La Bibbia è essenzialmente un libro di storie sacre e di insegnamenti morali Non è certo un libro di matematica, e la matematica non dovrebbe far parte di un codice morale. La prima affermazione è vera, la seconda no. In realtà, la matematica, i numeri, stanno un po’ dappertutto nella Bibbia e rappresentano uno dei suoi modi fondamentali per trasmettere messaggi. Qualche volta sono chiari ed espliciti, altre volte rilevabili con facilità, altre volte nascosti e da cercare con attenzione. Non bisogna essere matematici per leggere e capire la Bibbia, ma gli strumenti matematici fanno parte del suo linguaggio. Un intero libro della Bibbia, il quarto, è chiamato il libro dei Numeri.
Si tratta essenzialmente, ma non solo, di censimenti (gli ebrei usciti dall’Egitto divisi in tribù), uno all’inizio e un altro alla fine del libro. Che noia, si penserà, e il comune lettore sorvola sulle cifre e passa oltre. Ma un lettore più attento si ferma su quelle cifre, sui singoli numeri e sui totali, sulle differenze tra il primo e secondo conto, oggi si può divertire a fare in pochi secondi dei diagrammi su Excel, ed ecco che quelle cifre “aride” cominciano a parlare, a proporre problemi e suggerire spiegazioni. Sempre nel libro dei Numeri, al capitolo 29, c’è la lista dei sacrifici da fare per ogni festa Un altro elenco noioso, saltiamo. Invece studiamoli, questi numeri. Nel primo giorno della festa delle Capanne, si offrono 13 tori, il secondo 12 e così a scendere fino al settimo in cui se ne offrono sette. Basta fare la somma di questa successione per ottenere il numero settanta. Abbiamo a che fare con numeri simbolici. Sette sono i giorni in cui è scandita la creazione, e che ritorna in tantissime occorrenze, dieci è la base del sistema di conto comune (presente nella Bibbia ma che si affianca a quello di origine sumera basato sul 6 e che usiamo ancora nel conto del tempo), 70 è 7 per 10 ed è il numero dei figli di Israele che scendono in Egitto pari al numero dei popoli della terra secondo il racconto di Genesi 10 (dove c’è l’elenco ma non il totale).
Quindi il messaggio attraverso i numeri è che in quella festa si fanno sacrifici dedicati a tutti i popoli della terra In mezzo a sistemi di critica biblica che tendono a frammentare il testo in minute entità e continue interpolazioni, la critica tradizionale ebraica mette in evidenza che in tanti brani vi sono delle parole “chiave” che ricorrono un numero preciso di volte, di solito sette. Anche il testo che può sembrare il più disordinato, fatti i conti, rivela la sua unità e la sua logica Basta cercare. La creazione avviene con la parola: “Dio disse” (dieci volte). Come era fatta la “tastiera” divina? Di 32 tasti, spiega il Sefer Yetzirà, il “libro della creazione”: 22 lettere dell’alfabeto ebraico e 10 sefiròt, che prima di essere le mistiche sefiròt sono i numeri da 1 a 10. Sefiròt deriva dalla radice s-f-r, da cui mispàr, numero, e sofèr, che è il Maestro che scrive e insegna il testo sacro; ma è prima di tutto colui che lo conta (sembra un’azione inutile e pedante: ma il conto delle lettere, delle parole, dei versetti, delle anomalie è la premessa del controllo del testo). In ebraico come in italiano “contare” e “raccontare” hanno la stessa radice. In ebraico, come in greco, le lettere dell’alfabeto hanno un valore numerico. La terza lettera, gamma, vale tria, tre. Gamma-tria diventa in ebraico ghematria ed è il sistema in cui si sommano i valori di parole e frasi e si confrontano con parole e frasi diverse con lo stesso valore. Un sistema che può portare a infinite esagerazioni, ma che la Bibbia propone come lecito.
Quando Abramo arma un piccolo esercito per liberare il nipote Lot fatto prigioniero, si prende con sé 318 dei suoi (Gen. 14:14); perché questo dettaglio? L’unica persona dei suoi di cui è noto il nome è il servo Elièzer; e guarda caso, la ghematria di Eliezer è 318.
Riccardo Di Segni, La Stampa Origami, 6 settembre 2018