Il Shalshelet ha-Kabbalà (cioe` la “Catena della Tradizione”) dello studioso ebreo imolese Ghedalià Ibn Yachia è solitamente considerato un testo storico[1]. Tuttavia se la prima parte del volume è effettivamente dedicata ad annotazioni di carattere storico e genealogico, la seconda parte invece assomiglia piuttosto ad un’enciclopedia, diremmo proto-scientifica, che tratta temi probabilmente all’ordine del giorno[2].
Di questa seconda parte del Shalshelet haKabbalà, una parte consistente è dedicata alla descrizione di fenomeni che possiamo definire come immaginari o fantastici. Attraverso l’analisi di questi racconti è possibile ricostruire la mentalità dell’autore e del suo periodo[3]. Anche se bisogna tener presente, che l’immaginario non è soltanto frutto della fantasia dell’autore, ma comprende semmai tutto un apparato mitologico ereditato dalla cultura precedente[4].
Molti di questi argomenti definiti come immaginari e fantasiosi vengono descritti dall’Ibn Yachia invece come fossero argomenti scientifici. Infatti Ghedalià non era certo conscio della separazione fra immaginazione e scienza. Ma proprio perché l’autore non si sa dare una risposta ai quesiti che lui stesso si pone, ne cerca la soluzione nel proprio immaginario. Si tratta quindi non di una scienza empirica, ma di una scienza immaginaria. Ad esempio vengono posti dei quesiti sul perché si nasce e si muore, cosa c’è dopo la morte, cosa ci sia al di là del mondo. E quasi contemporaneamente parla di mostri, di esseri ultraterreni, o della possibilità di concepire un bimbo senza necessariamente avere rapporti sessuali.
Infatti l’immaginazione gioca un ruolo centrale nella concezione dell’Ibn Yachia. Ad esempio quando tratta della natura della donna e della nascita dei bimbi[5]. Spiega Ibn Yachia, che il concepimento non è soltanto un fenomeno biologico, ma richiede appunto la forza immaginativa dei genitori. Senza l’intenzione, che é forza immaginativa, non si ottiene nulla[6].
Quando la forza immaginativa è scadente anche gli altri sensi sono scadenti e di conseguenza anche il prodotto diventa scadente. Infatti se capita che una donna incinta ha paura o casca, allora i suoi sensi, soprattutto l’immaginazione, trascurano il loro dovere, che è quello di occuparsi del feto, che ne può quindi risentire. Cosí se nel momento dell’atto sessuale, l’uomo o la donna hanno una brutta visione, come quella di un mostro o di un negro, il feto ne verrà senza dubbio influenzato: nascerà quindi un mostro o un negro, anche se entrambi i genitori sono bianchi[7] .
Per l’appunto la nascita dei mostri era un altro argomento che assillava il nostro Ghedalià. A questo proposito l’autore riporta diverse opinioni sulla natura dei mostri, ovviamente tutte fantasiose e legate spesso alla forza di immaginazione. Così c’è chi sostiene che la nascita di un mostro sia la punizione per i peccati ed i cattivi pensieri. Oppure che nascano senza il seme maschile, quando la donna immagina il piacere sessuale con intensità e calore[8], soprattutto se durante il primo quarto del novilunio dalla sua mestruazione. O anche, che la nascita dei mostri dipenda dalla configurazione delle stelle nel momento in cui il seme penetra nell’utero[9].
Ma sulla nascita del bimbo viene riportata tutta una descrizione fantascientifica. Secondo Ibn Yachia, il seme maschile che penetra nell’utero della donna, diventa come il lievito che riscalda la pasta, oppure come il caglio nel latte. E su cosa influiscono i genitori nel concepimento? Dunque, la parte bianca del corpo, cioè le ossa, le unghie, e gli occhi provengono dal padre; mentre la parte rossa, cioè la pelle, la carne, il sangue, provengono invece dalla madre. Mentre il volto, la parola, ed il movimento, provengono dal Signore[10].
