Responsabile di diversi crimini di guerra e della morte di più di mezzo milione di ebrei
Livio Sirovich
Roma, fine maggio 2022, Palazzo Pallavicini residenza dell’ambasciatore britannico presso la Santa Sede, di fronte al Quirinale. Ufficialmente, il tema dell’inconsueto incontro è “La Riconciliazione della Memoria e l’Obiettività”, ma i 20 partecipanti sanno che si parlerà dello scottante tema della fuga dei criminali nazisti, soprattutto in Sudamerica, attraverso il Vaticano (la“Ratline”). E lo si farà con il vescovo Tighe, segretario del Pontificio Consiglio per la Cultura. A passare il mio indirizzo all’ambasciatore è stato il secondo protagonista del convegno, Philippe Sands, famoso avvocato inglese protagonista di processi internazionali (a Pinochet, ex-Yugoslavia, Rwanda, Iraq, Guantanamo) e docente dell’University College di Londra. Sands ha scritto un best seller sul generale delle SS barone Otto Gustav von Wächter, ex governatore di Cracovia e della Galizia tra il 1941 e il 1944, morto in circostanze misteriose in Vaticano durante la fuga; e ha potuto avvalersi delle confidenze dei figli di Wächter e del governatore della Polonia, Hans Frank (avvocato personale di Hitler, impiccato a Norimberga). Wächter chiamò il figlio Horst (dal titolo dell’inno del partito nazista) e oggi questi difende il padre, mentre Frank jr condanna spietatamente il genitore.
Fu il generale von Wächter a lasciare in Carnia il tesoro di Timau, di cui ho scritto in “La Notte delle Faville”, ecco spiegato il mio aggancio con Sands.
Sia detto per inciso, quello dell’ingente somma lasciata da qualcuno al curato del paese italiano di Timau, al confine con l’Austria, ai primi di maggio del 1945 durante la ritirata dei cosacchi e dei tedeschi dal Friuli settentrionale, era uno dei più chiacchierati “misteri di guerra” della regione. Si era sparsa la voce (forse a opera dello stesso sacerdote) che gli autori del lascito fossero stati i cosacchi. Il diario della curazia era stato infatti mantenuto segreto e solo nel 2000 il Sirovich ebbe la possibilità di leggerlo per primo. Il sacerdote vi aveva annotato che a lasciargli la somma era stato “un ufficiale germanico”. Ma chi? E perché? Il curato si è portato il segreto nella tomba, ma la verità è probabilmente emersa da una serie di testimonianze di ufficiali nazisti, che avevano accompagnato nella fuga da Trieste il loro superiore, appunto il generale von Wächter; confidenze raccolte da un giornalista-storico simpatizzante dei nazisti, Pier Arrigo Carnier, che ne ha scritto varie volte su giornali italiani locali.
Wächter aveva studiato a Trieste e qui aveva speso gli ultimi mesi di guerra. Curzio Malaparte racconta che l’affascinante giovane generale parlava un discreto dialetto triestino. Altra simpatica nota di colore: Frank e Wächter erano anche grandi amici, tanto che, trovandosi entrambi a Cracovia nel ‘41, se ne andarono assieme al museo, dove il primo si prese la “Dama con l’ermellino” di Leonardo Da Vinci, mentre il secondo, suo vice, si accontentò della “Lotta tra Carnevale e Quaresima” di Bruegel (sua moglie Charlotte scelse mobili del Rinascimento per la loro nuova villa, ovviamente sequestrata ad ebrei).
