Ancora sul roveto
Rabbì Scimòn ben Jochài dice: «Perché Iddio si è rivelato dall’alto e ha’parlato a Mosè dal roveto? Come il roveto è l’albero più duro di tutti gli alberi e ogni uccello che vi entra non esce da esso incolume, perché tutte le sue membra sono tagliate a pezzi, così è la schiavitù di Israele in Egitto, la più dura di tutte le schiavitù».
Mechiltà Derashbì, Inizio di Scemòt
Rabbì Eleazàr ben Arach dice: «Perché Iddio si è rivelato dall’alto e ha parlato con Mosè dal roveto? Avrebbe dovuto parlare con lui da un’altissima montagna o dai cedri del Libano; Iddio abbassò sé stesso e parlò dal roveto… e così è detto (Salmi 138, 6): «Iddio è eccelso ma guarda all’umile».
Mechiltà Derashbì, cap. 2
… Così disse Iddio: «Con lui Io sono nella disgrazia» (Salmi 91, 15) … Disse Iddio a Mosè: «non ti accorgi che io sono immerso nel dolore come i figli di Israele sono imnìersi nel dolore? Quarda da dove Io ti parlo, dalle spine: Io mi associo al loro dolore».
Scemòt Rabbà 2, 7
Domandò un non ebreo a Rabbì jehoshùa ben Korchà: «Perché Iddio parlò a Mosè da un roveto? Gli rispose: «Se Dio avesse parlato da un carrubo o da un sicomoro non mi avresti fatto la domanda? Comunque ti rispondo… per insegnarti che non esiste un luogo senza Iddio, persino un roveto».
Scemòt Rabbà 2, 9
In genere in un roveto, se una persona vi introduce la propria mano, non rimane danneggiata in quanto le spine sono volte all’ingiù, e se invece una persona desidera estrarre la mano, questa viene afferrata dalle spine e quindi non la può estrarre, così gli egizi: all’inizio hanno ricevuto Israele con viso accogliente, come è detto: «la terra d’Egitto è di fronte a te» (Genesi Cap. 47, 6); ma quando essi vollero uscire non li lasciarono, come è detto: «E anche Israele non manderò via» (Esodo Cap. 5, 2).
Jalkùt Shimonì 169
I Midrashìm riportati nella 1a parte sul roveto ardente esulano (in particolare i primi due) dal contesto, anche se i messaggi che racchiudono sono fondamentali.
Ne segue una domanda fondamentale: se il Midràsh come tale esula dal contesto, in quanto si basa a volte su una lettera, su una parola, su una espressione del testo per esprimere dei concetti importanti e attuali, anche se spesso lontani o estranei a ciò che il testo vuol comunicare, si può allora parlare di Midrashìm che esulano dal testo e altri no?
Ci sono cioè Midrashìm che si avvicinano maggiormente al testo e altri no?
Questo è l’argomento di cui ci occuperemo in questo capitolo.
I midrashìm riportati rispondono a una difficoltà che emerge da una attenta lettura: come mai Iddio si rivela a Mosè attraverso un roveto ardente? Un roveto è una pianta spinosa, bassa, sporca; non è questo in contraddizione con la maestà divina?
È necessaria una premessa: Iddio si rivela all’uomo in diverse maniere:
- – Dio parla all’uomo semplicemente;
- – Dio parla per immagini.
Se Dio comunica un messaggio all’uomo con un’immagine, è ovvio che ci deve essere un nesso fra il discorso divino e l’immagine stessa. Il Midràsh che risponde a tale premessa è quello che si avvicina maggiormente al testo.
Nel primo e nel quinto Midràsh il roveto con tutte le sue caratteristiche rappresenta simbolicamente la dura schiavitù; il quinto in particolare mostra con più dettagli la singolarità di questa schiavitù: «le spine sono all’ingiù» per cui l’entrata è facile, ma l’uscita è dura e comporta parecchie ferite e sofferenze.
È evidente anche oggi l’attualità di queste considerazioni.
Gli altri tre Midrashim sono inerenti a Dio stesso.
Il secondo parla dell’umiltà: non l’esteriorità, ma il contenuto è la cosa importante.
Aspetto importante questo nell’ebraismo, dove viene spesso fatto rilevare come l’esteriorità umana, se non è accompagnata da buone azioni, non ha alcun valore.
Il terzo tratta della solidarietà: Iddio si associa al dolore di Israele.
Il quarto tratta della onnipresenza di Dio.
Schematicamente questo è il contenuto di ogni Midràsh:
1-5 durezza della schiavitù
2 umiltà di Dio
3 solidarietà di Dio
4 onnipresenza di Dio
Il primo e il quinto sono lontani dal testo, in quanto Iddio non comunica a Mosè la durezza della schiavitù, ma l’immediatezza del Suo intervento.
Lontani dal contesto appaiono ancora di più il secondo e il quarto Midràsh: se Mosè va a comunicare al popolo ebraico che Dio è umile o che la sua presenza è ovunque, queste immagini non sono sufficienti a sollevare il popolo dalla sua afflizione.
Non così è invece per il terzo Midràsh. Anche Iddio si trova nelle spine, Egli si identifica con gli ebrei, comprende a fondo il loro problema, in quanto anch’Egli, se così si può dire, soffre, come soffre il popolo ebraico e quindi, come dice il verso, scenderà per salvarlo.