E chi stabilisce il sesso del nascituro? Anche qui sarà l’immaginazione a stabilire il sesso del bimbo: se la forza di immaginazione dell’uomo è più potente di quella della donna, allora il figlio sarà maschio, altrimenti sarà una femmina. Ma il nostro autore riporta anche altre teorie: se il seme maschile all’interno dell’utero prosegue verso destra in questo caso sarà maschio, se invece va verso sinistra il feto diventerà femmina[11]. Ma anche: se il rapporto sessuale è avvenuto nei primi cinque giorni dopo il completamento del periodo mestruale il nascituro sarà maschio, se invece il rapporto è avvenuto fra il quinto e l’ottavo giorno allora sarà una femmina. Se però il rapporto è avvenuto dopo il dodicesimo giorno allora sarà androgino. E c’è però chi sostiene che la formazione del maschio o della femmina dipenda dalla potenza dei cibi che mangiano i genitori, oppure dai periodi dell’anno, o se si trovino sui monti o nelle valli[12].
Come in ogni testo scientifico che si rispetti, pure la natura del corpo umano viene trattata dal nostro autore. Ibn Yachia distingue fra tre entità: anima, spirito e vita. L’anima (nefesh) e` un vapore sottile, creato come gli angeli[13], e si trova nella testa dell’uomo, negli spazi del cervello, e corrisponde al luogo dell’intelligenza e della fantasia. Lo spirito (ruah) invece si trova nel cuore dell’uomo, perché da li provengono le forze utili. E la vita (neshama`) invece si trova nel fegato, perché da li provengono le forze materiali[14].
Ma il mondo di Ibn Yachia non è un mondo conosciuto e logico, bensì un mondo misterioso e popolato di strane creature[15]. Infatti, prima di tutto ci sono i giganti discendenti di Shet, terzo figlio di Adamo, che erano sommersi nei peccati, e sono quindi morti durante il diluvio[16]. Poi ci sono le Amazzoni, che rimaste vedove di guerra presero le lance per combattere i loro nemici, e che usavano bruciare il seno destro alle giovani ragazze in modo che potessero portare le armi[17]. Ed infine il Signore ha creato diversi tipi di mostri, diffusi in diversi posti:
“In Africa vi sono delle creature strane che sono androgini ed hanno rapporti sessuali con loro stessi. Nella regione della Sitia, ci sono persone con un occhio solo nella fronte. In India ci sono quelli che non hanno la bocca per mangiare o bere. Nei monti dell’India c’è una specie di uomo che ha la coda; e c’è una specie che ha il corpo di cavallo e la testa di ariete, ed in fronte ha un corno che illumina molto; e c’è una specie di uomo che ha tre file di denti, la testa di uomo ed il corpo di leone; e c’è una specie di uomo che non ha che una gamba ed il piede largo e corre molto; e c’è chi non ha la gola e gli occhi; e c’è una specie con il corpo pieno di erbe e con i denti come quelli del cane. In Sitia c’è una specie che ha forma di uomo ma gambe di cavallo e si chiamano satiri; e ci sono delle creature che durante l’estate diventano lupi mentre con il freddo tornano alla forma di uomo, e pregano Marte e gli sacrificano uomini. In Libia ci sono persone che odiano vedere la luce e non mangiano la carne; e ci sono delle persone che non camminano con le proprie gambe ma infilano la testa fra le gambe, e allora vanno. In Romania ci sono alcuni che non mangiano che galani, e si vestono con la pelle di pesce. In Etiopia ci sono quelli che non hanno narici, e c’è chi non ha l’orecchio, e c’è chi non ha la bocca ma soltanto un piccolo buco da cui beve con la cannuccia. Nelle regioni ad occidente, c’è chi ha delle orecchie così grandi che nascondono tutto il corpo. Nelle regioni dell’Arabia, ci sono degli uomini molto piccoli, e le loro mogli partoriscono all’età di 5 anni, ed a 8 sono già vecchie, e fanno molte guerre. In Etiopia, c’è una specie di uomo che vive nelle grotte e mangia solo serpenti, e non hanno la parola ma soltanto emettono suoni.” [18]
Ma oltre i mostri, il mondo di Ibn Yachia è popolato, come era possibile prevedere, da tutta una serie di spiriti fantastici[19]. Gli spiriti sono nati dal primo Adamo, che dopo il peccato, non si accoppiò più con Eva ma con Lilith, mentre invece Eva si accoppiava con gli spiriti[20]. C’è invece chi sostiene che gli spiriti nascano ogni giorno dai liquidi sessuali che gli uomini o le donne perdono. Ma anche dagli elementi, dalla terra, dall’acqua e dal fuoco nascono spiriti. Questi spiriti mangiano, bevono, si riproducono, e muoiono come l’uomo. Essi bevono dall’umidità dell’aria, e godono del fuoco e dell’incenso che viene loro offerto dai veggenti. Vedono ma non sono visti, conoscono il futuro come gli angeli. Alcuni spiriti servono il Signore e vengono chiamati “geni”. Praticamente sono esseri intermedi fra gli esseri spirituali e quelli terreni[21].
