Tratto da “Shabbath – A cura di Augusto Segre”, Ucei 1972
Yitzchaq Leib Peretz
Il sonno, in piena estate, in una stanza di 4 per 4 metri, con moglie e figli, non è certo una grande delizia, e perfino la sera di Sabato. Non meravigli dunque che Shmeril, lo spaccalegna, si svegli dopo la mezzanotte. E’ immerso nel sudore, gli manca quasi il respiro… salta giù dal letto, si lava le mani, afferra la mantellina se la pone sulle spalle ed esce scalzo.
Fuori, silenzio. Le imposte delle case erano chiuse e al di sopra della cittadina immersa nel sonno la distesa silenziosa del cielo, che occhieggia sulla terra nella calma più assoluta. Sembra ora allo spaccalegna di essere per così dire solo col Santo Benedetto Egli sia. Alza gli occhi al cielo ed esclama: «Signore del mondo, ora è il momento buono perché tu porga orecchio alla mia voce e mi benedica con uno dei tuoi infiniti tesori».
Sta ancora parlando, ed ecco una piccola e lieve lingua di fuoco correre davanti a lui. Rotola verso la periferia della cittadina. E subito egli capì che questo era il tesoro che aveva richiesto,.., pensò di correrle dietro, ma subito si ricordò che era sabato e che è proibito camminare in quel modo poco dignitoso; si dominò e andò dietro al tesoro con calma e… vedi il prodigio: come lo spaccalegna rallenta il suo andare, anche la lingua di fuoco incomincia a sua volta a rallentare un po’, e non corre più come prima. La distanza tra lui e il tesoro non cambia. Non aumenta, né diminuisce per niente. Shmeril continua ad andare; a volte sente dentro di
sè una voce che lo chiama, dai suoi visceri: «Shmeril non essere sciocco, approfitta del momento buono, prendi la mantellina, fa un salto, lanciala e coprilo!» Ma egli capisce da questo modo di parlare che altro non è che la voce del cattivo istinto, che tenta di fargli commettere una trasgressione, perché si sa che è proibito far salti di Sabato! Si toglie la mantellina dalle spalle, l’afferra con la destra, è pronto e disposto a lanciarla, ma, per far arrabbiare l’istinto, procede con maggior lentezza… e com’è grande la sua gioia nel vedere che anche ]a fiammella si comporta esattamente nello stesso modo ….
E così egli continua ad andar dietro alla piccola fiamma, e, seguendola, esce dalla cittadina, la strada si fa un po’ tortuosa. Attraversa campi e pascoli, la distanza tra lui e il tesoro non cambia neppure d’un pelo e se lanciasse la mantellina non riuscirebbe a coprirlo ….
Shmeril non perde d’occhio il tesoro che rotola in silenzio e nella sua mente si risvegliano molti pensieri:
«Venuto in possesso del tesoro, avrebbe evitato di fare lo spaccalegna in vecchiaia, già le mani cominciavano ad indebolirsi; Con questo tesoro avrebbe potuto comperare un «posto» per la moglie nel matroneo. Essa non conosce gioia di sabato e nei giorni festivi, non avendo un posto per sedersi; ha i piedi pesanti e non può pregare stando sempre in piedi… i figlioli le hanno portato via ogni energia …. e le comprerebbe anche un vestito nuovo e perfino una collana di perle…. i figli li avrebbe affidati ai migliori insegnanti… forse il Signore gli avrebbe usato misericordia e sarebbero diventati studenti seriamente impegnati… quanto poi alla figlia maggiore, Devosha, si sarebbe guardato bene intorno e avrebbe cercato per lei un buon matrimonio.., ora essa portava i cesti della frutta dietro la mamma e non aveva neppure il tempo di sistemarsi i capelli.., aveva due lunghe trecce che giungevano fino a terra… e gli occhi?… due occhi di gazzella».
Sarebbe stata una grande mitzvà afferrare il tesoro!
Ecco il cattivo istinto! Si pentì subito; se la sorte l’avesse voluto, sarebbe riuscito ad impadronirsene, se no, no. Se il tutto fosse successo durante un giorno qualunque della settimana… se il suo Jankele fosse stato con lui…
Il suo Jankele non se ne sarebbe stato tranquillo. I figli di questi tempi… Chi sa cosa fanno ogni sabato: il più giovane non è migliore del primogenito… Si prende gioco del maestro e quando questi vuole colpirlo con una mano, egli gli strappa la barba… ma chi ha tempo di sorvegliarli? Tutto il giorno a segare e spaccare… Geme, sospira e continua a camminare.., a volte alza gli occhi al cielo: «Signore del mondo, ma chi tu vuoi metter alla prova? Shmeril lo spaccalegna? Se vuoi dare, dà!».
Ha l’impressione che la lingua di fuoco rallenti un po’ il suo andare… in quello stesso momento s’ode l’abbaiare d’un cane e ne riconosce la voce… Ma questo è il cane di Visoka, il primo villaggio che viene dopo la città e in quell’istante bianche macchie appaiono nella limpida aria mattutina, ma quelle sono le bianche case dei contadini e qui allora v’è il Techùm Shabbath, è il limite sabbatico oltre il quale non si può andare.
Sì; non c’è dubbio, qui v’è il Techùm Shabbath.
