La parashah di Ki Tavò si apre con la mitzwah dei bikkurim, una grandissima manifestazione di riconoscenza nei confronti di H. Un aspetto non di secondaria importanza all’interno di questa mitzwah è quello della doppia tenufah (agitazione) dei bikkurim. Sebbene questo termine non sia ricordato nella Torah, il testo ci dice per due volte (versi 4 e 10) che i bikkurim vengono poggiati, ed i chakhamim hanno spiegano che “non c’è posa se non dopo l’agitazione”.
Perché però è necessario però che ci siano due operazioni distinte? Per comprenderlo è necessario tornare al libro di Bemidbar, nella parashah di Beha’alotechà, nel brano dedicato alla consacrazione dei Leviim al servizio di H. Qui nuovamente troviamo una doppia operazione: “Aron faccia la dimenazione dei Leviti davanti al Signore per i figli d’Israele ed essi saranno adibiti a compiere il lavoro di servizio del Signore” (Bemidbar 8,11) e “Farai stare i Leviti davanti ad Aron ed i suoi figli e ne farai la dimenazione per consacrarli al Signore. Separerai i Leviti di mezzo ai figli d’Israele ed i Leviti saranno Miei (vv. 13-14). Subito dopo la Torah allude nuovamente all’idea della duplicità: “Poiché essi saranno donati, assegnati (netunim netunim) a Me di mezzo ai figli d’Israele in cambio d’ognuno che apre la matrice” (v. 16).
Prescindendo dalla difficoltà tecnica della dimenazione di un essere umano, individuiamo qui la necessità di compiere due operazioni. La ghemarà in massekhet Sukkah (37b) spiega, parlando del lulav, che viene agitato in maniera analoga, il senso di questa azione: “Ha detto R. Yochanan: muove avanti e indietro a Colui che detiene le quattro direzioni, muove in alto e in basso a chi detiene il cielo e la terra”. La dimenazione è pertanto un atto di consegna ad H. che è ovunque. Quando parliamo dei trentanove lavori proibiti di Shabbat, una delle regole fondamentali del trasporto da una proprietà all’altra è che, affinché l’azione sia vietata dalla Torah, vi siano ‘aqirah e hanachah.
L’oggetto trasportato deve essere “sradicato” dalla proprietà in cui si trovava e “poggiato” in un’altra proprietà. Nella consacrazione dei Leviim individuiamo due elementi, l’uscita dall’ambito dei figli di Israele e l’ingresso in quello di H. La stessa dinamica la troviamo nel matrimonio, che comprende due momenti fondamentali, i qiddushin e i nissuin. Con i qiddushin la sposa viene preclusa a tutti, compreso lo sposo, mentre con i nissuin viene permessa allo sposo. Nei bikkurim le due agitazioni si trovano rispettivamente dopo una prima dichiarazione di carattere generale da parte dell’offerente “Io dichiaro oggi al Signore tuo D. che sono giunto nel paese che Egli giurò ai nostri padri di darci (Devarim 26,3), e dopo la seconda, che ricostruisce la storia ebraica partendo da “aramì oved avì – un arameo nomade era mio padre” (v.4). E’ necessario sottolineare tutti gli aspetti nei quali abbiamo beneficiato della misericordia divina, dall’arrivo in Egitto sino all’ingresso in terra d’Israele e alla sua conquista. Solo dopo avere specificato è possibile trasferire le primizie nella proprietà di H. per mezzo della seconda dimenazione.
La Torah tuttavia come detto non parla di tenufah, bensì di hanachah. E’ possibile che si rimandi al concetto di menuchah, che spesso è ricordato nel libro di Devarim, ad esempio nel cap. 12 (v.9): “perché ancora non siete pervenuti al paese del vostro riposo (menuchah) ed al possesso che il S. tuo D. ti dà”. Dire grazie non è ne’ semplice ne’ scontato. Nella parashah di Eqev, subito dopo avere ricordato la mitzwah di recitare la birkat ha-mazon, la Torah ci mette in guardia dal dimenticare H., e ritenere che tutto ciò che abbiamo dipende dalle nostre forze. Per comprendere meglio un concetto è necessario anche rivolgersi al suo opposto. Nella parashah di Ki Tetzè viene ricordato il divieto di accogliere gli ammoniti ed i moabiti all’interno del popolo ebraico (Devarim 23,4). Da cosa è determinata questa durezza? “Perché non vi vennero incontro con pane e con acqua quando eravate in viaggio uscendo dall’Egitto e perché assoldarono contro di te Bil’am figlio di Be’or da Pethor in Mesopotamia per maledirti” (Devarim 23,5). Questo peccato è considerato peggiore di quelli degli egiziani e degli edomiti, che infatti possono essere accettati. Dov’è la differenza? Anche gli altri popoli ci hanno fatto del male! La particolarità di ammoniti e moabiti è collegata alla loro origine, come narrato nel libro di Bereshit. Se non fosse stato per la salvezza di Lot, determinata da Avraham, questi popoli non esisterebbero. Uscito dall’Egitto il popolo ebraico avrebbe avuto diritto ad un trattamento differente.
Ed invece, non hanno ricevuto assistenza, ma Balaq ha assoldato Bil’am per distruggere Israele, esattamente il contrario di quello che avrebbe dovuto fare. Per questo non possiamo accogliere i membri di questi popoli, destinati avere un trattamento paragonabile a quello di Sodoma e Gomorra, città anch’esse totalmente aliene da qualsiasi forma di misericordia, distrutte per sempre. Il compito di Israele è un altro, ispirare la propria vita ai valori della misericordia e alla riconoscenza.