Gli spiriti del fuoco, molti di loro si trovano nella regione della Macedonia. Anche nell’aria però vi sono anime viventi, perché l’aria stessa è un’anima per tutti gli esseri. Pertanto tutta la distanza fra la terra e la luna è piena di anime e di angeli. Quelli più vicini alla terra sono più materiali e simili ai corpi, mentre quelli più vicini al cielo sono più puri e spirituali, ed anche più vicini al Signore.
Infine, un discorso particolare è dedicato da Ibn Yachia alla morte e all’aldilà. Per la prima volta uno studioso ebreo accenna ad una qualche concezione del purgatorio[22]. Infatti dopo la morte, l’anima andrebbe girovaga per il mondo.
A questo punto si chiede Ghedalià quale sia l’esatta posizione geografica del Giardino dell’Eden. Si dice che l’Eden si trovi ad oriente in mezzo al Mare Grande, lontano da ogni luogo abitato, su un monte così alto che arriva fino alla luna[23]. C’è invece chi dice che l’Eden si trovi in occidente, in mezzo al mondo, o nell’Antartico. Un’altra versione sostiene che l’Eden sia oltre l’India. Infatti alcune persone passarono per l’India verso l’Eden, per cercare alcune medicine, e l’albero della vita. E giunti la` hanno visto lo splendore della spada a doppio taglio citata nella Genesi.[24] Per di più, l’Eden e` circondato, come racconta la Bibbia, da 4 fiumi: uno di questi è il Gange, l’altro è il Nilo, le cui acque fanno aumentare il desiderio sessuale.
Un ultimo tema che appassiona Ibn Yachia è la cosmologia. Infatti secondo Ibn Yachia tutto l’Universo sarebbe posto su un muro che gli funge da pilastro. La terra sta nel centro senza muoversi, mentre le stelle ed i pianeti le stanno intorno “come una ruota, sui cui bordi ci sono delle formiche che le camminano addosso, alcune da occidente verso oriente, ed altre da nord verso sud”[25]. E poi anche le stelle del cielo sono esseri viventi ed hanno sicuramente un’anima eterna[26].
Questa pur breve rassegna dei temi trattati nel Shalshelet Hakkabalà dovrebbe poterci dare una visione del mondo interno di Ibn Yachia. Sono tutti argomenti che riguardano la natura dell’uomo e del mondo e il suo futuro dopo la morte, come la cosmologia, il concepimento del feto, l’origine delle lingue. Il volume difatti è composto come un’enciclopedia “proto-scientifica” o forse pseudo-scientifica di tutte le conoscenze dell’epoca, anche se è ovvio che molte delle scienze dell’epoca fossero basate su pura fantasia e immaginazione.
Il mondo di Ibn Yachia è un mondo affollato da esseri strani, spiriti, mostri, anime vaganti, astri viventi ed animati. Ma è anche un mondo sconosciuto, come quello di Gulliver, in cui vivono giganti e gnomi. E dove il Giardino dell’Eden si trova dietro l’angolo, basta mettersi in viaggio. In questo mondo, la forza predominante e` quella intellettuale, è intenzione ed immaginazione. Non per niente il mondo biblico della Genesi fu creato soltanto attraverso l’intenzione divina.
