Giorgio Israel critica Luzzatto
Prof., ebreo, progressista dice no all’intolleranza degli ideologi liberal. “Capisco il fastidio per il vittimismo cattolico, ma occorre lucidità. Il capo delle comunità ebraiche sbaglia”
Roma. “Comprendo le motivazioni psicologiche che hanno spinto Amos Luzzatto a quel tipo di reazione, ma non condivido le conclusioni”. Giorgio Israel, saggista e docente all’Università La Sapienza, giustifica in parte l’intervista al Corriere del Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche sul caso Buttiglione e sulla “nuova inquisizione anticristiana” denunciata dal cardinale Renato Martino: “Pesa un senso d’invadenza che la Chiesa ha spesso dimostrato e che può far sembrare curiosa la protesta di sentirsi perseguitati”. Secondo Israel c’è una “difficoltà psicologica di molti ebrei di mettersi dalla stessa parte. Ci vuole molta lucidità per farlo. Ma è una lucidità obbligatoria”.
Tuttavia, la vicenda Buttiglione non ha niente a che fare con l’insofferenza per il clericalismo, “non è stato accusato di aver avanzato progetti di gestione inficiati da un simile atteggiamento, ma è stato bocciato per le sue opinioni. Sarebbe come bocciare un commissario alle questioni alimentari perché pensa che mangiare maiale è peccato”. Secondo Israel è difficile negare che Buttiglione sia rimasto vittima di un pensiero “politically correct”, che guarda con sospetto alle religioni salvo una, quella islamica: “In Spagna, cassata l’ora di religione nelle scuole, il governo ha assunto un centinaio d’insegnanti islamici”. Anche il figlio di Israel, esentato dall’ora di religione, ha dovuto subire un corso alternativo di lettura del Corano: “E’ un laicismo servile che si inginocchia davanti alle nuove culture. E quando dico nuove intendo quelle che non fanno parte delle radici storiche dell’Occidente”. E’ una manifestazione di quell’odio di sé tipico dell’Europa fuoriuscita dai totalitarismi di cui parla Furet. Non sbaglia Luzzatto quando cita le altre culture, oltre a quella cristiana: “Ma sono marginali nella nostra storia, incluso l’Islam. Diciamolo a costo di sollevare i clamori dei beoti e degli ignoranti. L’Europa si è fondata sui pilastri greco – latino ed ebraico– cristiano. Certamente l’Islam ha contribuito alla scienza e alla filosofia, ma come ha osservato Koyré, ‘la rivoluzione scientifica è avvenuta nell’ambito dell’occidente cristiano e non nell’Islam, che è regredito e questo è quel che conta davvero’”. E’ l’Europa del laicismo postmoderno, che rifiuta se stessa, improntata alla derisione dei valori forti, il politically correct che secondo lo storico Chartier altro non è che “una forma di marxismo debole delle società opulente”. Ha raccolto i rottami del marxismo perdendone però i connotati forti, riducendosi a una filosofia relativista.
Un nuovo maccartismo
Si tratta di lobby, come dice Martino? Difficile dirlo per Israel. Quello che sa è che due suoi libri sono stati respinti con la motivazione che esprimevano una forma di riscoperta religiosa: “Si trattava invece di una critica del materialismo e del meccanicismo”. Ricorda poi quei colleghi francesi che gli davano del criminale perché si rifiutava di giustificare i kamikaze. Un collega lo ha invitato ad una conferenza chiedendogli di presentarlo come contrario al Muro israeliano: “Gli ho risposto di no ed è caduto l’invito. E’ il nuovo maccartismo o piuttosto il nuovo stalinismo”. Campioni di quest’ideologismo spoglio sono Spagna e Francia: “La prima è il laboratorio di un ritorno a forme di anticlericalismo da anni trenta. La Francia vive un repubblicanesimo svuotato, è un guscio vuoto. Dentro l’uovo è entrato il comunitarismo, che sgretola il tessuto sociale ed è abilmente manipolato da intellettuali islamici come Tariq Ramadan”. Edmund Burke lo chiamava “gergo dell’ipocrisia”. Si confonde il rispetto delle minoranze con una società aggregato di minoranze libere di fare quello che vogliono: “Chi vuole fare procreazione la faccia come gli pare, se Tor Bella Monaca diventa a maggioranza islamica perché non lasciare che viga la sharia?”. Si rischia di cestinare l’intero liberalismo occidentale: “Se passa questa linea abbiamo chiuso”. Nella generale ondata anticattolica anche l’ebraismo può essere colpito: “Ha ragione Ferrara, il nuovo antisemitismo si sta sviluppando in questo contesto. Bisogna riconoscere l’esistenza di un comune pericolo che rischia di affondare la speranza stessa di vivere liberamente, che gli ebrei si sono conquistati dalla fine del ‘700 in avanti, negli Stati Uniti e nell’Europa illuminista”.
