La scelta
«Questa è la storia di Noè. Noè era un uomo giusto, integro tra i suoi contemporanei. Con Dio procedeva Noè».
Genesi 6, 9
«Abramo aveva novantanove anni quando il Signore gli apparve e disse: ‘Io sono Iddio onnipotente, procedi dinnanzi a me’».
Genesi 17, 1
«Con Dio s’incamminò Noè: Rabbì Jehudà e Rabbì Nechemià. Rabbì Jehudà dice: ciò si può paragonare a un re che aveva due figli, uno grande e uno piccolo. Al piccolo disse: «Vieni con me» e al grande disse: «Cammina davanti a me». Riguardo a Abramo, la cui personalità era forte, è detto: «Cammina davanti a me e sii integro».
Viceversa Noè, la cui personalità era debole; è detto: «Cammina con Dio, Noè».
Rabbì Nechemià dice: ciò si può paragonare a una persona che il re ama e che è immersa nel fango; il re esce e lo vede. Gli dice: «Siccome sei immerso nel fango, vieni con me, come è scritto: «Con Dio s’incamminò Noè».
A che cosa è paragonato Abramo? A una persona che il re ama e che un giorno vede il re in vicoli bui. Si affaccia e inizia a fargli luce dalla finestra. Il re lo vede e gli dice: «Dal momento che mi fai luce dalla finestra, vieni a far luce davanti a me!
Così disse Dio a Abramo: «Dal momento che tu mi fai luce dalla Mesopotamia in tutte le regioni, vieni a far luce davanti a me in Eretz Israèl».
Bereshìt Rabbà 30, 10
Una questione di stile interessa il Midràsh.
È scritto riguardo a Noè: «Con Dio s’incammina Noè». Riguardo a Abramo: «Cammina davanti a me».
«Camminare con Dio» e «Camminare davanti a Dio» sono due espressioni che sembrano analoghe, ma in realtà esprimono due concetti differenti.
Infatti «procedere con» suggerisce l’immagine di un cammino fatto assieme; perciò, se Noè fosse stato lasciato solo, forse avrebbe vacillato.
«Procedere davanti» suggerisce l’immagine di una personalità più forte, più indipendente: Abramo può essere il rappresentante di Dio e camminare davanti a Lui[1].
Tali concetti sono espressi dal Midràsh, come consuetudine, con degli esempi figurati.
Noè è la persona che sprofonda nel fango, fango che rappresenta la corruzione della sua generazione. Noè vuole uscire; però, come chi ne è immerso difficilmente può liberarsene perché questo fango si attacca al suo corpo, così Noè, per salvarsi, ha bisogno dell’aiuto di Dio.
L’opposto per Abramo, che è il primo che comincia a diffondere l’idea del Dio Unico nell’Umanità. Quindi, in sostanza, ha portato luce davanti a Dio, che è sempre esistito ma i popoli non lo conoscevano ancora e quindi i vicoli erano bui.
Nel caso di Noè è Dio che deve rivelarsi: «Il re spuntò fuori» deve cioè farsi conoscere, dal momento che Noè non è in grado di far comprendere tale idea alla sua gente.
Invece Abramo è lui in persona che scopre Iddio e diffonde la Sua conoscenza: «Spuntò allora (Abramo) e incominciò a illuminarlo dalla finestra».
L’invito di Dio a Abramo («vieni a far luce… in Eretz Israel») spiega come, secondo il Midràsh, la luce diffusa in Mesopotamia poteva sì rimanere viva, però poteva anche spegnersi facilmente, mentre in Israele, dove abiterà la discendenza di Abramo, la luce potrà pian piano aumentare di intensità e divenire beneficio poi per tutta l’Umanità; come è scritto nella Torà: «Il Signore disse a Abramo: «Va via dal tuo paese, dal tuo parentado, dalla tua casa paterna, verso il paese che ti indicherò. Farò di te una grande nazione… benedirò chi ti benedice, «maledirò chi ti maledice e si benediranno in te tutte le famiglie della terra’».
[1] Vedi l’ampliamento del confronto fra Noè e Abramo in Y. ZEGDUN, Op. Cit, pag. 19-22.