La vera offerta
«Il giorno in cui Mosè terminò di erigere il Santuario, lo consacrò con l’unzione insieme con tutti gli strumenti e l’altare con tutti gli accessori, e li consacrò con l’unzione. E i preposti a Israele, i capi delle loro case paterne, essi i preposti alle tribù, essi, che presiedevano al censimento, portarono un’offerta».
Numeri 7 , 1-2
«I preposti a Israele…» come mai i capi delle tribù qui si sono affrettati a portare un sacrificio, mentre per ciò che concerne il Tabernacolo essi s’impigrirono e non portarono le pietre d’onice e le pietre da incastonare altro che all’ultimo momento?
Perché quando Mosè disse: «ognuno di buona volontà rechi quest’offerta al Signore…» (Esodo 35, 5) la cosa dispiacque loro, dal momento che l’invito non era stato rivolto loro personalmente.
Allora dissero fra di loro: porti il popolo quello che può portare, e quello che mancherà lo porteremo noi.
Il popolo ebraico fu contento dell’idea del Tabernacolo e così portò con gioia e diligenza l’offerta. Guarda cosa è scritto (ivi v. 22): «Uomini e donne vennero in folla», si spingevano l’un l’altro e così vennero disordinatamente; in due mattinate portarono tutte le offerte, come è detto: (ivi 36,3) «ed essi portarono ancora delle offerte al mattino, al mattino».
Ed è scritto: (ivi v. 7) «e il materiale portato era sufficiente per l’esecuzione di tutta l’opera e ne avanzò».
Dopo due giorni i capi delle tribù vollero portare la loro offerta, ma non poterono, in quanto Mosè aveva comandato «Su ordine di Mosè si fece un bando nel campo: nessun uomo o donna rechi altre offerte» (ivi v. 6).
Allora i capi delle tribù erano tristi, dal momento che non avevano avuto il merito di portare un’offerta per il Tabernacolo.
Dissero: «Dal momento che non abbiamo avuto il merito di far un’offerta per il Tabernacolo, la daremo per i vestiti del Gran Sacerdote», come è detto: «e i capi delle tribù recarono pietre d’onice» (ivi 35, 27).
Disse Iddio: «I miei figli, che sono stati solerti, su di loro sia scritto: «e fu perfino esuberante’; viceversa ai capi delle tribù, che s’impigrirono, verrà fatta mancare una lettera dal -loro nome», come è scritto: ‘Veannesiìm’, manca cioè la lettera yod.
Appena fu terminato il lavoro del Tabernacolo, precedettero gli altri e portarono il sacrificio con diligenza».
Bemidbàr Rabbà 12, 19
Il Midràsh è abbastanza semplice. I capi delle tribù, per la loro posizione sociale, si offendono per non aver ricevuto personalmente, l’invito, ma per averlo ricevuto insieme alla massa del popolo («ogni persona di buona volontà»).
I capi dunque progettano di aspettare che tutti gli altri rechino l’offerta; essi si faranno avanti per integrare ciò che mancherà. Così facendo il loro atto sarà messo nel dovuto risalto.
Tale proposito però vien ‘ e frustrato in quanto le offerte del popolo risultarono eccedenti la necessità.
Rattristati, i capi delle tribù si rifanno in un’altra occasione, con le offerte per i vestiti del Sacerdote che portano subito, e più tardi per t sacrifici (vedi Numeri Cap. 7, 2).
Tuttavia la Torà tiene conto della differenza d’animo che ha caratterizzato l’offerta: il popolo viene premiato: «le offerte erano esuberanti», la Torà cioè spende più parole per il popolo; viceversa ai capi delle tribù viene tolta una lettera: la yod (mentre di solito il loro appellativo è scritto con la yod).
Così la loro mancanza viene espressa anche attraverso un piccolo accorgimento letterario, con l’omissione, voluta nel testo, della lettera yod.
Proprio loro che volevano mettersi in risalto, vengono messi in risalto ma in senso opposto a quello che pensavano.
Comunque la Torà, pur punendo il comportamento dei capi, concede loro altra possibilità per rimediare. Questo è nello spirito della Torà, che è conscia delle debolezze umane, e quindi, anche se qui si tratta di capi, viene offerta loro un’occasione per ritornare sulla retta via.
E interessante notare come il Midràsh costruisce la sua tesi senza tener conto della successione naturale dei versi.
Infatti come dei personaggi storici e delle generazioni viene alterato l’ordine cronologico per offrire un messaggio chiaro ed immediato, così anche l’ordine dei versetti viene alterato.
Nel testo abbiamo questo ordine:
– Cap. 35, v. 22: offerta del popolo.
– Cap. 35, v. 27: offerta dei capi delle tribù.
– Cap. 36, v. 6: Mosè ordina di non portare più offerte. – Cap. 30, v. 7: le offerte del popolo sono esuberanti.
Secondo il Midràsh le cose sarebbero andate così: nel verso 22 del Cap. 35 si parla dell’offerta del popolo. I capi aspettano che il popolo termini con le proprie offerte, ma le offerte (Cap. 36, v. 7) sono esuberanti.
Allora viene l’ordine di Mosè (Cap. 36, v. 6): niente più offerte.
I capi delle tribù si affrettano e portano le offerte per i vestiti del gran Sacerdote (Cap. 35, v. 27).
È forse artificioso il metodo midrashico o si basa su qualche appiglio?
La tesi dei Maestri del Midràsh si basa probabilmente sul riscontro strano del racconto: i capi portano le offerte per ultimi (v. 27), mentre forse avrebbero dovuto essere i primi, come infatti avviene nella stessa parashà riguardo ai sacrifici.
Vediamo quindi come i Maestri del Midràsh non si limitano a una lettura superficiale, ma elaborano confronti continui; esaminano tutti i particolari, anche i minimi cambiamenti di lettere: da una parte vedono che le offerte dei capi vengono date per ultime (Esodo), dall’altra (Numeri) per prime.
Ancora: proprio nel passo dell’Esodo, in cui risulta che portarono l’offerta per ultimi, nel loro nome (appellativo) manca la lettera yod, mentre negli altri passi la parola è integra. forse un caso fortuito?[1]
[1] V. in proposito Y. ZEGDUN, op. dt., p. 41 e 50.