IL FOGLIO – GIOVEDÌ 21 OTTOBRE 2004
Reibman a Luzzatto
Pisa e Buttiglione, il portavoce degli ebrei di Milano vorrebbe qualche critica anche alla sinistra
Roma. Yasha Reibman, portavoce della comunità ebraica di Milano, pensa che Amos Luzzatto abbia fatto bene a “spiegare in modo chiaro che è interesse delle comunità ebraiche difendere i diritti di tutte le minoranze, a cominciare dagli omosessuali. Gli ebrei hanno ottenuto libertà soltanto in uno stato laico e liberale”. Ma avrebbe dovuto “sottolineare che è in quanto cattolico che Buttiglione è stato attaccato da una parte dei parlamentari. Ha subito un’autentica discriminazione. E’ come se a un ebreo fosse stato chiesto che cosa pensasse della legislazione europea sulla macellazione, che di fatto impedisce quella ebraica. Avremmo avuto un risultato analogo”. Il fatto inquietante è che “al Parlamento europeo chi è religioso viene a fatica tollerato. E’ una deriva volterriana, che paradossalmente indebolisce proprio la laicità delle istituzioni e finisce per colpire le libertà individuali, a cominciare da quella di opinione. Sarebbe stato importante se Luzzatto avesse usato un’indignazione altrettanto encomiabile sul caso Buttiglione. Ricordiamo poi che non è stato attaccato “solo” in quanto cattolico, ma come rappresentante del governo italiano, che ha fatto dell’alleanza con Stati Uniti e Israele un cardine della sua politica e ha lottato per inserire Hamas fra i gruppi terroristici”. Poi c’è Pisa, e Pisa significa far chiarezza sul rapporto con una parte della sinistra italiana, quella dei cortei della Pantera degli inkeffiati. Quelli urlanti “Morte a Israele”. Secondo Reibman “oltre a Pisa, dove c’è stato un atto di fascismo dell’antifascismo, c’è il ‘caso D’Alema’, che appena può parla delle ‘stragi’ dell’esercito di Sharon. E’ uno stillicidio continuo il suo, che merita la massima attenzione delle comunità ebraiche. Luzzatto è l’uomo giusto per dialogare con la sinistra, che più può cambiare questo rapporto perverso e farci uscire dalla ‘sindrome di Stoccolma’. Alla sinistra che lotta per le minoranze, che ha tanti ‘ma’ contro la guerra e mai uno contro il terrorismo, dobbiamo argomentare con altrettanta forza. E’ questo quello che sente la maggioranza degli ebrei italiani. Vogliamo delle comunità forti e chiare sull’uno e l’altro fronte”. Federico Steinhaus, storico dell’antisemitismo, nel caso di Luzzatto parla di “silenzio partitico” e di “sottovalutazione verso l’esterno, verso l’antisemitismo di matrice islamica. E’ forse l’imbarazzo di una persona da sempre schierata a sinistra”. Il giorno dopo l’attentato a Taba il capogruppo dei Comunisti italiani, Giuseppe Sgobio, ha detto che questo massacro era una lezione per gli israeliani, che li avrebbe aiutati a capire. In Italia era cominciata con la “Rivista del comitato nazionale contro il fascismo nel mediterraneo”, membri Zavattini, Fo e Monicelli, dove Israele è definito “uno dei regimi fascisti più sanguinari e razzisti della nostra epoca, un pugno di assassini venduti all’imperialismo”. “La sinistra sa che le comunità ebraiche se ne sono accorte e che non stanno più zitte – continua Reibman – Sta a noi ora pretendere impegni concreti. Uno potrebbe essere una risposta italiana alla notizia che l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, l’Unrwa, finanzia Hamas. Poi un impegno chiaro sul ruolo dell’Italia per fermare la rincorsa nucleare iraniana, che gli ayatollah hanno annunciato useranno per distruggere Israele”. Fausto Bertinotti aveva accettato l’idea di fare un seminario congiunto sul sionismo: “Sarebbe una tappa importante per tentare di rimediare ad anni di manifestazioni nelle quali risuonavano indisturbati slogan come ‘Palestina/ vogliamo tutto/ lo Stato d’Israele/ deve essere distrutto’”. (gm)
IL FOGLIO – VENERDÌ 22 OTTOBRE 2004