I Di Consiglio in fuga dai nazisti trovarono riparo dai De Bernardis. E ora li vogliono adottare
Dov’ è Nello? Conoscete Nello? E che ne è di Fossa? Come sta la gente di Fossa? Poche ore dopo il terremoto, quand’ è ormai chiaro chi e come c’ è rimasto in mezzo, un uomo piomba da Roma e chiede notizie fra le tendopoli d’ Abruzzo. Il suo nome, Leo Terracina. Il suo scopo, cercare una memoria. Non sa bene che cosa può trovare. E se. E quando. Però ha visto le immagini, sentito le notizie, capito che quello è il posto a cui pensare. Sua mamma si chiama Roberta Di Consiglio ed è originaria di Fossa, la prima ebrea romana mai nata fuori dal Ghetto.
È a Fossa che Leo vuole andare: in uno dei paesi più colpiti. A cercare Nello De Bernardinis, 74 anni, e la famiglia che 66 anni prima aveva nascosto sua mamma ai nazisti, l’ aveva registrata come piccola ariana. Le aveva ridato una vita. La caccia dura poco: Nello è vivo. Seduto nella sua macchina. Una coppola grigia, una tuta blu e grigia, l’ asciuttezza di chi ha perso tutto e non chiede nulla. «Come stai, Nello?». «Sono qui». «Che cosa posso fare?». «Grazie. Non ho bisogno di niente. Vi state preoccupando di noi, e solo questo mi commuove».
I riemersi e i salvati. Nelle storie del doposisma c’ è Onna, che i tedeschi vogliono ricostruire per lavare una colpa storica del massacro che i nazisti vi compirono. E c’ è Fossa, che è invece il posto dove si rifugiarono quattro famiglie d’ ebrei in fuga da Roma. E che gli ebrei italiani, e forse lo Stato d’ Israele, ora hanno deciso d’ adottare. Raccontano i Di Consiglio (i salvati): «Dall’ ottobre ‘ 43, siamo rimasti un anno e mezzo nascosti a Fossa. I De Bernardinis ci hanno dato tutto, senza chiederci nulla. Mio papà – a parlare è Letizia, zia di Leo – aveva una bottega a Termini. Pochi giorni prima dei rastrellamenti tedeschi, decise di scappare. Non era mai stato in Abruzzo. Fossa fu il primo posto che trovammo. I De Bernardinis, i primi che incontrammo. Era gente perbene. Capirono subito. Ci nascosero in una stalla: lì nacque Roberta, mia sorella. Lì ci salvammo tutti».
Racconta Nello De Bernardinis (il salvatore): «Io avevo 8 anni, quando i Di Consiglio sbucarono dal nulla. Noi facevamo la fame, allora. Ma siamo sempre stati una famiglia dal cuore aperto. Mio papà sapeva di metterci tutti in pericolo, ma ci disse che era nostro dovere aiutare quella gente. Scavammo un buco nella stalla. E quando arrivarono i tedeschi per un controllo, e videro uno di loro, riuscimmo a farlo passare per un nostro lavorante». S’ emozionano i salvati: «Un’ amicizia fortissima ci lega ancora a Fossa – dice Leo -. Tutta la comunità ebraica conosce quel paese. Vogliamo ospitarli nelle nostre case, dare loro un po’ di quel che loro ci diedero allora». Arrossiscono i salvatori: «Anche dopo la guerra – racconta Nello -, i Di Consiglio volevano ricompensare mio padre con dei soldi. Lui non accettò. E anch’ io oggi non posso accettare. La situazione è critica: mia nuora ha perso diversi parenti, la nostra casa è lesionata, io dormo in auto perché la preferisco alla tenda… Ma, in fondo, ce la stiamo cavando». Aiutare chi aiutò. I Di Consiglio che ancora ringraziano e vogliono adottare i De Bernardinis. I De Bernardinis che ringraziano e vogliono far da sé. L’ incrocio di due tragedie è finito sulla stampa israeliana, raccontato dal quotidiano Yedioth Ahronot, e sta muovendo molti.
Leo Terracina ha chiesto a Riccardo Pacifici, il presidente della comunità ebraica, d’ unirsi nel sostegno. Perché ci sono altre famiglie che meritano: «Abbiamo fatto un appello anche al governo israeliano». Dice Pacifici: «Abbiamo già mandato vestiti e cibi in Abruzzo, ma per Fossa, per i De Bernardinis, per i Corona e tutti quelli che aiutarono gli ebrei c’ è una responsabilità particolare. Devono essere riconosciuti fra i Giusti d’ Israele, specie ora che si trovano in questo disastro». Il governo israeliano ha già mandato squadre di psicologi, ma a Gerusalemme dicono che è solo l’ inizio: «I bambini di Fossa verranno invitati per le vacanze d’ estate. Poi, si farà un esame di ciascuna situazione». Una promessa: «Daremo una mano a tutti».
Francesco Battistini
(14 aprile 2009) – Corriere della Sera