Il giorno che normalmente chiamiamo “Yom Kippur/Giorno dell’Espiazione”, nella Torah è in realtà chiamato con un nome leggermente diverso: “Yom Hakippurim / Giorno dell’Espiazioni”. Non è una grande differenza quella tra un nome singolare e uno plurale, tuttavia, il fatto che la Torah usi il nome “Yom Hakippurim” solleva quindi la questione di quali “espiazioni” si tratta. Quali diversi tipi di espiazione sono indicati da questo nome?
Una possibilità è che “Yom Hakippurim” si riferisca alle due categorie fondamentali di peccati che possiamo aver commesso: quelli tra uomo e Dio (ben adam laMakom) e quelli tra uomo e il suo prossimo (ben adam lachavero). Nel giorno di Kippur, dobbiamo chiedere perdono per entrambi i tipi di trasgressioni.
Ma potrebbe esserci anche un’ulteriore spiegazione.
Il Talmud insegna che a Rosh Hashanah e Kippur, Dio apre “il libro della vita” e “il libro della morte”, e scrive in essi il Suo giudizio, in un libro i nomi di coloro a cui è stato concesso un altro anno di vita e nel secondo libro scrive quelli di coloro che invece moriranno.
Tuttavia, Rabbi Itzchaq Lampronti (1679-1756), spiega diversamente. Nella sua opera più famosa “Pachad Itzchaq” scrive che nei dieci giorni penitenziali, Dio giudica sia i “Chaym” – i vivi – sia i “Metim” – i morti. Anche coloro che sono già trapassati e non sono più con noi in questo mondo, vengono giudicati a Rosh Hashanah e Yom Kippur.
Se è così, allora possiamo comprendere il significato del termine “Yom Hakippurim / Giorno dell’Espiazioni. L’espiazione non è concessa solo a noi, a coloro che sono abbastanza fortunati da essere ancora in vita, ma anche ai defunti. Anche per loro, Yom Kippur è un momento di perdono ed espiazione.
Questo, naturalmente, solleva un’altra domanda: perché i defunti necessitano di espiazione?
Per quali azioni vengono giudicati ora che non siano già state giudicate?
Dopo aver lasciato questo mondo non hanno più potuto compiere mitzwoth o commettere peccati. Perché, allora, vengono giudicati di nuovo ogni anno?
La risposta è che “l’effetto domino” delle nostre azioni continua ben oltre la nostra scomparsa. Le conseguenze del nostro comportamento, sia positivo sia negativo, persistono indefinitamente.
Un insegnante educa centinaia o migliaia di studenti nel corso della sua carriera, ispirandoli a seguire la Torah e preparandoli a condurre una vita ispirata alla Torah. Ogni anno, le mitzwoth compiute da questi studenti, dai loro figli e da tutti coloro che i loro studenti e figli hanno influenzato, vengono attribuite a questo educatore, anche molti anni dopo la sua scomparsa. E così, ogni anno, egli viene nuovamente giudicato, ricevendo innumerevoli nuovi meriti grazie alle mitzwoth compiute come conseguenza del suo lavoro e della sua dedizione.
Lo stesso vale per ognuno di noi.
Ogni mitzwah che compiamo, ogni parola gentile che diciamo, ogni buona decisione che prendiamo, ha un effetto a catena. Ha un impatto sulle persone che ci circondano e queste, a loro volta, influenzano gli altri. Siamo riconosciuti e ricompensati non solo per le mitzwoth che compiamo, ma anche per i loro effetti positivi a lungo termine, per tutta l’eternità.
Tuttavia, è vero anche il contrario.
Uno dei re del regno di Giuda fu il malvagio Menashe, che non si limitava ad adorare gli idoli, ma adorava ogni divinità pagana esistente al suo tempo. Tuttavia, verso la fine della sua vita, si pentì. Curiosamente, il pentimento di re Menashe, non è riportato nel Libro dei Re, dove si trova il racconto principale del suo regno, è menzionato solo nel libro delle Cronache, scritto molto più tardi rispetto al suo tempo.
Sebbene Menashe si fosse pentito, gli effetti della sua malvagità erano ancora diffusi e tangibili in tutto il regno. Lui si pentì del suo peccato di idolatria, ma tutte le persone che aveva influenzato ad adorare gli idoli, avevano continuato a farlo. Solo molto più tardi l’impatto dei suoi peccati iniziò ad attenuarsi e solo allora il suo pentimento fu degno di nota.
Ogni giorno della nostra vita, e persino in ogni singolo istante, piantiamo semi che daranno vita a piante che continueranno a riprodursi per le generazioni future. E sta a noi determinare che tipo di “piante” saranno prodotte come risultato delle nostre semine.
Ogni brano della Torah che impariamo, ogni mitzwah che compiamo, ogni ispirazione che proviamo, ha un impatto a lungo termine. Personalmente, cosa che faccio in ogni mia lezione, ritengo che anche il semplice raccontare parole di Torah, frammenti di saggezza che ho ascoltato dai miei maestri nel corso della mia vita, episodi aneddotici popolari, siano un mezzo efficace per questo scopo. Dobbiamo sfruttare ogni opportunità che abbiamo per imparare, crescere e compiere le mitzwoth, perché il loro valore è infinito e dura per generazioni.
L’impegno che possiamo prenderci nel giorno più sacro dell’anno, è quello di lavorare per raggiungere la consapevolezza dell’effetto a catena delle nostre azioni. Cogliere, nel prosieguo dell’anno, ogni opportunità di adempimento delle mitzwoth, evitando ogni azione sbagliata, in modo che i semi che pianteremo, producano splendidi virgulti per la redenzione del popolo d’Israele, Chatimah Tovah!