E` evidente che i temi trattati dall’Ibn Yachia erano argomenti di attualita` e discussi nel suo periodo. Difatti diversi temi che già si trovano nel Shalshelet, ad esempio la natura dei mostri, sono poi trattati da altri studiosi del periodo come Avraham Yaghel Gallico[27]. Questo materiale non sembra faccia tanto parte del folklore, bensì della mentalità del letterato, della persona colta. Certamente è una cultura elevata. Tuttavia, non appartiene ad una specifica cultura di ebrei, ma ad una cultura generale anche non-ebraica, peculiare del 500[28]. Questi temi rispecchiano difatti gli interessi e la mentalità diffusa nel suo secolo, il 500. Non per niente alcuni di queste stesse immaginazioni si ritrovano in testi come il Gargantua e Pantagruel di Rabelais (1484-1553) [29]. Difatti, molto spesso Ibn Yachia riporta dottrine già elaborate prima di lui da altri studiosi.
Queste concezioni non sono più medievali, ma non sono ancora moderne. L’atteggiamento positivo verso il corpo, ad esempio, cioè non osceno, è un elemento della concezione pre-moderna[30]. Ma la scienza non-empirica appartiene alla notte dei tempi. Le sue radici affondano nella fantasia antica e medievale, nella cosmologia greca e nel bestiario alto-medievale. Questa cosmologia fantastica, i mostri e gli spiriti, la possibilità di concepire quasi in provetta senza sesso, ed il Giardino dell’Eden aldilà delle porte dell’India, fanno parte tutti del fantastico mondo di un ebreo imolese del Cinquecento.
[1] Il Shalshelet HaKabbalà è considerata dai diversi studiosi una cronaca di carattere storico per nulla originale.Vedi Y. H. Yerushalmi, Zakhor, (edizione ebraica), Tel Aviv 1988, p. 79-80, 89. R. Bonfil, Gli ebrei in italia nell’epoca del rinascimento, Firenze 1991, p. 127-154, in particolare a pag. 138; R. Bonfil, “Riflessioni sulla storiografia ebraica in Italia nel Cinquecento”, in Italia Judaica, vol. 2, Roma 1986, p. 55-66; Avraham David, “Divrè yemè ha`amim be-sefer Shalshelet ha-Kabbalà” (Le cronache dei popoli nel Shalshelet ha-Kabbalà), Korot, 9 (1986), p. 18-32; A. David, “R. Gedalya Ibn Yahya’s Shalshelet Hakkabalah. A chapter in Medieval Jewish Historiography”, Immanuel, 12 (1981) 60-76; A. David, “Gedalia ibn Yahia, auteur de ‘Shalshelet ha-Qabbalah'”, Revue des Etudes Juives 153,1-2 (1994) 101-132. Tuttavia è forse appropriato riconsiderare il genere di quest’opera di Ibn Yachia. Difatti dall’introduzione al volume sembra chiaro, come non fosse nelle intenzioni dell’autore compilare un testo storico, né tantomeno comporre un’opera originale. Lo scopo dell’autore era invece probabilmente quello di compilare un compendio, diremmo quasi una enciclopedia ante-litteram, delle conoscenze dell’epoca, sia ebraiche che gentili, a fine didattico. L’opera è infatti dedicata dall’autore a suo figlio: “perché mi hai chiesto, che non capisci come dai tempi del Raavad [acrostico di Rabbì Avraham Ibn Daud, XII sec.] nessuno fino ad oggi abbia scritto dei libri e dell’ordine delle cose”. Pertanto, sarà anche evidente come l’opera non aveva nessuna pretesa di originalità.
