La grande prova
«E dopo queste parole, Iddio mise alla prova Abramo e gli disse: ‘Abramo, Abramo’. E rispose: ‘Eccomi’. E disse: Prendi tuo figlio, il tuo unico, che hai amato, Isacco, e va alla terra di Morijà e sacrificalo su uno dei monti che ti indicherò’. Abramo si alzò al mattino, sellò l’asino e prese con sé due ragazzi e suo figlio Isacco; spaccò la legna per il sacrificio, si alzò e andò al posto che gli aveva indicato Iddio».
Genesi 22, 1-3
«Si alzò»: lo precedette Satana per la strada con le sembianze di un vecchio. Gli chiese: «Dove vai?». Rispose Abramo: «A pregare». Gli domandò: «E chi va a pregare perché porta con sé del fuoco, un coltello e della legna sulla spalla?».
Gli rispose: «Forse ci intratterremo un giorno o due e allora dovremo scannare, cuocere e mangiare».
Gli disse: «Vecchio, forse che non ero là, quando Iddio ti disse: prendi tuo figlio… ?’. E un vecchio come te va a uccidere un figlio che gli è stato dato all’età di cent’anni?».
Abramo gli disse: «Non importa; nonostante tutto lo faccio». «E se ti mettesse alla prova più duramente, resisteresti?».
Gli rispose: «Anche molto di più».
Gli disse: «L’indomani ti dirà: Mai versato il suo sangue»». Gli rispose: «Non importa, nonostante ciò lo faccio».
Dal momento che non giovò a nulla parlare con Abramo, Satana se ne andò; assunse le sembíanze di un giovane e andò da Isacco.
Gli disse: «Dove vai?».
Gli rispose Isacco: «A studiare la Torà».
Gli chiese: «In vita o dopo la tua morte?».
Gli rispose: «Può una persona studiare la Torà dopo la sua morte».
Gli disse: «0 misero, figlio di una poveretta. Quanti digiuni ha sopportato tua madre per metterti alla luce ed ora questo vecchio pazzo va a scannarti».
Gli rispose Isacco: «Nonostante ciò non trasgredirò alla decisione del mio Creatore e a quella di mio padre».
Isacco disse a suo padre: «Papà, guarda che cosa mi sta dicendo costui».
Gli rispose il padre: «Non badare a lui».
Vista la loro resistenza, Satana se ne andò e in quel momento apparve dinnanzi a loro un grande fiume. Abramo scese in acqua fino alle ginocchia.
Disse ai suoi ragazzi: «Venite dietro a me!». Scesero anch’essi; quando giunse a metà del fiume, l’acqua gli arrivò al collo. In quel momento Abramo guardò intensamente il cielo. Si rivolse a Dio e disse: «O Signore del mondo, Tu mi hai scelto, Ti sei rivelato a me dicendomi: ‘Abramo tu sei unico, come io sono unico, per mezzo tuo il Mio nome sarà conosciuto nel mio mondo, sacrifica a Me tuo figlio Isacco».
lo non mi arrestai ed ecco che ora eseguo ciò che mi hai comandato; ma ora le acque mi sono arrivate al collo; se io e mio figlio Isacco affoghiamo chi realizzerà le Tue parole? Chi porterà il Tuo nome?». Gli rispose Iddio: «Giuro che grazie a te, il mio nome sarà unico nel mondo!». Immediatamente Iddio si adirò contro l’acqua, il fiume si seccò ed essi camminarono all’asciutto.
Tanchumà Vajerà 22
Abramo è messo alla prova, l’ultima e la più dura delle dieci prove a cui fu sottoposto.
Chi legge il cap. 22 della Genesi, che tratta appunto del sacrificio d’Isacco, noterà immediatamente la concisione della Torà che narra solamente ciò che è strettamente necessario.
Non rivela per esempio nessun particolare sullo stato d’animo di Abramo.
Non racconta come Abramo sciolse le contraddizioni interiori che emergono leggendo anche il testo biblico, in cui da una parte viene promesso che Isacco sarà l’unico erede di Abramo e dall’altra gli si chiede di sacrificare questo stesso figlio.
