Dopo il video dei ragazzi di Yeud.im (se non lo vedi clicca qui), un brano tratto dal Sèfer Hatodaà – Il ciclo dell’anno ebraico Vol. 1, pubblicato da Morashà.
Approfondimenti su Chanukkà
Perché era necessario che accadesse il miracolo dell’olio? La Torà non stabilisce forse che si è esenti dall’obbligo di compiere una mitzvà se a impedirlo intervengono circostanze oltre il proprio controllo? Inoltre, perché il miracolo ebbe una portata limitata? Non avrebbero, invece, potuto scoprire miracolosamente una quantità d’olio sufficiente per tutti gli otto giorni?
In realtà, il miracolo dimostra quanto Israele sia amato da Dio. Il suo amore è tanto grande che Egli crea miracoli, in modo che Israele possa compiere le sue mitzvòt e la sua volontà. Per questo motivo, i giorni di Chanukkà sono particolarmente favorevoli per coloro che cercano di servire Dio.
La mancanza di una quantità d’olio sufficiente per otto giorni allude al fatto che alle persone preposte all’accensione mancavano la preparazione e l’espiazione sufficienti. Avevano solamente una piccola traccia di vera preparazione per compiere la mitzvà, la traccia che è nascosta in ogni ebreo e che Dio protegge affinché non sia oscurata da influenze esterne. Chi cerca questa traccia, la troverà sicuramente e, con l’aiuto di Dio, essa si espanderà e si diffonderà fino a colmare tutta la persona, così come la singola ampolla di olio bastò miracolosamente per tutti gli otto giorni.
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La porta di una casa serve tanto da entrata quanto da uscita. La mezuzà è sul lato destro quando si entra, la channukià sul lato destro quando si esce di casa. Quindi, la sua luce illumina la nostra vita anche quando siamo “fuori”, quando abitiamo tra le nazioni. Anche se il Bet hamikdàsh non esiste più, la luce della menorà continua a illuminare la nostra vita.
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I Maestri hanno comandato di collocare la menorà accanto alla porta, di fronte alla mezuzà. La menorà e la mezuzà, quindi, testimoniano che, anche quando siamo oppressi da un tiranno, siamo servi soltanto di Dio e non dobbiamo devozione a nessun altro padrone. Così come uno schiavo che desidera rimanere in schiavitù dopo il termine previsto deve farsi forare l’orecchio accanto alla mezuzà e alla porta, allo stesso modo poniamo la channukià sulla soglia, mostrando che, nel momento della nostra liberazione dalla schiavitù delle nazioni, desideriamo comunque rimanere legati a Dio. La soglia e la mezuzà testimoniano che Israele non cerca un padrone straniero, ma soltanto il giogo del regno del cielo, poiché siamo servi di Dio, e non servi dei Suoi servi.
“In quei giorni, in questo tempo” è scritto nella berakhà che si recita sui lumi di Chanukkà.
Nel calendario ebraico, ci sono molti giorni che commemorano grandi miracoli e atti di salvezza che Dio ha compiuto per Israele. Ma, tra questi, soltanto Chanukkà e Purìm sono stati stabiliti come feste da celebrare per sempre. Un giorno di salvezza diventa una festa stabilita soltanto se l’atto di salvezza ha aperto le porte della grazia divina e la grazia divina che è affluita permane in ogni generazione. Se il giorno della salvezza produce una luce per tutte le generazioni, viene stabilito come festa. In caso contrario, non viene stabilito come festa. Soltanto i profeti e i Maestri possono giudicare se una liberazione miracolosa abbia davvero prodotto luce e grazia.
Chanukkà e Purìm sono simili alle feste prescritte dalla Torà in quanto sono giorni che hanno il potenziale di illuminare tutto l’anno. Pèsach porta la luce della libertà, Shavu’òt la luce della Torà, Sukkòt la luce della gioia, i Giorni Terribili la luce del perdono e dell’espiazione. Per questo motivo, la berakhà che si recita a Purìm, prima di leggere la Meghillà, e a Chanukkà, prima di accendere la channukià, è una lode a Dio per aver “compiuto miracoli per i nostri padri, in quei giorni in questo tempo”; ciò significa che i miracoli avvenuti allora continuano a illuminare anche le nostre vite, adesso.