Il giorno di ricordo per la Shoà e l’eroismo fu istituito dal parlamento israeliano poco dopo la fondazione dello stato d’Israele, per commemorare insieme le vittime della Shoà e gli ebrei che vi si opposero combattendo; la data scelta fu quella in cui nel 1943 fu soffocata la rivolta del Ghetto di Varsavia. La scelta politica di sottolineare l’aspetto resistenziale ancora solleva polemiche; perché se è vero, contro una narrazione diffusa, che ci furono circa un milione di combattenti ebrei contro il nazifascismo, negli eserciti alleati e nelle file della resistenza, l’accento sulla lotta armata rischia di mettere in secondo piano il sacrificio delle vittime inermi. Ma questa è una polemica interna, che per quanto sia lacerante, è virtuosa.
Altri problemi si affacciano ora sul fronte della memoria, di cui dobbiamo essere consapevoli. Dopo periodi di oblio, si è passati alla celebrazione ipertrofizzata e ora, negli ultimi tempi, a varie forme di attenuazione, confusione e annacquamento. Proprio sul tema della resistenza, il 25 Aprile è diventato, proprio qui a Roma, il giorno in cui si celebrano tutte le “resistenze”, compresa quella anti israeliana. È una deviazione alla quale ci si siamo opposti e dobbiamo continuare a farlo senza compromessi.
Il giorno della memoria del 27 Gennaio, faticosamente istituito dal parlamento italiano agli inizi degli anni duemila, si sta trasformando in giorno delle memorie, al plurale. Ora è vero purtroppo che non esiste solo il genocidio ebraico e che altri se ne sono presentati anche recentemente e non dobbiamo affatto ignorarli, ma non si può mettere sempre tutto insieme, perché per ricordare tutto alla fine non si ricorda più niente. Addirittura è stato scritto che bisogna aggiungerci il ricordo delle vittime del Covid. Come sappiamo la tragedia del Covid, che ancora imperversa, ha fatto più di centomila vittime nella sola Italia, è un incubo spaventoso, ma non c’entra niente con la Shoà; quest’ultima risultato della malvagità umana, a differenza della epidemia dove la responsabilità umana è al massimo nella incapacità di gestirla.
Poi c’è la questione dei Giusti. È assolutamente opportuno ricordare l’azione meritoria di chi a rischio della propria vita ha salvato i perseguitati. Come è opportuno additare comportamenti esemplari di chi in situazioni di violazione di vite e diritti umani rischia la vita per difenderli. Ma attenzione a non dimenticare che se di giusti ce n’è stata una manciata, ci sono stati tanti malvagi, molti di più, e ancora di più di indifferenti; che le situazioni non sono mai comparabili; e che si rischia di far passare per giusto, con il voto di una commissione talvolta politicizzata, chi tanto giusto non lo è stato.
C’è un dato comune in tutte queste operazioni, che pure potrebbero essere motivate da qualche buona intenzione, ed è quello di eliminare la specificità della nostra storia e del nostro martirio, mettere tutto in unico grande calderone, creare nuovi miti e finti santi, deresponsabilizzare i colpevoli e colpevolizzare le vittime o i loro discendenti. Per questo è assolutamente necessario vigilare.