[2] Il testo della Shalshelet hakabbala` e` suddiviso in tre capitoli: il primo e` una cronaca delle generazioni da Adamo fino ai suoi giorni; il secondo informa dei “principi dei corpi celesti, del mondo celeste, della magia, e delle monete e delle misure”; mentre il terzo racconta dei saggi “gentili” e delle persecuzioni di Israele. Cfr. David, “R. Gedalya Ibn Yahya’s Shalshelet Hakabbalah. A chapter in medieval Jewish historiography”, cit., p. 62-63
[3] Nell’analisi del testo dell’Ibn Yachia bisogna tener presente un dato: e cioe` che Ghedalia ha costruito il suo volume sulla base di testi precedenti, senza quindi innovare niente. Vedi a questo proposito, A. David, “R. Ghedalia Ibn Yachia’s Shalshelet Hakabbalah. A chapter in medieval Jewish Historiography”, p. 74
[4] Vedi a questo proposito quanto scrive Evelyne Patlagean: “Il campo dell’immaginario è costituito dall’insieme delle rappresentazioni che superano il limite posto dai dati dell’esperienza e dalle associazioni deduttive ad esse legate” [E. Patlagean, “Storia dell’immaginario”, in J. Le Goff, La nuova storia, 3a ediz., Milano 1987, p. 292] . Vedi anche a questo proposito: J. Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano nell’Occidente medievale, 4a ediz., Roma-Bari 2004, p. 7
[5] Cfr. Le Goff, Il meraviglioso e il quotidiano, cit., p. 48: “Da Eva alla strega della fine del Medioevo, il corpo della donna e` il luogo d’elezione del diavolo. Alla pari dei tempi liturgici che implicano un divieto sessuale, il periodo del flusso mestruale è colpito da tabù: i lebbrosi sono figli di genitori che hanno avuto rapporti sessuali durante le mestruazioni della donna”.
[6] Shalshelet ha-Kabbalà, Varsavia 1881, 35v-35r. E` interessante notare il parallelo con la funzione della forza immaginativa, e quindi della concentrazione, nel contesto della preghiera (in ebraico “Tefilla`“) e più in generale nell’adempimento dei precetti (Mitzvot), dove infatti secondo la tradizione l’intenzione è un elemento essenziale per la loro buona riuscita. Cfr. Talmud Babilonese, Berakhot, 31a. Questo concetto verra` poi sviluppato molto più approfonditamente dalla scuola kabbalistica.
[7] ibidem. Cfr. anche A. Toaff, Mostri giudei, Bologna 1996, p. 177
[8] Concezioni simili secondo le quali creature maligne vengono generate dai peccati sessuali erano assai diffuse soprattutto nelle dottrine mistiche, e verranno poi riprese appunto in seguito dalla Kabbalà. La bibliografia su questo argomento è vasta, vedi quindi il sunto e le fonti riportate in: G. Scholem, Pirkè Yesod be-havanat ha-Kabbalà u-semaleha (Elements of the kabbalah and it’s Symbolism), Jerusalem 1980, p. 149-152
[9] Shalshelet ha-Kabbalà, ivi, 35r.
[10] Shalshelet ha-Kabbalà, ivi, 35v. Toaff, Mostri giudei, cit., p. 177
[11] Da notare come la sinistra è sempre considerato un segno negativo.
[12] Shalshelet ha-Kabbalà, ivi, 35r.Cfr. Toaff, Mostri giudei, cit. p. 177
[13] ivi, 38v.
[14] ivi, 39r.
[15] Sui mostri, cfr Toaff, Mostri giudei, cit, p. 13: “Anche in questo caso, come sottolinea Edith Porada, lo studio dei mostri e dei demoni ci aiuta a penetrare nell’immaginario di una data cultura ed a ricostruire il suo modo di pensare e le sue credenze religiose […] Gli uomini mostruosi dell’lndia, incontrati da Alessandro, presentavano variabili pressoche infinite e le piu` strane combinazioni con bestie e uccelli, ibridi spaventosi e incredibili. Dai ciclopi, che popolavano le rive del mar Rosso, ai pelosi pigmei cinocefali, mangiatori di noci; dai giganti negri, «dalla testa tonda e le narici lunghe e grosse, con la bocca che si apriva sul petto», dagli uomini «con la faccia da leone» agli esseri misti dagli occhi di fuoco, «che abbaiavano a guisa di cani». Monopodi, sciopodi, monocoli e ipertrofici, giganti e pigmei, ciclopi e astomori, androgini e amazzoni, centauri e altri ibridi, cannibali e trogloditi, le creature fantastiche del meraviglioso folclorico occidentale, trovano tutti il loro posto nel meticoloso catalogo ragionato dei mostri medievali di Claude Kappler.”
