Il Corriere della Sera riscopre la favoletta del “Al cuore non si comanda”…
Irene Soave
«Ma non si innamorano mai tra loro?» Me lo ha chiesto un’amica mesi fa quando le ho detto che sarei partita per Gerusalemme: lo stato di Israele riconosce solo matrimoni all’interno di una delle 12 comunità religiose (comunità ebraica, musulmana, drusa, nove comunità cristiane); accedere all’istituto delle unioni civili è molto arduo e sposarsi tra religioni diverse è, di fatto, proibito. E non solo: esistono associazioni ultraortodosse (la più battagliera si chiama Yad Le’Achim,https://twitter.com/YadLachim) che periodicamente lanciano campagne per «salvare» le ragazze ebree «sedotte» da uomini arabi, dissuadendole dal proseguire la loro storia.
Ma al cuore non sempre si comanda: e ogni anno centinaia di coppie miste (nel 2012 sono state 1.200 circa) vanno a sposarsi a Cipro o in Turchia. Una sorte a cui Marianna, 26 anni, ebrea di Gerusalemme, e il suo (ora ex) ragazzo Amir, 24, non sono nemmeno arrivati. «Ci siamo lasciati a marzo, la pressione era troppa. Ora cerchiamo di vederci ogni tanto, come amici; ma è una tortura», mi scrive lei quando la ricontatto dopo il nostro incontro, avvenuto in primavera. Insistendo perché io non usi sue foto.
L’avevo incontrata chiedendo lumi a Zvi, il giovane portinaio (ebreo) dell’ostello di Gerusalemme dove alloggiavo. Conosceva coppie miste? «Tu sei matta», mi aveva detto lui, «non esistono. Se mia sorella uscisse con un arabo la rinnegheremmo. Se una ragazza araba uscisse con me, i suoi arriverebbero a lapidarla. È una cosa che non si fa». Punto. Passava di lì il cameriere Hassna (arabo), che mi prese da parte. «Non stare a sentirlo. Te ne trovo quante ne vuoi». In capo a un paio d’ore ero in un caffè con Marianna.
«Amir e io ci siamo incontrati in hotel. Io facevo la receptionist, lui il personal trainer per i clienti. Prima votavo a destra: lui mi ha fatto la corte, ma l’ho respinto, perché anche se mi piaceva, era arabo. Io diffidavo. Ma lui non mollò: inviti, messaggi, bigliettini passati di nascosto. Il primo bacio è stato nel mio studentato: ho convinto le mie compagne di stanza che il mio fidanzato ebreo sarebbe venuto a visitarmi, e mi hanno lasciato mezz’ora di privacy. Di lì è iniziata una vita di sotterfugi».
Il problema più grave? «Essere innamorata e non poterlo dire a nessuno. Ora penserai che esagero, ma ci ho anche provato. La mia migliore amica aveva un fidanzato arabo e mi confidai con lei: mi rispose “tu sei pazza. Io sono fortunata che il mio ragazzo è orfano”. Un altro amico, anzi, scrivi pure “amico”, mi disse: stai con lui perché sei sovrappeso. Perché non puoi “permetterti” un ebreo, e se lui fosse ebreo non sceglierebbe te. Parole terribili, decisi che saremmo rimasti un segreto. E così è tuttora: tre anni sono passati e nessuno ha saputo di noi».
Dove vi vedevate? «Altro problema. Sono andata a vivere da sola, accettando tutti i lavoretti che trovavo, per poter scappare dallo studentato e vederci da me. Mai un caffè insieme in un bar, mai un cinema per mano. Siamo stati in vacanza a Roma due settimane: la liberazione di poterci baciare in pubblico! Qui a Gerusalemme c’era sempre il terrore che qualcuno ci vedesse e lo dicesse ai suoi».
Che vi hanno sempre osteggiato? «Dopo due anni Amir ha preso coraggio e mi ha presentata in casa. I suoi mi hanno chiesto se ero stata nell’esercito: ovvio, per noi è obbligatorio. A me hanno detto: hai le mani sporche di sangue. E a lui non hanno più parlato. È lì che ho deciso di lasciarlo».
Perché? «Perché che storia è? I tuoi cari ti odiano, non puoi fare progetti, non puoi goderti una serata fuori, noi ci amiamo ma che senso ha? Se anche ci sposassimo, i nostri figli sarebbero cittadini di serie B: poche scuole li accettano, Ora sono passati cinque mesi, esco con altri ma mi piace sempre solo lui, ci sentiamo da amici ma è una tortura»
Perché non ve ne andate allora? «Israele è il mio paese. Ed è anche il suo. Paghiamo le tasse qui, lo stato sociale che abbiamo non ha eguali nel mondo. E poi magari le cose cambieranno. Qui a Gerusalemme dieci anni fa i quartieri erano divisi da cancelli, oggi non più. Io spero che miglioreremo».
(nella foto, una campagna pubblicitaria del partito ultraortodosso Shas contro le conversioni-lampo e i matrimoni misti, in cui la sposa (russa) riceve l’attestato di conversione all’ebraismo via fax direttamente il giorno del matrimonio. )