Uno degli aspetti maggiormente evidenti del servizio di Kippur nel bet ha-miqdash è certamente l’offerta dei due capri. La halakhah impone varie restrizioni per la loro scelta: anzitutto è necessario che i due capri siano identici fra di loro per dimensioni, valore ed aspetto (Yomà 6,1). Per mezzo di una estrazione a sorte, come risaputo, uno verrà offerto in sacrificio nel Bet ha-miqdash, ed il suo sangue sarà asperso dal Kohen gadol nel qodesh ha-qodashim, mentre l’altro il “se’ir laAzazel” (capro per ‘Azazel) verrà gettato da un dirupo tanto ripido che “già a metà strada era un mucchio di membra” (Yomà 6,6).
Questo rituale eccezionale è chiaramente uno dei chuqqim della Torah, una di quelle mitzwot che non hanno una evidente giustificazione razionale, ma vari chakhamim nei secoli hanno cercato di darne una spiegazione. All’inizio della storia umana, D. ha creato il primo essere umano, senza conferirgli una tendenza verso il male. L’istinto malvagio era esteriorizzato e rappresentato dal serpente nella narrazione di Bereshit. Attraverso il peccato, l’uomo interiorizzò l’istinto malvagio, provocando, all’interno della mente umana, una mescolanza di bene e male. L’ambiguità, la mancanza di chiarezza, l’indecisione sono diventati elementi costitutivi dell’essere umano. Qualcuno sicuramente penserà che qui sta il bello, e che proprio questo rende tanto affascinante la mente umana. Il S. ci ha fornito uno strumento portentoso per uscire da questa condizione, la Torah. Attraverso lo studio e la pratica delle mitzwot l’uomo può sconfiggere la confusione e vedere il mondo con occhi diversi.
Il Creatore, indipendentemente dai nostri comportamenti, ha previsto che alla fine dei giorni la perfezione originaria verrà ripristinata, attraverso la circoncisione del cuore, ed il male sarà eliminato dal nostro interno. Allora l’uomo, secondo la profezia di Yermiahu (cap 31) non avrà più bisogno di essere ammaestrato a conoscere H., perché avrà questa tendenza naturalmente, né sarà più portato a cercare il peccato, perché ne rimarrà naturalmente a debita distanza. La conseguenza sarà che l’uomo non avrà più necessità di esercitare il libero arbitrio. Tuttavia, prima di allora, Kippur ci dà un assaggio di quel momento: i due capri rappresentano in realtà il medesimo individuo, ciascuno di noi nella fattispecie. Ciascuno di noi ha infatti una doppia personalità, una vera ed una sovrapposta, dovuta all’intrusione dell’istinto malvagio. Questa doppio modo di essere trova manifestazione in vari riti della giornata: sotto certi punti di vista ci mostriamo come peccatori, ma per certi aspetti richiamiamo gli angeli. Kippur opera una scissione fra la vera personalità e quella artificiale. Il capro destinato ad H. rappresenta la nostra vera personalità, creata ad immagine divina e condotta nel qodesh ha-qodashim. L’uomo è chiamato ad aderire a quanto richiesto da D. in tutta la sua esistenza.
L’impostore invece fa una brutta fine, e la sua esistenza termina quando viene buttato da una montagna rocciosa. L’ambiguità scompare ed il male viene eliminato. Durante Kippur troviamo una pausa dagli affanni di questo mondo, non solo materialmente, attraverso l’astensione dal lavoro. Abbiamo la possibilità di comprendere che è possibile sfruttare le opportunità offerte da questo mondo per elevarci, anche al di sopra degli angeli. Ma spesso, proprio per via del nostro altro Io, siamo portati a fare scelte sbagliate, a prediligere conquiste effimere, le quali anziché avvicinarci ci spingono lontani. Il Maharal di Praga in Netivot ‘Olam ha una bella intuizione. Si chiede perché nello Shemà recitiamo Barukh Shem kevod a voce alta solo di Kippur. Si narra che Moshè Rabbenu ascoltò questa lode dagli angeli e la insegnò al popolo ebraico. Ma se si tratta di una dichiarazione degli angeli, visto che fino a prova contraria non siamo angeli, perché dovremmo recitarla? Infatti durante tutto l’anno, recitiamo questa frase a bassa voce, perché il nostro elemento angelico, che è presente, è silente a sua volta. C’è, ma è inaccessibile, nascosto in un angolo recondito della nostra anima. Ma di Kippur emerge con tutta la sua forza, e siamo in grado di dire quella frase a voce alta.
Kippur ci mostra chi siamo veramente. Attraverso questa rinnovata consapevolezza possiamo cercare ed ottenere il perdono divino per le nostre colpe. Abbiamo il potere di decidere se essere un capro per H. o per ‘Azazel. Dobbiamo solo svegliarci dal torpore ed essere veramente noi stessi, affrontando il mondo che ci circonda con la voglia di progredire incessantemente verso un’epoca in cui il male sarà sradicato per sempre.
Gmar Chatimah tovah a tutti.