nel Regno d’Albania, negli altri territori dell’Africa italiana e nei Possedimenti italiani;
- essere proprietari di fabbricati o di aree edilizie il cui valore complessivo ecceda le lire cinquecentomila (500.000) tenuto conto degli immobili eventualmente posseduti in Italia, nel Regno d’Albania, negli altri territori dell’Africa italiana o nei Possedimenti italiani;
- prestare comunque la loro opera in aziende che interessano la difesa dello Stato;
- essere beneficiari di concessioni demaniali siano agricole che forestali o minerarie.
Le concessioni in corso di esecuzione sono revocate. Ai concessionari è rimborsata la somma spesa utilmente, da determinarsi ad insindacabile giudizio del Governo, in base al calcolo estimativo effettuato dagli uffici tecnici competenti rispettivamente per le concessioni agricole o forestali e per le concessioni minerarie.
Art. 10
Ente libico di gestione e liquidazione immobiliare
E’ istituito un ente, al quale deve essere trasferita la parte di patrimonio immobiliare eccedente ai limiti consentiti agli ebrei. L’ente anzidetto è denominato “Ente libico di gestione e liquidazione immobiliare”, ha la sede in Tripoli, ed ha il compito di provvedere all’acquisto, alla gestione ed alla vendita dei beni indicati nel primo comma. L’Ente è amministrato da un consiglio così composto: dal presidente, nominato dal Ministro per l’Africa Italiana, d’intesa con il Segretario del Partito Nazionale Fascista, Ministro Segretario di Stato, e con il Ministro per le finanze; dal Segretario generale del Governo della Libia o da persona da lui delegata; dal primo presidente della Corte d’appello di Tripoli; dall’Ispettore del Partito Nazionale Fascista per la Libia; dai direttori di Governo competenti per gli affari politici, economici e finanziari; dall’avvocato dello Stato della Libia; dal direttore della Banca d’Italia di Tripoli. Il collegio dei sindaci è formato da un consigliere della Corte dei conti, dal ragioniere capo della Ragioneria del Governo e dal segretario del Comitato corporativo della Libia. Il pagamento del corrispettivo degli immobili trasferiti all’Ente a norma del primo comma del presente articolo, è fatto con speciali certificati trentennali all’interesse del quattro per cento che l’Ente è autorizzato ad emettere a tal fine. I titoli avranno corso soltanto in Libia. Le norme per il funzionamento dell’Ente libico di gestione e liquidazione immobiliare saranno emanate dal Ministro per l’Africa Italiana di concerto con il Ministro per le finanze.
Art. 11
Altre limitazioni di attività economiche
In Libia gli ebrei non possono:
- essere proprietari o gestori di aziende di credito e di assicurazione;
- essere proprietari o gestori di aziende di navigazione, di trasporti e di spedizione;
- esercitare il commercio di importazione ed esportazione;
- esercitare il commercio all’ingrosso;
- far parte di cooperative;
- essere proprietari di case di produzione, di noleggio e distribuzioni di pellicole cinematografiche;
- essere proprietari di imprese ed agenzie teatrali e di spettacolo
- essere proprietari di periodici ed agenzie di informazioni e di stampa di opere non strettamente confessionali;
- esercitare qualsiasi attività nella radiodiffusione.
Per ragioni di pubblico interesse il Governatore generale, sentito l’Ispettore del Partito Nazionale Fascista ed il Comitato corporativo della Libia, può consentire deroghe ai divieti di cui alle lettere a), b), c), d) di durata non superiore ad un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge. L’esercizio da parte degli ebrei delle professioni di mediatore, piazzista, procacciatore d’affari, nonché di rappresentante ai sensi degli articoli 2203 e 2209 del Codice civile, è sottoposto a speciale autorizzazione del Governo. Uguale autorizzazione è necessaria per gli enti in cui siano rappresentati interessi ebraici e che esercitano le suddette attività. Le società nelle quali siano comunque rappresentati interessi ebraici non possono esercitare le attività elencate nel primo comma del presente articolo. I contravventori alle norme suddette sono puniti con l’arresto sino ad un anno e con l’ammenda sino a lire ventimila.
Art. 12
Controllo di società ed enti.
L’esercizio in Libia di ogni altra attività industriale e commerciale da parte di società e altri enti in cui siano rappresentati notevoli interessi di ebrei, nonché l’esercizio delle stesse da parte di ebrei; oltre che alle limitazioni previste ed alle condizioni poste da leggi e disposizioni vigenti in Libia, è sottoposto al controllo del Governo.
Art. 13
Disciplina dell’esercizio delle professioni.
La legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1054, concernente la disciplina dell’esercizio delle professioni da parte dei cittadini italiani di razza ebraica, integrata per quanto riguarda la professione di attuario dall’art. 20 della legge 9 febbraio 1942-XX, n. 194, è estesa alla Libia con le seguenti modificazioni ed adattamenti:
1° le norme riguardanti i cittadini italiani metropolitani di razza ebraica sono estese ai cittadini italiani libici di razza ebraica;
2° per due anni dall’entrata in vigore della presente legge è consentito ai professionisti di razza ebraica di assistere i cittadini italiani con statuto personale e successorio mussulmano ed i cittadini italiani libici di religione mussulmana, oltre le persone appartenenti alla razza ebraica;
3° la Commissione distrettuale prevista dall’art. 12 della legge 29 giugno
1939-XVII, n. 1054, è composta dal Primo presidente della Corte di appello di Tripoli o da un magistrato della Corte medesima da lui delegato, con funzioni di presidente, da un rappresentante del Governo, da un rappresentante del Partito nazionale Fascista e da un rappresentante dell’Associazione fascista dei professionisti ed artisti e dirigenti di azienda della Libia; I componenti della Commissione sono nominati con decreto del Governatore generale.
4° oltre che nei casi previsti dall’art. 20 della legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1054, la cancellazione dall’elenco speciale dei professionisti di razza ebraica è effettuata anche in seguito all’applicazione di una delle misure di sicurezza previste dall’ordinamento di polizia per la Tripolitania e la Cirenaica approvato con R. decreto 6 luglio 1933-XI, n. 1101;
5° le norme per la determinazione dei contributi da porsi a carico degli iscritti negli elenchi speciali della Libia, per il funzionamento della Commissione di cui al precedente n. 3 e di quella di cui all’art. 15 della legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1054, sono emanate dal Procuratore generale del Re Imperatore presso la Corte di appello di Tripoli;
6° ai componenti la Commissione centrale prevista dall’art. 16 della legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1054, ne è aggiunto uno, designato dal Ministro per l’Africa Italiana, quando si tratti di ricorsi contro provvedimenti adottati dalla Commissione di cui ai commi precedenti;
7° i termini previsti dagli articoli 6 e 24 della legge 29 giugno 1939-XVII, n. 1054, decorrono dalla pubblicazione della presente legge nel Bollettino ufficiale del Governo della Libia.
Art. 14
Pubblicazioni di ebrei
E’ proibita agli ebrei qualsiasi pubblicazione di carattere non strettamente confessionale anche su periodici. Le pubblicazioni fatte in deroga al precedente comma sono confiscate ed i contravventori, nonché coloro che le stampano, le mettono in commercio o le diffondono, sono puniti con l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda fino a lire diecimila.
Art. 15
Difesa della razza nella scuola
Il R. decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779, concernente l’integrazione ed il coordinamento in unico testo delle norme emanate per la difesa della razza nella scuola italiana, convertito nella legge 5 gennaio 1939-XVII, n. 98, si applica alla Libia, anche nei confronti dei cittadini italiani libici di razza ebraica, con i seguenti adattamenti:
1° nelle scuole per mussulmani della Libia non possono essere iscritti ebrei; 2° le scuole elementari di cui all’art. 5 del R. decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779, verranno istituite in Libia nelle località in cui il numero dei fanciulli di razza ebraica dai 6 ai 12 anni, anche se i loro genitori abbiano conservata la cittadinanza o la sudditanza straniera, sia superiore a 20;
3° le attribuzioni deferite dall’art. 5 del R. decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779, al ministro per l’educazione nazionale e al Provveditore agli studi, sono esercitate per la Libia rispettivamente dal Ministro per l’Africa Italiana e dal Sovrintendente scolastico;
4° la concessione del beneficio del valore legale degli studi e degli esami prevista dall’art. 6 del R. decreto-legge 15 novembre 1938-XVII, n. 1779, verrà deliberata dal Ministro per l’Africa Italiana, a favore delle scuole ebraiche che si trovino nelle condizioni stabilite, limitatamente agli alunni interni, senza che peraltro si richieda alle stesse la qualità di associate dell’Ente nazionale per l’insegnamento medio, la quale non è prevista per le scuole della Libia, e fatta eccezione per gli esami di maturità e di abilitazione che hanno luogo solo negli istituti governativi;
5° in deroga all’art. 13 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, il Ministro per l’Africa Italiana è autorizzato a istituire un ruolo locale riservato a maestri di razza ebraica per provvedere all’insegnamento nelle scuole elementari per alunni di razza ebraica. Nelle scuole suddette, ai posti che non sia possibile coprire con maestri di ruolo, provvede, di anno in anno, il Governo della Libia mediante maestri provvisori.
