Rav Umberto Piperno
Il Re Salomone che prende la parola nell’Ecclesiaste, si rivolge innanzitutto all’Assemblea, alla Comunità del genere umano. La Comunità Ebraica di Trieste, assieme a quella cittadina vuole ricordare a sé stessa ed al mondo che non assisteremo ad un evento, né tanto meno ad uno spettacolo. La giornata europea della cultura ebraica non va limitata ad un sentimento di un singolo, né va ristretta ad una sola giornata l’anno.
L’Europa, il mondo occidentale, il monoteismo debbono alla cultura ebraica la capacità di porre domande, di affrontare “un tempo per obiettare e un tempo per ricostruire”;
Qohelet smonta ogni modello perenne d’interpretazione del mondo, fino al punto di affermare che sia meglio visitare una casa di lutto piuttosto che andare in un banchetto nuziale.
E’ preferibile riflettere sul dolore e sull’esistenza umana piuttosto che illudersi in un’esistenza senza problemi.
Nella Trieste di due secoli fa, Samuel David Luzzatto commentava il Qohelet affermando: “La scienza dà la vita a chi la possiede, spiega come avvenga e dice che questo accade in quanto ci insegna che non c’è via di scampo dal valore di D-o, che deve essere accettato con gioia”.
Nella traduzione ebraica il Qohelet è più di un libro: si tratta di una Meghillà, un rotolo, un volume da srotolare (Golel), per manifestare ciò che è nascosto, per comprendere le profonde contraddizioni.
I Maestri tentarono più volte di nasconderlo, dice il Talmud (Shabbath 30 b) in quanto “avrebbe contraddetto anche Moshè nostro Maestro.
Nichilismo e Pessimismo sembrano essere predominanti: perché il Re Salomone avrebbe scelto un messaggio così contraddittorio?
Dal buio profondo, afferma Rav Quq, spunta la luce.
Rav Himnunà faceva precedere la lezione da alcune parole di stoltezza per costruire un messaggio verità;
Questa è la virtù dei pesci saper nuotare in acque torbide; Rav Himnunà, si paragona ad un pesce che nel momento della tempesta in cui le navi somigliano a bucce di noci, non teme di camminare tra le onde anzi considera naturale questo cammino.
La storia e la cultura del popolo ebraico assomigliano al cammino di Rav Himnunà. Saper nuotare tra le onde, tra le contraddizioni della vita e della logica significa saper risalire dagli abissi.
Numerose sono state le occasioni in cui la vita ebraica sembrava essere ingoiata dagli abissi dell’iniquità, dalle onde travolgenti delle persecuzioni.
Signore, hai fatto salire la mia anima dallo Sheol, mi hai fatto vivere dalla discesa nell’abisso.
Con queste parole il re David affronta i problemi della vita lo Sheol, l’abisso da cui risale l’anima è quello delle domande senza risposta, l’abisso della vita senza cultura. Il Signore fa vivere anche chi sprofonda nel pozzo dell’ignoranza. Il rischio della nostra società è di inghiottire ogni identità in un pozzo senza fondo, risucchiare ogni problematica nel vortice di suoni senza senso.
E’ necessario confrontarsi con le problematiche del nostro tempo, dare ai sentimenti nichilisti il giusto spazio senza lasciarsi sommergere.
Riflettere sul comportamento dell’uomo e la sua sorte è innanzitutto incoraggiamento alla revisione del proprio comportamento, approfondimento psicologico, autoanalisi che individua la radice del male per capovolgerlo e farlo tendere al bene. Questo è il messaggio del mese di Elul, il mese del pentimento, in cui siamo tutti di fronte al giudizio divino come pesci nel mare.
La Meghillat Qohelet è il libro della fragilità umana e per questo motivo viene letto a Sukkoth, la festa delle Capanne. Proprio quando l’uomo ha già superato i giorni terribili, lo Yom Kippur, il giorno dell’Espiazione potrebbe insuperbirsi del suo stato di gioia e benessere materiale nella festa del raccolto, la tradizione ebraica chiede allora di costruirsi una fragile capanna;
Bisogna accogliere la sfida di uscire dalla casa delle proprie certezze, dalle quattro mura apparentemente sicure, da una dimensione di chiusura mentale e culturale. Bisogna guardare con fiducia al futuro all’ombra di una fragile capanna da cui vedere le stelle del cielo, per leggere il Qohelet guardando verso l’alto.
Negli ultimi sei versi del libro scritti dal re Ezechia non c’è un tentativo di sfuggire dalle problematiche quanto di insegnare la conoscenza del bene e la sua realizzazione.
” più di quanto Qohelet sia stato saggio, insegnò la conoscenza al popolo (XII,9)”.
L’intenzione degli autori, dei traduttori, del maestro Podda che ha musicato l’opera, di quanti hanno contribuito alla realizzazione dell’evento è quella di creare ascolto, creare orecchio nella dimensione sensibile e spirituale dell’uomo. La via dell’ascolto, del tendere orecchio è la via della tradizione ebraica, la via dello Shemà Israel, Ascolta Israele che accompagna l’ebreo tutta la vita, che richiama il popolo ebraico dall’esperienza sinestetica del Sinai. La via dell’ascolto è la via della comprensione, la via dei sentimenti che trasmettono emozioni dal cuore al cervello, la via del dialogo e del confronto, la via che unisce nei valori dell’uomo l’intera umanità.
In occasione della Giornata europea della cultura ebraica 2003