[16] Shalshelet ha-Kabbalà, 41r: “Shet ordinò ai suoi discendenti di non accoppiarsi con quelli di Caino, e così hanno fatto fino alla settima generazione, ma poi si sono invece accoppiati e sono allora nati i giganti, i quali erano immersi nei peccati, e sono quindi morti durante il diluvio”.
[17] Shalshelet ha-Kabbalà, ivi, 42v: “Al tempo di Reù cominciò il regno delle donne chiamate Amazzoni, quando combatterono quelli di quel paese contro un altro e gli uomini del paese Amazzoni morirono, e le loro vedove presero allora le lance ed andarono a combattere contro i loro nemici, e vinsero, e mantennero cosi` il loro regno. Ed usavano bruciare il seno destro alle ragazze giovani in modo che potessero portare le armi”.
[18] Shalshelet ha-Kabbalà, 41v. Secondo quanto sostiene Toaff la fonte di queste informazioni e` molto probabilmente il Sefer Yosippon, e quindi Ibn Yachia non innova niente; cfr. Toaff, Mostri Giudei, cit., p. 11-18; riguardo invece le influenze dello Yosippon ed altri scritti storici su Ibn Yachia vedi David, “R. Gedalya Ibn Yahya’s Shalshelet Hakkabalah. A chapter in Medieval Jewish Historiography”, cit. p. 64. Purtuttavia, bisogna notare, che il Yosippon era del IX secolo, mentre l’Ibn Yachia del 500, ed in questo senso le sue credenze sono del tutto medievali. Vale a dire che questo mondo fantastico non è cambiato, ed anzi si e` tramandato nei secoli. E` possibile dedurre pertanto come l’Ibn Yachia, che era una cerniera fra medioevo e moderno, per certi versi fosse del tutto medievale.
[19] Shalshelet ha-Kabbalà, 39v: “Riguardo gli spiriti che penetrano nel corpo dell’uomo, e che attraverso l’esorcismo rivelano il proprio nome, e dicono di essere uomini morti in strane maniere. Ed e` difficile comprendere con la nostra mente come ciò sia possibile, che lo spirito di una persona morta operi tramite un altro in vita, usando le sue membra ed i suoi sensi, e veramente tutto cio` sembra molto strano. Ma a mio avviso, questo e` un dato di fatto, perchè nel mese di Tevet dell’anno 5335, mentre mi trovavo a Ferrara, sono andato a trovare insieme a molte ragguardevoli persone, una ragazza di 25 anni, già sposata, e l’ho trovata stesa sul suo letto […] Ed ho pregato lo spirito perché risponda alle mie domande, e questo mi ha risposto in italiano conciso […] ed ho iniziato a porgli domande su quanto concerne l’anima, per sapere quale sia la sua sostanza, ed in che maniera esce dal corpo al momento della morte, e quindi che cosa sia il Ghehinnom. E non gli ho chiesto del Giardino dell’Eden, perché sapevo che lui non c’era stato […] “. Riguardo questo caso successo a Ferrara, vedi Abraham ben Hananiah Yagel, Sefer Gay Hizayon (A Valley of Vision), with Introduction and Commentary by David Ruderman, Jerusalem 1997, p. 154, ed anche nell’introduzione di Ruderman, p. 31-34.
[20] Questa concezione è assai antica, risalente addirittura alla letteratura midrashica. Cfr. Scholem, Pirkè Yesod be-havanat ha-Kabbalà u-semaleha (Elements of the kabbalah and it’s Symbolism), cit. p. 149-152
[21] Shalshelet ha-Kabbalà, 38v.