Art. 16
Esercizio di culto. Comunità israelitiche.
Nulla è innovato per quanto riguarda il pubblico esercizio del culto e le attività delle comunità israelitiche in Libia secondo le disposizioni vigenti. Tuttavia:
1° è soppresso il terzo comma dell’art. 4 delle norme per il funzionamento delle comunità israelitiche della Cirenaica, approvate con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 957;
2° è inibito alle comunità israelitiche della Libia l”acquisto a qualunque titolo di beni immobili fuorché per riconosciute esigenze di culto o per pubblica assistenza ai membri bisognosi delle comunità stesse, previo consenso del Governo della Libia;
3° è soppresso il terzo comma dell’art. 1 delle norme approvate con R. decreto 18 giugno 1931-IX, n. 957, per il quale le comunità israelitiche della Libia fanno parte della Unione delle comunità israelitiche italiane;
4° le attuali comunità israelitiche di Tripoli e di Bengasi comprendono fra i loro iscritti esclusivamente gli ebrei cittadini italiani libici. Il loro rabbino capo deve essere un cittadino italiano libico;
5° per gli ebrei cittadini italiani metropolitani residenti in Libia è costituita in Tripoli una comunità israelitica speciale, regolata dalle norme che saranno emanate con decreto Reale ai sensi dell’art. 44 del R. decreto-legge 3 dicembre 1934-XIII, n. 2012, sull’ordinamento organico per l’amministrazione della Libia, convertito nella legge 11 aprile 1935-XIII, n. 675;
6° oltre alle attuali comunità israelitiche di Tripoli e di Bengasi ed a quella prevista al n. 5, nessuna altra comunità israelitica può essere creata in Libia; 7° il Governatore generale è autorizzato a revocare le deleghe date alle comunità israelitiche per l’esercizio di funzioni pubbliche in applicazione di leggi e regolamenti.
Art. 17
Personale di razza ebraica dipendente da enti pubblici
Fermo il disposto dell’art. 13 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, nulla è innovato in ordine alle cariche ebraiche ed ai ruoli locali di ebrei sia metropolitani che libici, occorrenti in Libia per l’Amministrazione civile e giudiziaria e per l’istruzione delle collettività ebraiche. Previo consenso del Ministro per l’Africa Italiana, il Governatore generale può autorizzare amministrazioni ed enti civili a tenere in servizio il personale metropolitano e libico di razza ebraica d’ordine e salariato, il quale sarà iscritto in speciali ruoli locali.
Art. 18
Discriminazione
Per i cittadini italiani libici di razza ebraica, la discriminazione prevista dagli articoli 14, 15 e 16 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, è disposta, secondo i criteri ivi indicati, e tenendo conto anche di speciali benemerenze acquisite durante l’attuale stato di guerra, dal Governatore generale, e la dichiarazione relativa è fatta con suo decreto non soggetto ad alcun gravame sia in via amministrativa sia in via giurisdizionale, udita una Commissione costituita dal segretario generale del Governo che la presiede, dall’Ispettore del Partito Nazionale Fascista, dai direttori di Governo competenti per gli affari politici, economici e finanziari. La discriminazione conferita dal Ministro per l’Interno a tenore degli articoli 14, 15 e 16 del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, e dal Governatore generale a norma del comma precedente, esclude in Libia il discriminato dall’applicazione delle disposizioni dell’art. 13, lettera h) del R. decreto-legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, e dell’art. 9, esclusa la lettera a), della presente legge. Il Governatore generale ha la facoltà, caso per caso, sentito l’Ispettore del Partito Nazionale Fascista ed il Comitato corporativo della Libia, di sospendere nei riguardi dei discriminati le limitazioni previste dall’art. 11 della presente legge.
Art. 19
Risoluzione delle controversie.
Le controversie relative all’applicazione della presente legge sono risolte, caso per caso, con provvedimento insindacabile del Ministro per l’Africa Italiana.
Art. 20
Ebrei stranieri e apolidi.
Le disposizioni della presente legge si osservano, in quanto applicabili, anche per gli ebrei stranieri e apolidi assimilando i cittadini ai cittadini italiani metropolitani di razza ebraica, e i sudditi e protetti ai cittadini italiani libici di razza ebraica.
Art. 21
Prima denuncia e valutazione degli immobili.