Ancora: come viene risolta la contraddizione che emerge fra il verso della Torà in cui viene proibito lo spargimento di sangue umano (Genesi Cap. 6 vv. 5-6) e quello che gli viene chiesto ora?
Questa e altre domande affiorano dal testo biblico, lasciando il lettore pieno di dubbi e di perplessità.
Il Midràsh colma le lacune ed introduce la figura di un vecchio che si la incontro ad Abramo e cerca di convincerlo a non portare a compimento il suo proposito e per arrivare a ciò gli sottopone diversi problemi e gli muove una serie di obiezioni.
Chi è questo vecchio? Non è altro che l’istinto tentatore di Abramo, la sua personalità interiore, che, lo interroga insistentemente.
Come può egli uccidere un figlio avuto all’età di cento anni dopo tanta attesa?
Come poteva egli versare del sangue innocente, malgrado il comando divino di non versare sangue?
È forse questo il modo migliore per pregare Dio, sacrificare una persona umana?
Nonostante questi interrogativi, questi dubbi che hanno tormentato Abramo durante i tre giorni di cammino (nella Torà di tutto questo periodo viene riferito solo un breve coZloquio avvenuto fra il padre e il figlio), egli va avanti, fermo nella sua decisione di eseguire il comando divino.
E Isacco, in che posizione si trova? Supera anch’egli la prova? Dal testo della Torà non risulta chiaramente. Ma il Midràsh mette alla prova anche lui. Sotto le sembianze di un giovane anche a lui pone dei quesiti.
Notare come ad Abramo compare un vecchio, mentre, a Isacco un giovane.
Poiché chi pone le domande è la proiezione dell’istinto, si spiega la diversa età dell’interlocutore. Le domande, i dubbi, le problematiche saranno diverse a seconda dell’età del personaggio.
Si vede come il giovane Isacco ha bisogno dell’aiuto paterno, per scacciare Satana:
Gli disse: «O misero, figlio di una poveretta. Quanti digiuni ha sopportato tua madre per metterti alla luce ed ora questo vecchio pazzo va a scannarti».
Gli rispose Isacco: «Nonostante ciò non trasgredirò alla decisione del mio Creatore e a quella di mio padre».
Isacco disse a suo padre: «Papà, guarda che cosa mi sta dicendo costui».
Gli rispose il padre: «Non badare a lui».
Vista la loro resistenza, Satana se ne andò e in quel momento apparve dinnanzi a loro un grande fiume. Abramo scese in acqua fino alle ginocchia.
Disse ai suoi ragazzi: «Venite dietro a me». Scesero anch’essi; quando giunse a metà del fiume, l’acqua gli arrivò al collo. In quel momento Abramo guardò intensamente il cielo. Si rivolse a Dio e disse: «0 Signore del mondo, Tu mi hai scelto, Ti sei rivelato a me dicendomi: ‘Abramo tu sei unico, come io sono unico, per mezzo tuo il Mio nome sarà conosciuto nel mio mondo, sacrifica a Me tuo figlio Isacco’.
lo non mi arrestai ed ecco che ora eseguo ciò che mi hai comandato; ma ora le acque mi sono arrivate al collo; se io e mio figlio Isacco affoghiamo chi realizzerà le Tue parole? Chi porterà il Tuo nome?». Gli rispose Iddio: «Giuro che grazie a te, il mio nome sarà unico nel mondo!». Immediatamente Iddio si adirò contro l’acqua, il fiume si seccò ed essi camminarono all’asciutto.
Tanchumà Vajerà 22
Abramo è messo alla prova, l’ultima e la più dura delle dieci prove a cui fu sottoposto.
Chi legge il cap. 22 della Genesi, che tratta appunto del sacrificio d’Isacco, noterà immediatamente la concisione della Torà che narra solamente ciò che è strettamente necessario.
Non rivela per esempio nessun particolare sullo stato d’animo di Abramo.
Non racconta come Abramo sciolse le contraddizioni interiori che emergono leggendo anche il testo biblico, in cui da una parte viene promesso che Isacco sarà l’unico erede di Abramo e dall’altra gli si chiede di sacrificare questo stesso figlio.
