Daniel Reichel
Il rav Birnbaum visita la Comunità piemontese. “La realtà comunitaria è la chiave per rafforzare l’identità ebraica”
“Se una persona può cambiare il proprio destino anche un popolo può farlo” sostiene Rav Eliyahu Birnbaum, dayan al Tribunale per le conversioni del rabbinato israeliano e docente al Merkas Rapaport dell’università di Bar Ilan. In visita a Torino per “dare uno sguardo alla comunità”, con il rav, personaggio noto a livello internazionale, abbiamo parlato di identità ebraica fra presente e futuro.“In questo momento – spiega Birnbaum, uno dei pilastri di Shavei Israel, l’organizzazione no profit israeliana attiva nella ricerca degli ebrei perduti (Pagine Ebraiche di Giugno, “Viaggio sulle tracce dei discendenti di Israele” di Daniela Gross, nell’immagine tratta dallo stesso giornale, il rav Birnbaum con uno dei discendenti dalle famiglie marrane che oggi compongono la Comunità ebraica di Belmonte in Portogallo) – all’interno del mondo ebraico, in particolare fra le nuove generazioni, sono presenti due correnti molto forti e di segno opposto: da una parte coloro che tendono all’assimilazione, allontanandosi dalla tradizione ebraica, dall’altra coloro che cercano un riavvicinamento all’ebraismo. Questa contraddizione – continua rav Birnbaum – si può trovare all’interno della stessa famiglia, è qualcosa che esiste e di cui dobbiamo prendere atto”. Uno dei compiti di rabbini ed educatori, secondo il rav, è quello di attenuare questo contrasto, bisogna agire in fretta per non rischiare di perdere definitivamente contatto da chi si avvia verso il distacco dall’ebraismo.
“Shavei Israel”, Ritorna Israele, questo è il leitmotiv del lavoro di rav Birnbaum, recuperare, consolidare l’identità ebraica degli ebrei per rafforzare il popolo di Israele. E’ l’impegno di una vita che lo ha portato a girare il mondo per riscoprire comunità dimenticate dalla Cina all’Amazzonia, dall’India alla Siberia. “Sono fiducioso” dice “nulla è perduto definitivamente. Se una persona può cambiare il proprio destino anche un popolo può farlo. Ma per vincere questa partita dobbiamo avere una condivisa visione del futuro, dobbiamo sapere dove vogliamo arrivare”. Una tensione verso il futuro che Birnbaum, nonostante le note difficoltà, rivede nella Comunità torinese “ho la sensazione che qui si stia cercando di creare un futuro. Torino è una tipica Comunità italiana con una grande tradizione religiosa e culturale alle spalle, ma non per questo è al riparo dal pericolo di diventare un semplice museo dell’ebraismo. Non è solo un luogo di memoria, ma una Comunità viva e dinamica”.
“Oggi la realtà comunitaria è la chiave per rafforzare l’identità ebraica” spiega Birnbaum. Secondo il rav infatti, nella società postmoderna il singolo è influenzato da diversi fattori: internet, la televisione, la società stessa mentre la famiglia ha perso il suo ruolo centrale. La dimensione famigliare, in particolare nell’ebraismo, ha sempre avuto un’importanza fondamentale nella vita e nella formazione nell’individuo. Entrata in crisi o forse semplicemente cambiata questa realtà, si è creato un vuoto. Per Birnbaum questo vuoto può essere colmato dalla Comunità, “la nuova famiglia”. “Non parlo per ipotesi” sostiene il rav “ma di qualcosa che si sta già verificando nel mondo, con una costante crescita di gruppi di ebrei che si riuniscono per condividere e, sempre più spesso, riscoprire la tradizione ebraica”.
In un’agenda molto fitta di incontri, c’è anche uno spazio anche per una breve riflessione sulla provocazione di Alain Elkann (secondo cui tutti gli ebrei dovrebbero essere cittadini israeliani). “Cittadini di Israele o no, tutti gli ebrei del mondo condividono il legame, volenti o nolenti, con almeno tre cose: religione, nazione, Israele. Israele dunque, che tu sia un ebreo argentino o italiano, fa parte della tua identità”.
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