Ed egli sussurra al tesoro:
«No, non ti inseguirò più, è proibito! Non sei mio e non sei certo venuto da un luogo puro. Il Signore, sia Benedetto il Suo nome, non può prendersi gioco di un essere umano… Tutto ciò non è una cosa seria, è tutto un inganno…».
Si adirò contro il diavolo, sputò e se ne tornò indietro per far ritorno in città. Disse in cuor suo:
«Non ne farò parola con nessuno di casa mia, prima di tutto perché non mi crederebbero e poi perché se mi credessero, mi prenderebbero in giro. Che cos’è per loro il sabato? E poi perché dovrei menar vanto davanti a chicchessia? Il Signore, Benedetto Egli sia, lo sa di certo. E chi lo sa che poi qualcuno dei miei non s’arrabbi? Donne! E i figli, il Signore ce ne scampi e liberi! Sono delle canaglie scaltre e l’ira fa dimenticare il rispetto per il padre. Non, non avrebbe fatto parola con chicchesia! Perfino al Signore non avrebbe ricordato la cosa, assolutamente in nessun modo… se ha fatto una cosa buona, Egli stesso se ne ricorderà…».
Ad un tratto avverte un senso di distensione, tutte le sue membra sono come invase da un senso di pace, di piacevole tranquillità.
«Tesoro! Vanità delle vanità… Che cos’è un tesoro? Denaro! E il denaro porta al peccato… il denaro… idolatria!».
Vuole ringraziare il buon Dio che non ha permesso al demonio di confonderlo, che gli ha dato la possibilità di superare la prova… Vuole lodare esaltare il Signore… quanto meno intonare un canto… Si ricorda di un canto di quando era bambino, di «Padre nostro, Re» e incomincia a cantare. Ma se ne vergogna e a metà s’interrompe. Vorrebbe ricordare qualche preghiera, qualche inno adatto… quand’ecco che la fiammella, che aveva lasciato dietro di sé, rotola davanti a lui, rotola davanti a lui furtivamente, con dolcezza… anch’essa fa ritorno, davanti a lui, verso la città… verso la città e la distanza tra lui e il tesoro non cambia, non diventa né più breve né più lunga… sembra quasi che il tesoro anch’esso voglia meditare un po’ in quest’aria mattutina, in onore del sabato, per deliziarsi… il cielo comincia a schiarirsi, le stelle si stanno spegnendo una dopo l’altra e l’oriente si va arrossando sempre più, come un fiume di luce che trabocca in tutta la sua lunghezza.
La fiammella continua la sua strada verso la cittadina, infila la strada dove egli abita, ecco la sua casa, la porta, che ha dimenticato di chiudere ed è ancora aperta… con un salto passa la soglia ed entra nella stanza ed egli la segue… rotola in silenzio sul pavimento e va a finire sotto al suo letto e lì si ferma, dondola là dove s’è fermata, come la trottola di Chanukkà… non scappa più… Egli prende la mantellina e adagio, adagio, per non svegliare i suoi che dormono ancora copre rapidamente il tesoro… e attraverso le fessure della persiana già furtivamente s’infiltra il mattino con i suoi raggi d’oro…
Sta disteso sul suo letto e fa un voto: per tutta la durata del sabato non svelerà il segreto a nessuno, affinché, Dio non voglia, non venga qualcuno a profanare il sabato… sua moglie non riuscirebbe a controllarsi e tanto di più i figli; immediatamente vorrebbero contare, sapere, quanto… e il muro ha orecchi e un uccello del cielo porterebbe la notizia in giro ed essa si diffonderebbe fino alla Sinagoga e alla scuola e a tutti quanti a proposito della ricchezza.., sulla fortuna che egli era toccata e cose simili… E si sarebbe discusso, ne avrebbero parlato e, Dio non voglia, sarebbero giunti fino al punto da interrompere la preghiera… E sarebbero stati capaci di parlarne anche durante il pasto, trascurando perfino di lavarsi le mani, di recitare i canti sabbatici e perfino di dire la birkath ha-mazòn. In tal modo egli avrebbe fatto peccare la sua famiglia e l’intera città. Ora non voleva che ciò accadesse, in nessun modo. Si stese nel letto, chiuse gli occhi e si voltò verso il muro come se dormisse….
In grazia di ciò il tesoro rimase lì.. All’uscita del Sabato, quando alzò la mantellina vi trovò sotto un sacco e, dentro il sacco, migliaia e migliaia di monete d’oro, tante quant’era lungo e largo il letto. Lo spaccalegna divenne un uomo sicuro di sé, uno dei signori più ricchi, e riuscì quindi verso la fine dei suoi giorni a raggiungere una felice tranquilla sistemazione.
Ma la moglie non cessava a volte di brontolare pur in mezzo al benessere:
«Signore del mondo! Quest’uomo ha una pietra al posto del cuore! Per un lungo giorno d’estate starsene lì senza dire una parola, senza emettere neppure un soffio; nascondere tutto ciò alla propria mogie…» Si ricordava che in quella stessa sera, pregando «Dio di Abramo» era scoppiata in un pianto dirotto per la sua povertà e per lo stato di prostrazione in cui si trovava: in casa non c’era neppure un centesimo bucato…».
Forse per le lacrime che scorrevano come un fiume…
Ed egli le rispondeva serenamente:
«Chi lo sa? Forse per loro merito forse per merito del tuo «Dio di Abramo» e delle tue lacrime il tesoro è rimasto lì».
E infatti chi lo sa?