La scala della storia
«E sognò una scala che poggiava per terra la cui estremità arrivava in cielo e gli angeli di Dio salivano e scendevano per essa». «E il Signore era in cima alla scala e gli diceva: ‘Io sono il Signore di Abramo tuo padre e il Signore di Isacco; la terra su cui tu giaci la darò o te e alla tua stirpe’. ‘Io sono con te, ti proteggerò dovunque tu andrai… non ti abbandonerò…’».
Genesi 28, 11, 12 e 15
Commenta Rashì: «salgono e scendono»: «Gli angeli che l’hanno accompagnato in Erez Israel non escono fuori da Erez e salgono in cielo, mentre scendono gli angeli della diaspora per accompagnarlo». «Disse Rabbì Scemuèl figlio di Rabbi Nachmàn: ‘Ed ecco gli angeli salgono e scendono’ questi sono i prìncipi delle nazioni… il Santo Benedetto Egli sia indicò a Giacobbe nostro padre il principe di Babilonia che sale 70 gradini e scende, quello di Persia ne sale 52 e scende, quello di Grecia sale 1-00 gradini e scende, quello di Edom (Roma) che sale e non si sa quanto. In quel momento Giacobbe ebbe paura e disse: Forse che questo non scenderà?! Gli disse il Santo Benedetto Egli sia: «Non temere, o Giacobbe… mio servo non aver timore (Geremia Cap. 30 v. 10): anche se tu lo vedi salire e sedersi vicino a Me, di là Io lo farò scendere!’. Come è detto (Ovadià Cap. 1 v. 4): ‘Se ti innalzassi come un’aquila e se tra le stelle ponessi il tuo nido, da lì ti farò scendere, dice il Signore’»[1].
Midràsh Tanchumà, Vajetzè 2
Riportiamo qui, oltre al Midràsh, anche la spiegazione del commentatore Rashì, che è considerata relativamente «peshàt» (letterale. cioè, aderente al testo), in modo che il lettore possa rendersi conto della differenza esistente tra una spiegazione letterale e una midrashica. Rashì nota che c’è una difficoltà nel testo: «salgono e scendono» riferito agli angeli, quando il verso avrebbe dovuto dire: «scendono e salgono». Secondo Rashì ci sono diverse categorie di angeli, ognuna con un compito preciso. In questo caso si parla di angeli che accompagnano Giacobbe quando si trova in Erez Israel, e di altri che lo accompagnano quando si trova fuori da Erez Israel. Come dire che le difficoltà che uno incontra mentre sta in casa sua sono differenti da quelle che incontra stando fuori di casa, nella diaspora. Giacobbe, che fino al momento del sogno stava in Erez Israel, sta per andare da suo zio Labano, che appunto sta fuori da Erez Israel.
Vediamo quindi come la spiegazione di Rashì sia letterale, vicina al testo: ínnanzitutto risolve una difficoltà testuale «salgono e scendono in secondo luogo si ricollega a tutte le vicende di Giacobbe. Infatti Giacobbe correrà vari pericoli, dovrà sopportare un duro lavoro stando in casa di suo zio. Se non avesse avuto la protezione di cui appunto parla Rashì, sarebbe stata in dubbio la sua salvezza, come Giacobbe stesso dice poi a Labano dopo che è fuggito da lui: «Se il mio Dio paterno, Dio di Abramo e venerato da Isacco non mi avesse assistito, tu ora mi avresti lasciato andare a mani vuote; ma il Signore ha veduto la mia afflizione e le mie fatiche» (Gen. 31, 42). Non solo, ma a sostegno della spiegazione di Rashì viene il verso 2 del Cap. 32, che fa notare chiaramente (una volta che Giacobbe è tornato in Israele), come ci siano qui degli altri angeli: «Giacobbe prosegui il suo viaggio e s’incontrò con degli angeli di Dio».
Secondo il Midràsh invece il sogno non riguarda solo il singolo Giacobbe, a cui viene promesso che Dio lo proteggerà ovunque andrà («Io ti custodirò… Io non ti abbandonerò»), ma è riferito a tutto il popolo ebraico. Si noti come il Maestro del Midràsh identifichi Giacobbe con Israele. Nel nostro sogno abbiamo un’immagine della storia umana. Immagine del popolo ebraico che è perseguitato e oppresso da varie nazioni: Egitto, Babilonia, Assiria, Persia, Grecia e infine Roma; Tutti questi popoli, come ha dimostrato la storia, se hanno avuto un’ascesa, hanno avuto anche una discesa, una caduta.
L’autore del Midràsh vive all’epoca in cui Roma è nel suo splendore; nonostante ciò, in base alla sua fede e alla sua conoscenza storica, prevede che anche Roma prima o poi cadrà come le altre potenze in quanto così è promesso nelle Scritture. Nel midràsh la scala rappresenta il tempo, lo sviluppo delle vicende e delle situazioni umane, dove ogni salita è condizionata da una discesa, poiché una nazione non può salire se un’altra non scende. Su questa scala sta Dio, il padrone della storia, il quale ci assicura che prima o poi verrà fatta giustizia. Egli ci promette, come risulta dal profeta Isaia, che un giorno su questa scala, dove momentaneamente uno sale ed uno scende, un giorno tutti saliranno in un’unica direzione, riconoscendo cioè il vero protagonista della storia: Iddio. Allora non ci saranno più battaglie, né discordie, bensì fratellanza fra tutti gli uomini.
Vediamo quindi come il Midràsh si allontani dal contenuto del testo; per cui il testo non parlerebbe di Giacobbe, ma del popolo ebraico in generale; le vicissitudini di Giacobbe sono il simbolo delle disavventure del popolo ebraico; ma proprio qui sta l’abilità del Midràsh, di isolare il brano biblico dal suo contesto con lo scopo di renderlo più attuale, rispondente e incoraggiante per l’uomo di ogni epoca.
[1] V. Nehama LEIBOWITZ, Junìm beséfer Bereshìt, Gerusalemme, 1970, pag. 209.