Per la prima applicazione dell’art. 9 gli ebrei, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, dovranno denunziare agli uffici delle imposte del luogo ove hanno la residenza gli immobili di loro pertinenza, sia a titolo di proprietà piena o nuda, sia a titolo di concessione perpetua, secondo i contratti di natura locale. Non sono compresi tra gli immobili quelli adibiti ad uso industriale o commerciale, se il proprietario o il concessionario sia anche il titolare dell’azienda cui essi sono destinati nonché quelli per cui sono in corso procedure di esecuzione immobiliare.
Il valore del patrimonio immobiliare è accertato da due Commissioni di nomina governatoriale, costituite, una a Tripoli per le province di Tripoli e Misurata e per il territorio del Sahara libico, ed una a Bengasi, per le province di Bengasi e Derna, composte dai rispettivi procuratori delle imposte, titolari degli uffici, dei procuratori del Registro, capi degli uffici, e da un tecnico degli uffici fondiari. La valutazione viene effettuata in base alla media dei valori in comune commercio risultanti dalla contrattazioni dell’ultimo triennio precedente il 10 giugno 1940-XVIII, riflettenti gli immobili oggetto di stima o, in mancanza, da quelle relative ad altri immobili ubicati nella stessa località ed in analoghe condizioni dei primi o ad essi comparabili. A tal fine sarà tenuto conto dei documenti autentici esistenti presso pubblici uffici. Tale valutazione è fatta con riguardo alla consistenza complessiva dei beni alla data di entrata in vigore della presente legge anche nel caso in cui successivamente vi siano stati trapassi di proprietà a titolo oneroso o gratuito – salvo per questi ultimi , le eventuali deroghe previste da particolari disposizioni – per atti tra vivi, o mortis causa o per espropriazione per causa di pubblica utilità.
Art. 22
Ricorsi contro le valutazioni
Contro le valutazioni in base all’art. 21 è ammesso ricorso da parte degli interessati entro sessanta giorni dalla notificazione di esso. Il ricorso è giudicato insindacabilmente da una Commissione di nomina governatoriale con sede presso la Corte di appello di Tripoli, e composta dal primo presidente della Corte medesima, o da un suo delegato, che la presiede, da un ingegnere designato dall’Associazione fascista dei professionisti ed artisti e dirigenti di azienda della Libia, se trattasi di immobili urbani; se trattasi di immobili rustici i due membri sono un ispettore dell’Ispettorato agrario del Governo ed un dottore in agraria designato dall’Associazione fascista dei professionisti ed artisti e dirigenti di azienda della Libia. Alla Commissione possono in determinati casi essere aggregati due esperti scelti dal presidente. Le spese occorrenti per il funzionamento della Commissione sono a carico del reclamante e vengono liquidate con provvedimento del Presidente, non soggetto ad impugnazione.
Art. 23
Decorrenza e sfera territoriale di applicazione della legge
La presente legge che si applica anche nel territorio del Sahara libico, entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale del Governo della Libia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d’Italia, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Dato a San Rossore, addì 9 ottobre 1942-XX VITTORIO EMANUELE
Mussolini – Teruzzi – Vilussoni – Grandi – Di Revel
Visto il Guardasigilli: Grandi
R. decreto-legge 9 gennaio 1939, n. 70
Aggregazione di quattro province libiche al territorio del regno d’Italia e concessione ai libici musulmani di una cittadinanza italiana speciale con statuto personale e successorio musulmano (G.U. n. 28 del 3 febbraio 1939).
Art. 1.
Le quattro province della Libia entrano a far parte integrante del territorio del regno d’Italia, secondo l’ordinamento giuridico rispondente alla condizione speciale della regione ed alla diversità di religione degli abitanti. Nulla e’ innovato per quanto riguarda il territorio del Sahara libico.
Art. 2.
La Libia conserva l’attuale personalità giuridica, nonché l’attuale assetto finanziario e patrimoniale e continua ad essere regolata dal vigente ordinamento organico, di cui al r.d. l. 3 dicembre 1934 n. 2012, salvo quanto e’ innovato dalle disposizioni del presente decreto e dal r.d. 8 aprile 1937 n. 431. Di conseguenza le leggi, i decreti e i regolamenti ed ogni altro atto ufficiale che si riferiscono alla Libia devono essere emanati su proposta o di concerto con il Ministro per l’Africa italiana.
Art. 3.
Ai cittadini italiani libici e’ esteso con gli opportuni adattamenti da stabilirsi con apposito decreto reale, l’ordinamento sindacale Corporativo vigente in Libia, limitatamente alle province che fanno parte integrante del regno d’Italia.