Ancora: come viene risolta la contraddizione che emerge fra il verso della Torà in cui viene proibito lo spargimento di sangue umano (Genesi Cap. 6 vv. 5-6) e quello che gli viene chiesto ora?
Questa e altre domande affiorano dal testo biblico, lasciando il lettore pieno di dubbi e di perplessità.
Il Midràsh colma le lacune ed introduce la figura di un vecchio che si fa incontro ad Abramo e cerca di convincerlo a non portare a compimento il suo proposito e per arrivare a ciò gli sottopone diversi problemi e gli muove una serie di obiezioni.
Chi è questo vecchio? Non è altro che l’istinto tentatore di Abramo, la sua personalità interiore, che lo interroga insistentemente.
Come può egli uccidere un figlio avuto all’età di cento anni dopo tanta attesa?
Come poteva egli versare del sangue innocente, malgrado il comando divino di non versare sangue?
È forse questo il modo migliore per pregare Dio, sacrificare una persona uniana?
Nonostante questi interrogativi, questi dubbi che hanno tormentato Abramo durante i tre giorni di cammino (nella Torà di tutto questo periodo viene riferito solo un breve colloquio avvenuto fra il padre e il figlio), egli va avanti, fermo nella sua decisione di eseguire il comando divino.
E Isacco, in che posizione si trova? Supera anch’egli la prova? Dal testo della Torà non risulta chiaramente. Ma il Midràsh mette alla prova anche lui. Sotto le sembianze di un giovane anche a lui pone dei quesiti.
Notare come ad Abramo compare un vecchio, mentre, a Isacco un giovane.
Poiché chi pone le domande è la proiezione dell’istinto, si spiega la diversa età dell’interlocutore. Le domande, i dubbi, le problematiche saranno diverse a seconda dell’età del personaggio.
Si vede come il giovane Isacco ha bisogno dell’aiuto paterno, per scacciare Satana: «Papà, guarda che cosa mi dice costui»; il padre accorre e lo invita a non prenderlo in considerazione.
Se tutto ciò non è scritto chiaramente nel testo, tuttavia lo si può dedurre dall’unico brano di conversazione fra il padre e il figlio riferito dal testo:
«E disse Isacco a Abramo suo padre: «Padre mio». E quello: «Eccomi, figlio mio!’ «Ecco il fuoco e la legna, dov’è l’agnello per il sacrificio? «E disse: «Iddio provvederà l’agnello per il sacrificio»» (Gen. 22, 7-8).
Questo passo contiene in sé gli interrogativi che tormentano l’animo di Isacco e che trovano espressione in tali domande.
La risposta di Abramo «Iddio provvederà…» corrisponde nel testo del Midràsh alle parole di Abramo «Non gli badare…».
Cioè Abramo invita il figlio, che ha capito il proprio dramma, a sottomettersi e ad aver fiducia nel Dio che li ha messi su quella strada. Che Isacco accetta le parole del padre, lo si deduce dall’espressione altrimenti superflua del testo:
«E andarono tutti e due insieme» dal momento che già sopra il testo ci ha comunicato che andarono insieme (vedi v. 6).
Quindi, la ripetizione della stessa espressione (v. 8) dopo il colloquio fra il padre e il figlio’ – dimostra che, secondo il Midràsh sia Abramo che Isacco sono concordi nell’eseguire il comando divino.
Superato il primo ostacolo rappresentato da Satana=istinto, interviene il fiume che simboleggia un altro ostacolo: la difficoltà che spesso si incontra nel conseguimento dell’obiettivo prefisso.
Esempi moderni delle difficoltà quotidiane sono riportate dalla Leibowitz nel suo commento[1]: la luce che si spegne mentre si scrive una lettera, l’autobus che si perde quando si ha fretta, ecc.
Tuttavia, insegna il Midràsh, se una persona veramente desidera compiere l’azione, nessun ostacolo glielo impedirà, ma riuscirà a superare ogni forza contrastante come appunto fece Abramo.
[1] Nehama LEIBOWITZ, Op. Cit., P. 138.