“Ma i miei sabati osserverete” (Shemòt 31, 13).
Ci si domanda perché questa frase inizi con la parola ma. Questo richiamo all’osservanza dello shabbàt è vicino alle prescrizioni per la costruzione del Mishkàn. Pertanto tale termine significa che, nonostante l’entusiasmo degli ebrei a partecipare alla costruzione, dovevano stare bene attenti a non violare lo shabbàt. I Maestri mettono in risalto l’opportunità di anticipare lo shabbàt e di ritardarne la fine, per aggiungere sacro al profano.
Rabbì Israel Meìr da Radin, noto come Chafètz Chaìm, rimproverava le persone che ritardavano sino all’ultimo momento l’entrata dello shabbàt, e che appena questo finiva si precipitavano ad intraprendere le loro attività. Il Chafètz Chaìm spiega che, mentre lo shabbàt è stato espressamente benedetto da Dio, i giorni feriali invece risentono della punizione di Adàm, per il quale il lavoro avrebbe costituito dura fatica. Come è detto: “Ti procurerai il cibo con il sudore della tua fronte” (Bereshìt 3, 19).