Art. 4.
È istituita una cittadinanza italiana speciale per i nativi musulmani delle quattro province libiche che fanno parte integrante del regno d’Italia. Tale cittadinanza speciale non modifica lo statuto personale e successorio dei cittadini libici musulmani.
Art. 5.
I cittadini italiani libici musulmani possono acquistare su loro domanda la speciale cittadinanza prevista nell’articolo precedente quando abbiano i seguenti requisiti: 1) avere compiuto diciotto anni di età;
2) non avere riportata condanna per delitto a pena restrittiva della libertà personale.
Oltre a possedere i requisiti predetti, essi debbono corrispondere ad una delle seguenti condizioni:
a) essere rimasti mutilati, invalidi o feriti, in servizio dello Stato, in azioni di guerra o di grande polizia;
b) essere stati insigniti di una decorazione al valor militare o civile;
c) essere stati insigniti di una distinzione onorifica nazionale;
d) avere servito con fedeltà ed onore in un corpo militare dello Stato
e) sapere leggere e scrivere in italiano;
f) avere ricoperto una funzione pubblica almeno per due anni o essere beneficiario di una pensione corrisposta da una pubblica amministrazione;
g) avere acquisito benemerenze verso la nazione italiana;
h) avere fatto parte della gioventù araba del littorio per almeno un anno.
La speciale cittadinanza italiana con mantenimento del proprio statuto personale e successorio musulmano è concessa con provvedimento del governatore generale della Libia, senza pagamento di speciale tassa, secondo norme da stabilire con decreto del Ministro per l’Africa italiana.
Art. 6.
La speciale cittadinanza istituita con l’art. 4 del presente decreto, comporta il godimento dei seguenti diritti civili e politici di cui gia’ godono i libici:
1) garanzia della libertà individuale, la quale potrà essere limitata solo nei casi e con le forme stabilite dalla legge;
2) inviolabilità del domicilio nel quale l’autorità’ potrà accedere soltanto in forza della legge e con le forme prescritte in armonia con le consuetudini locali;
3) inviolabilità della proprietà, salvo i casi di espropriazione per cause di pubblica utilità e previo pagamento della giusta indennità e salve le altre limitazioni stabilite nelle leggi penali e negli ordinamenti di polizia;
4) diritto a concorrere alle cariche civili nell’Africa italiana in base ai relativi ordinamenti che determineranno anche i necessari requisiti e le modalità di concorso;
5) esercizio professionale nell’Africa italiana a condizione del possesso dei necessari titoli.
Oltre a tali diritti, i libici che abbiano conseguito la speciale cittadinanza istituita con l’art. 4, godranno dei seguenti diritti:
1) il diritto di portare le armi secondo le norme per la coscrizione militare che verrà all’uopo stabilita
2) il diritto di essere iscritti all’associazione musulmana del littorio alla diretta dipendenza del P.N.F.
3) il diritto di accedere alla carriera militare nei reparti libici con le limitazioni e le modalità che il regio governo stabilirà con apposite norme
4) il diritto di esercitare la carica di podestà nei municipi composti di popolazione libica e quella di consultore nei municipi a popolazione mista
5) il diritto di disimpegnare funzioni direttive nelle organizzazioni sindacali di cui all’art. 3 ed essere chiamati a far parte del comitato corporativo della Libia e dei consigli provinciali dell’economia corporativa.
Art. 7.
I diritti indicati nell’art. 6, spettanti ai libici, in possesso della speciale cittadinanza con il mantenimento dello statuto personale e successorio musulmano, vengono esercitati soltanto in Libia e nelle altre terre italiane d’Africa, e non potranno comunque consentire la nomina a posti o incarichi con i quali si eserciti il comando su cittadini italiani metropolitani.
Art. 8.
É abrogata la facoltà di acquisto della cittadinanza metropolitana prevista dall’art. 37 del r.d.l. 3 dicembre 1934 n. 2012, in quanto implica la perdita dello statuto personale e successorio.
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-Varadi, Max, Ebrei di Libia, l’esodo dalla Libia, Secondo Convegno Iinternazionale degli ebrei di Libia, Roma 1989.
Ringraziamenti
Desidero ringraziare tutti coloro che mi hanno aiutato nella stesura di questo lavoro, specialmente tutte le persone della comunità romana che mi hanno offerto la propria disponibilità e tempo, concedendomi preziose interviste e utilissimo materiale. In particolar modo vorrei ringraziare il sig. Journò e il sig. Habib per il preziosissimo materiale fornito, senza il quale una gran parte di questo lavoro non sarebbe stata possibile.