A casa dell’ambasciatore siamo tenuti a rispettare la regola della Chatham House: esprimersi in libertà, concesso riferire all’esterno i contenuti del colloquio, ma divieto di precisare chi ha detto cosa. Sands conquista subito la scena. Si racconta (impersonale, Chatham House) la sua avventura spirituale alla ricerca delle sue radici galiziane (parenti massacrati a Leopoli, che lui chiama Lemberg alla tedesca-yiddish), dell’aiuto del figlio di Frank, di come questi gli abbia presentato Wächter jr, di come Sands nel 2015 abbia prodotto un inquietante documentario (https://www.youtube.com/watch?v=07X5MMgTJU4) “costringendo” i due figli dei capi nazisti ad assistere alla lettura scenica del discorso, con cui papà Frank – freneticamente applaudito da papà Wächter – nell’agosto del ’42 aveva annunciato lo sterminio degli ebrei della città (fra cui i parenti dello stesso Sands). Entrambi i figli erano seduti esattamente sugli scranni allora occupati dai due genitori. Dolente, Frank jr maledisce il padre, mentre Horst Wächter difende il proprio con le lacrime agli occhi, e in risposta conduce Sands a un affollato raduno di reduci ucraini per fargli vedere quanto benvoluto egli sia tuttora. Non lo sfiora il sospetto che il buon ricordo degli ucraini ex-appartenenti alle Waffen SS sia controproducente. E allora Sands porta i due sulle fosse comuni in cui erano stati gettati anche i suoi parenti. Horst si commuove, ma grida ancora tutta la sua fedeltà alla memoria del padre (di cui non ha ricordi) e soprattutto della madre Charlotte, e insiste con forza che il padre non aveva nulla a che vedere con l’uccisone degli ebrei “perché si occupava solo dell’amministrazione civile della Galizia”. È vero: tra le SS e l’amministrazione civile c’erano spesso attriti, poiché la missione delle prime era lo sterminio, mentre la seconda aveva interesse a conservare gli schiavi per l’industria bellica etc. E infatti – ha documentato Sands – il 27 agosto 1942 Charlotte scrive al marito lamentando che “sempre più ebrei vengono deportati e non si trova più la terra rossa per i campi da tennis” (mattoni sminuzzati da schiavi ebrei).
L’ambasciatore, Sua Eccellenza Tighe e noi altri siamo costernati. Qualcuno (regole di Chatham) commenta che i discendenti di Otto e Charlotte sono 23. L’ambasciatore è stato così gentile da invitarli tutti, ma purtroppo 22 non hanno risposto all’invito perché sono rimasti nazisti. L’unica ad essere presente è la figlia di Wächter jr, Magdalena. A questo punto, viene raccontato (negherò sempre che sia stata lei a farlo) dello scandalo e del dolore provati a 18 anni: “Visto il film Schindler List, tornai a casa disperata, ma nessuno dei miei voleva parlarne. Di mio nonno non sapevo nulla! Sai, quando scopri magari che tuo nonno ha ammazzato una persona… ma quando realizzi che in Galizia ne avevano ammazzati almeno mezzo milione… Ho dovuto mettermi in analisi. È stato un lungo percorso”, culminato anche con la conversione all’Islam (Magdalena è infatti intervenuta all’incontro con l’Hijab, accompagnata dal marito, pedagogo – forte somiglianza con Moni Ovadia giovane – in giacca bavarese e fez nero in testa).
Nel ‘49 anche il generale von Wächter imboccò la Ratline con l’aiuto del vescovo nazista Hudal (che aveva già fatto fuggire Eichmann, Mengele e tanti altri). Ma morì a 48 anni in circostanze misteriose in Vaticano, secondo il figlio Horst avvelenato da un camerata doppiogiochista per i sovietici, secondo la cartella clinica recuperata da Sands all’ospedale Santo Spirito di leptospirosi, contratta durante le sue salutistiche nuotate nelle acque laziali.
E a questo punto il cerchio si chiude: “è provato – viene detto autorevolmente – che nel 1948, in funzione anticomunista, a Roma anche il vescovo Hudal era stato arruolato dal controspionaggio americano nella c.d. “Operazione Los Angeles” assieme a “mons. Federico Fioretti, capo ufficio stampa vaticana, che lavorava direttamente per Papa Pio XII”. Ricevevano entrambi 50 dollari al mese; allora una discreta somma (P. Sands, The Ratline, 2020, p. 249). Dipendevano dall’ex capo dei Servizi nazisti, Maggiore SS Karl Hass, quello che alle Fosse Ardeatine per dare l’esempio aveva sparato personalmente a due dei 335 fucilati. Ed era stato proprio l’ultimo ad aver invitato a una nuotata il camerata von Wächter. A Palazzo Pallavicini, queste affermazioni hanno trovato altrettanto, se non più, autorevole silenzio assenso.
Livio Sirovich Roma 27 maggio 2022