La tesi provocatoria di Shlomo Sand scatena un putiferio: furono gli “ideologi sionisti” a creare dal nulla un mito. La concezione nazionalista dell’ebraismo è una conseguenza di quella “invenzione”
R. A. Segre
L’invenzione del popolo ebraico è il titolo del libro, scritto in ebraico, dello storico israeliano Shlomo Sand. È diventato un best seller dopo 19 settimane in cima alla lista dei libri più venduti in Israele. Lo stesso successo ha avuto in Francia, dove ha ricevuto un premio prestigioso, mentre provoca acerbe discussioni in America, dove è stato da poco pubblicato. Atteso in libreria in Italia e Germania, incontrerà probabilmente lo stesso successo, trasformando il suo fortunato titolo in grido di battaglia contro gli ebrei e in favore dei palestinesi.
In epoca di politically correct scoprire che il popolo ebraico è stato inventato, dunque che non dovrebbe esistere, è garanzia di vendita e di dibattiti altamente pubblicitari. Questo, del resto, era lo scopo del professore dell’Università di Tel Aviv. Nato in Austria da genitori ebrei polacchi scampati alla Shoah e rimasti così ardenti comunisti da rifiutare compensi dalla Germania capitalista, immigrato con loro in Israele, Sand è diventato un brillante analista di cultura politica francese dopo una fallita carriera di militante nell’estrema sinistra israeliana. Critico verso la politica di occupazione israeliana e difensore della causa palestinese, il professor Sand ammette di non essere un esperto di storia ebraica, ma ritiene di aver portato un contributo alla miglior comprensione del «problema degli ebrei».
La tesi del libro è succintamente questa. Il popolo d’Israele non è mai esistito come «nazione-razza». È solo una miscela di gente che in vari periodi storici ha adottato la religione mosaica. Sono stati gli ideologi sionisti a inventare il mito degli ebrei come popolo antico, aprendo la strada a una concezione razzista dell’ebraismo. Anche la diaspora ebraica è un mito, dal momento che gli ebrei non avrebbero mai lasciato la Terra santa dopo le guerre e le rivolte contro Roma. Sono perciò almeno in parte progenitori degli attuali palestinesi. Il mito della diaspora, d’altra parte, è stato rinforzato dalla Chiesa, interessata a «convincere gli ebrei che i loro antenati erano stati esiliati come punizione divina». Nel XIX secolo, intellettuali ebrei tedeschi influenzati dal nazionalismo germanico hanno «inventato retrospettivamente» il mito di un popolo ebraico. Gli ebrei, dopo aver perduto uno Stato (che poi stato sovrano effettivamente non era) e girato per il mondo per 19 secoli, sono finalmente riusciti, grazie al sionismo, a tornare alla terra d’origine.
La valanga di critiche che questo libro ha provocato non ha fatto che dargli pubblicità, come era del resto nei piani del suo autore il quale – come esperto di letteratura francese – non ignorava il detto di Voltaire «calunniate, calunniate, qualcosa resterà». Ciò detto, non si può negare che il prof Sand ha ragione su un punto: gli ebrei, in base alle definizioni e ai modelli elaborati dalla scienza politica, non sono mai stati né un popolo, né una nazione (e neppure una religione, se si pensa che la distanza fra un ebreo ortodosso e uno liberale è oggi maggiore di quella fra un cattolico e un protestante). Gli ebrei dalla loro origine biblica ai nostri giorni si sono sempre visti e hanno coscientemente o incoscientemente agito come membri di una «famiglia allargata». Che questa famiglia allargata (assieme a molti adepti) abbia accettato, attraverso una rivelazione divina più o meno mitica, ai piedi del monte Sinai, di farsi portatrice di un monoteismo morale aristocratico è naturalmente opinabile. Non cambia il fatto che una famiglia allargata, un clan, un insieme di persone che ritiene di avere un antenato o di discendere da un ceppo etnico comune, non possa sviluppare un senso di identità capace, prima o poi, di trasformarsi in senso e volontà statale. Gli italiani stessi e molti popoli balcanici possono servire da esempio. L’Arabia saudita è uno Stato moderno che non solo appartiene, ma porta il nome di una famiglia allargata, il clan dei Saudi.
Il libro del professor Sand porta munizioni al tentativo di delegittimare il diritto ebraico alla sovranità politica. Stupisce tuttavia che uno storico di pensiero politico europeo non si sia ricordato della risposta che Wellington dette ai suoi detrattori che si opponevano alla sua nomina di comandante in capo delle truppe britanniche contro Napoleone perché nato in Irlanda: «Gesù – disse – è nato in una stalla. Non per questo era un asino».
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venerdì 04 dicembre 2009