Meir Ouziel – Traduzione di Sharon Nizza
Non trasmette durante il sabato. A sinistra è bollata come la “voce di Netanyahu”. Ma l’audience è in crescita
TEL AVIV — Tra i canali televisivi israeliani è in corso una battaglia mediatica e culturale che ha anche importanti risvolti politici. Un canale tv nato di recente, il 14, parla alla base conservatrice e tradizionalista registrando percentuali di rating che ridisegnano la copertura delle notizie, sfidando i più noti concorrenti: Canale 11, 12 e 13.
In Israele, che conta quasi 10 milioni di abitanti, vi sono quattro reti televisive. Fino a pochi anni fa, le stazioni erano solo tre e molti israeliani le percepivano come orientate politicamente a sinistra, segnate molto spesso da commenti molto critici nei confronti del premier Netanyahu e del suo governo. Questi canali ribattono di non essere né di sinistra né di destra. Ma nei loro talk show prevalgono spesso le posizioni più critiche nei confronti del governo, dalla riforma della giustizia alla risposta al 7 ottobre fino alla trattativa sugli ostaggi.
Questo equilibrio è cambiato nel 2021, quando ha iniziato a trasmettere Arutz 14, balzato subito al secondo posto, superando spesso anche i programmi più popolari. La sfida tv ha assunto un aspetto politico più marcato quando Netanyahu ha concesso la sua prima intervista alla stampa in ebraico dall’inizio della guerra di ottobre proprio al Canale 14, e in particolare al talk show “I Patrioti” condotto da Inon Magal. Si tratta di un conduttore che ha uno stile irridente: i critici lo accusano di fare propaganda, mentre per i fan è una voce fuori dal coro. «Il programma “Patrioti” è una combinazione fra attualità e intrattenimento – spiega Magal -. Da un lato ci occupiamo con serietà dell’agenda del giorno, dall’altro lo facciamo in un modo che risulta piacevole guardare. Affinché il risultato sia un talk show interessante, emozionante e anche divertente, in qualche maniera».
Tra i commentatori fissi in studio vi sono diverse figure di spicco che in passato erano oppositori giurati del Likud e di Netanyahu, come la scrittrice Irit Linor ed Eldad Yaniv, uno dei primi leader delle manifestazioni contro Netanyahu iniziate nel 2016. Ma ora le loro posizioni sono più imprevedibili, a volte sostengono il governo. E ciò fa discutere.
Per capire l’impatto del Canale 14 bisogna partire da cosa ha rappresentato il piccolo schermo nella società israeliana. Anche quando tutto il mondo aveva già la televisione, nell’Israele di Ben-Gurion, un Paese socialista e sostanzialmente povero, non c’era la tv. Era considerato un prodotto di lusso che non meritava di essere portato nelle case spartane di chi ancora si considerava un pioniere. Era una Israele così puritana che, quando i Beatles vollero esibirsi in Israele nel 1965, la Commissione per l’approvazione degli artisti stranieri del ministero dell’Istruzione stabilì che erano “una band senza valore artistico”, che “i loro concerti avevano causato isteria e furia di massa tra gli adolescenti” e quindi, “per non viziare i giovani”, il concerto andò in fumo.
Solo alla fine del 1968 la tv israeliana ha iniziato a trasmettere, in bianco e nero, e perfino i film stranieri girati a colori venivano “scolorati”. Anche in questo caso la spiegazione è da cercarsi nella mentalità dei governi laburisti dell’epoca che si opponevano allo sperpero di fondi per un prodotto “di lusso” come la tv a colori. Per vent’anni vi fu un unico canale televisivo, ovviamente di Stato. Solo nel 1983 si passò alla tv a colori e solo dieci anni dopo iniziò a funzionare un secondo canale privato, Canale 12, a oggi ancora il più popolare, seguito poi dal Canale 13. Da subito, tutte le reti sono diventate produttrici di fiction e programmi di intrattenimento. È così che sono nate serie come “Fauda”, “Kathmandu”, “Teheran” e molte altre, e spettacoli di intrattenimento come “Caduta Libera”.
A differenza delle altre reti, Canale 14 non trasmette durante il sabato, lo Shabbat. Secondo i precetti dell’ebraismo, è vietato usare l’elettricità durante il sabato, e ci sono molte altre regole che vietano a un ebreo religioso di guardare la televisione o ascoltare la radio durante il giorno solenne del riposo, dedicato allo studio, alla preghiera, alla famiglia.
Si può dire che Canale 14 ha aperto una nuova finestra per l’opinione pubblica israeliana, portando all’attenzione fatti meno presenti nel mainstream mediatico e dando spazio a volti nuovi. Quanti pensavano all’inizio che si sarebbe trattato di un altro canale religioso, di nicchia, noioso, che voleva concentrarsi sulla tradizione ebraica, hanno scoperto invece un prodotto innovativo che probabilmente soddisfa un bisogno culturale e giornalistico che mancava a molti israeliani.
Israele resta spaccato oggi tra due campi ideologi contrapposti. E questo si riflette esattamente anche nell’audience del Canale 14. A chi si identifica con il campo della sinistra il nuovo canale non piace. Lo attaccano con disprezzo, sostenendo che sia “un portavoce del governo”, e soprattutto “la voce di Netanyahu”. Recentemente si è scatenato un putiferio quando una grande banca si è rifiutata di fare pubblicità su quella rete. La banca ha affermato in sua difesa che si tratta di una considerazione puramente commerciale, ma gli spettatori fedeli del canale vi vedono scelta politica. Ed è iniziata addirittura una forma di protesta, con la chiusura di alcuni conti correnti nella banca in questione.