[22] In almeno due punti il testo tratta del destino dell’anima dopo la morte. Tuttavia Ibn Yachia si limita a riportare concezioni gia` espresse da altri studiosi e non riporta nulla di nuovo, ispirandosi alla letteratura del Midrash o dallo Zohar già conosciuta. Pero` accenna forse per la prima volta ad una specie di purgatorio. Alla pagina 39v, viene detto: “Se una persona voleva fare pentimento ed invece non ha fatto in tempo perche` e` morto, il Santo e Benedetto gli impartisce subito la sua punizione secondo il grado delle sue colpe, e dopo lo fa risalire cosi` come sara` la sua volonta`, infatti e` scritto: ‘Il Signore fa morire e fa rivivere, fa scendere nello Sheol, e ne fa risalire’. Tranne che per il peccato di idolatria, perche` se non ha fatto in tempo a pentirsi, non gli si permettono buoni pensieri,ma anzi scende nello Sheol per l’eternita`, e non ricevera` riposo nemmeno nei sabati, nelle feste, e nei capimesi. E cosi` anche per chi profana il sabato o il Nome del Signore in pubblico, che perche` se non hanno fatto pentimento completo, la loro anima vaghera` di qua` e di la`, senza che nessuno gli presti attenzione. Ed a volte va e si mette davanti alla porta del Giardino dell’Eden, ma non gli aprono. E la sua anima pure vaghera` per il mondo, vedendo il proprio corpo marcire, e venir divorato dai vermi, e di questa punizione si rattristera` molto”. In seguito, nella terza parte del volume, comincia alla pagina 40r una descrizione del sistema degli angeli, in cui però riporta prima di tutto la concezione cristiana. Infatti racconta la storia di Lucifero che voleva prendere il posto di Dio e per questo venne cacciato dal cielo all’inferno. Nell’inferno ci sarebbe il limbo dove si trovano i giovani morti prima di essere battezzati. Al di sopra del limbo si troverebbe il purgatorio. Per quanto concerne la concezione del purgatorio nell’Europa medievale, vedi gli studi di Jacques Le Goff, in particolare: La nascita del purgatorio, Torino 1982; ed in maniera più succinta: “Il tempo del purgatorio (secoli III-XIII)”, in J. Le Goff, L’immaginario medievale, Laterza, Roma-Bari, 1998, p. 99-116
[23] Shalshelet ha-Kabbalà, 41v.
[24] Shalshelet ha-Kabbalà, ibidem. Riguardo l’immagine dell’India come terra fantastica, cfr. Toaff, Mostri giudei, cit., pag. 12: “L’India era popolata da uomini e animali fantastici, da mostri e selvaggi, da creature immaginarie e stravaganti. Grazie a questa «antropologia surrealista» (Jacques Le Goff) l’uomo dell’Occidente medievale riusciva ad evadere dalla banale realtà della sua fauna, assai poco entusiasmante, sostituendosi con inesauribile immaginazione alla natura creatrice di Dio”.
[25] Shalshelet ha-Kabbalà, 32v-r.
[26] Shalshelet ha-Kabbalà, 38v .
[27]Cfr. appunto Abraham Yagel, Sefer Gay Hizayon (A Valley of Vision), with Introduction and Commentary by David Ruderman, cit., p. 154, ed anche nell’introduzione di Ruderman, p. 31-34.
[28]Vedi quanto scrive Toaff, Mostri gudei, cit., p. 9: “La geografia mentale e immaginaria dell’ebreo occidentale non differiva da quella del suo conterraneo cristiano e si caratterizzava nella certezza che il mondo delle meraviglie, delle bestie favolose e dei mostri spaventosi, delle ricchezze abbaglianti e delle magie stupende era situato in Oriente, sulle sponde di quell’oceano, ritenuto chiuso, che univa e confondeva tra di loro le terre dell’India e dell’Etiopia, facendone un sol mondo, lontano e seducente, dove si aprivano le porte del Paradiso Terrestre.”
[29] Ad esempio il collegamento fra la nascita e le stagioni, l’atteggiamento positivo e non osceno verso cio` che Bachtin chiama ripetutamente il <<basso >> materiale–corporeo, l’interesse assiduo verso le parti basse del corpo, il ventre che procrea, il paese di Cuccagna e la navigazione verso l’altro mondo. Cfr. a questo proposito Michail Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, 3a edizione, Einaudi, Torino 2001; vedi anche Patlagean, “Storia dell’immaginario”, cit., p. 305.
[30] Cfr. appunto l’analisi che Bachtin elaborò del romanzo di Rablais, nel volume citato alla nota precedente.